Giorno per giorno – 11 Giugno 2022

Carissimi,
“Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10, 7-8). Per la memoria di san Barnaba la liturgia ci ha proposto oggi un brano del discorso con cui Gesù acccompagna la missione dei Dodici. Misericordia, gratuità, povertà, pace sono le quattro parole chiave che devono accompagnare l’annuncio della venuta del Regno di Dio in mezzo a noi. Sono infatti queste le attitudini che caratterizzano il Padre, come l’abbiamo conosciuto in Gesù. E che noi, al suo seguito come gli apostoli siamo inviati a testimoniare. La misericordia consiste nel farci carico delle miserie del mondo, operando attivamente per rimediare ad esse, superando ogni facile egoismo che ci porti a vedere solo i nostri mali, e unendoci agli sforzi di quanti lottano in vista di un mondo migliore per tutti. Non al fine di un qualche vantaggio che ce ne possa venire, ma, in controtendenza rispetto al Sistema-mondo, facendo di noi stessi e del nostro agire dono gratuito come la Grazia che si è riversata su noi. Il tutto in povertà e semplicità di mezzi, perché ad attrarre e trasformare i cuori sia davvero la forza della Parola di “un Dio che ha perso tutto eternamente”, come diceva Zundel, e che si gioca solo sull’amore, e non, perciò, come può succedere, la speranza di un’aggiunta di prosperità. Infine, la pace, così indispensabile in ogni tempo e oggi più che mai. Pace deve essere sempre il nostro saluto, dato che Pace è il nome stesso di Dio, lasciando ad altri la possibilità di rifiutarla. Con le conseguenze che, purtroppo, abbiamo sotto gli occhi.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Barnaba, apostolo, e di Luca di Simferopol, pastore al servizio dei poveri.

In realtà si chiamava Giuseppe ed era un levita, nativo di Cipro. Quando si era fatto cristiano, aveva venduto il suo campo e, il ricavato, l’aveva depositato ai piedi degli apostoli ed era stato grazie a lui, presto soprannominato Barnaba (“figlio della consolazione” o, forse, più probabilmente, “figlio della profezia”), che l’appena convertito persecutore dei cristiani Saulo-Paolo era stato ammesso nella cerchia dei discepoli, piuttosto diffidenti nei suoi confronti. Fu ancora lui ad essere inviato a prendere contatti con la neonata comunità di Antiochia di Siria, presso la quale poi portò Paolo. Insieme con questi organizzò la raccolta di aiuti per la chiesa madre di Gerusalemme, dove la popolazione soffriva la fame per una carestia. Tornati a Gerusalemme progettarono il primo viaggio missionario, quello in cui Marco darà forfait e che li porterà a Cipro e in una parte dell’Asia Minore. Di nuovo a Gerusalemme, parteciparono alla discussione sugli obblighi che i cristiani provenienti dal paganesimo dovevano assumere. Il mancato accordo con Paolo sul secondo viaggio missionario, porterà alla separazione definitiva dall’antico compagno. Ritenendo che Marco avesse più bisogno di lui che non l’altro, Barnaba se ne andò con lui a Cipro. Qualche anno dopo, le carte si rimescolarono. Sappiamo dalle lettere di Paolo che Marco stava con lui e, sempre Paolo, spenderà, nella lettera ai Corinzi, sette-otto anni dopo la separazione, una parola di elogio per Barnaba, perché anch’egli si manteneva con il suo lavoro. Ma non sappiamo dove, né come. Forse, azzardiamo, nella nativa Cipro. Luca, l’autore degli Atti degli apostoli, avendo preso partito per Paolo, non ce ne dice nulla. Una tradizione vuole che si sia recato a Roma e a Milano, per predicarvi l’evangelo, e che sia più tardi morto martire a Salamina verso l’anno 63.

