Giorno per giorno – 09 Maggio 2022

Carissimi,
“Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 8-10). C’è una sola porta che conduce alla salvezza. Non si tratta di una religione, ma di Gesù, in cui si manifesta l’incondizionato amore del Padre. Incondizionato, cioè, senza condizioni e condizionamenti. Che si destina a tutti, quale ne sia l’etnia, la [non]religione, la cultura, la moralità, offrendosi come sbocco a un cammino di libertà, in cui è reso possibile sperimentare l’essere amato e l’amare, come unica alternativa alla disumana economia di competizione e rapina in cui ci rinchiude il Sistema del peccato.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Nicolaus Ludwig von Zinzendorf, riformatore religioso e sociale e quella di Luis Dalle, vescovo, amico dei poveri in Perù.

Nicolaus Ludwig von Zinzendorf nacque a Dresda il 26 maggio 1700 da una nobile famiglia austriaca protestante. Rimasto a sei anni orfano del padre, fu educato dapprima dalla nonna, Henriette Catharine von Gersdorff, e dal suo padrino di battesimo, Philipp Jakob Spener, fondatore del movimento pietista. Studiò nell’ambiente pietista di Halle, sotto la guida di August Hermann Franke, fondatore delle famose scuole di carità. Laureatosi in Legge, nel 1719, viaggiò per qualche tempo attraverso la Francia e i Paesi Bassi, dove strinse amicizia con persone di altre confessioni religiose, inclusi cattolici. Cominciò allora a pensare alla possibilità di operare in vista dell’unione tra le chiese. Stabilitosi a Dresda, dove sposò Erdmute Dorothea Reuss, da cui avrebbe avuto dodici figli, otto dei quali morti in tenera età, lavorò per qualche anno in un ufficio governativo di affari giuridici. Subentrato come proprietario nella tenuta della nonna, a Berthelsdorf, decise di mettervi in pratica le idee pietiste di Spener. Nel maggio 1722, accolse un gruppo di Fratelli Boemi, mettendo a loro disposizione una parte del terreno, che ribattezzò Herrnhut (“Pascolo del Signore”), perché potessero liberamente praticare la loro fede. Ad essi seguirono altri dissidenti religiosi, e, più tardi, lui stesso vi si trasferì con la famiglia, come predicatore laico, redigendo nel 1727 regole comuni per la comunità che si era venuta a formare. Desideroso di dare ad essa un impulso missionario, prese gli ordini religiosi nel 1734 a Tubinga e nel 1737 fu nominato vescovo moravo dal predicatore della corte di Berlino. A partire da allora, missionari furono inviati in numerose regioni di Europa, America, Asia, Africa. Lo stesso von Zinzendorf si impegnò nella fondazione di comunità in Germania, Olanda, Inghilterra, Irlanda e America. Nel 1750 fissò la sua residenza a Londra, ma, cinque anni dopo, dovette far ritorno a Herrnhut, per alcune difficoltà finanziarie della comunità. In quel periodo fu colpito da gravi lutti familiari, compresa la perdita della moglie, nel 1756. Risposatosi nel 1