Valentin Feliksovic Wojna-Jasieniecki era nato il 14 aprile 1877 a Ker, in Ucraina, da una nobile famiglia polacca. Nel 1917, dopo gli studi in medicina, si era trasferito, con la famiglia che aveva nel frattempo costituito, a Taskent, dove aveva ottenuto il posto di chirurgo primario nel locale ospedale. Nello stesso periodo, la moglie si era ammalata di tubercolosi e, nel 1919, era morta, lasciandolo vedovo con quattro figli a carico. Nel 1921, accettata la proposta di abbracciare lo stato ecclesiastico avanzatagli dal vescovo della città, fu ordinato presbitero, pur continuando ad esercitare la professione, con un’attenzione particolare per i più poveri, e ad insegnare all’università. Prima di ogni operazione, padre Valentin soleva raccogliersi in preghiera e volle sempre tenere le sue lezioni, indossando l’abito sacerdotale. Nel 1923, dopo aver preso i voti monastici e assunto il nome di Luca, fu eletto vescovo di Taskent. Il suo ministero pastorale fu contrassegnato da persecuzioni, arresti, prigionie, condanne al confino. Nel 1942, alla fine della sua ultima prigionia, il metropolita Sergio Stratogorskij lo nominò arcivescovo di Krasnojarsk, in Siberia. Nel 1946, su richiesta delle autorità che mal tolleravano la sua attività, fu trasferito alla chiesa di Simferopol, in Crimea, dove rimase fino alla morte, che lo raggiunse più che ottuagenario e ormai quasi cieco, l’11 giugno 1961. Per quanto lui stesso poverissimo, e forse proprio per questo, era sempre stato fedele nell’aprire le porte della sua casa agli ultimi e più poveri, in totale umiltà e mansuetudine.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’Apostolo Barnaba e sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.11, 21b-28; 13, 1-3; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap.10, 7-13.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di un omelia di Luca di Simferopol. Tratto da “Selected spiritual quotes of St. Luke Archbishop of Crimea. Words and Homilies”, lo troviamo in rete ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il Signore è venuto per salvare i peccatori. Con amore ha abbracciato ogni peccatore e ha cercato di guidarlo alla salvezza. Dei farisei che si lamentavano di lui, disse: “Andate e imparate cosa significa: ‘Io desidero misericordia e non sacrificio’” (Mt 9,13) Gli scribi e i farisei riponevano la loro speranza di salvezza nei loro sacrifici e nelle loro preghiere, e il Signore dice che non desidera sacrificio, ma misericordia, misericordia verso i peccatori. Ora, il Signore non aspetta alcun sacrificio, ma misericordia. Si aspetta da noi compassione verso tutti i peccatori e i disprezzati. Il nostro comportamento verso queste persone dovrebbe essere lo stesso che Egli ha mostrato. Non agiamo come se qualcuno fosse inferiore a noi. Osserviamo i nostri peccati e non quelli degli altri, otteniamo umiltà e mitezza, imitando la Sua umiltà e mansuetudine. Amiamo e siamo misericordiosi verso i disprezzati e gli umiliati, per offrire loro un aiuto spirituale, avendo cura della loro salvezza. Nostro Signore ci ha dato comandamenti paradossali e stupefacenti. Ha detto che non desidera sacrificio, ma misericordia, misericordia verso tutti coloro che ne hanno bisogno. Agli occhi di Dio, chi disprezza i suoi fratelli commette un grave peccato. In ogni cosa dobbiamo essere imitatori del Signore e seguire il Suo esempio. SeguiamoLo, quindi, e non sentiamoci migliori del nostro prossimo, chiunque egli sia – ladro, assassino o rapinatore – perché agli occhi di Dio, potremmo essere tutti peggio di lui. Ricordiamoci sempre come si è comportato il Signore verso i peccatori… Non condanniamoli mai, non stigmatizziamoli, ma offriamo loro amore, mostrando rispetto per loro persona, anche se essi stessi non la onorano… Imitiamo nostro Signore Gesù Cristo. Amen. (Selected spiritual quotes of St. Luke Archbishop of Crimea. Words and Homilies).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Giugno 2022ultima modifica: 2022-06-11T21:16:54+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo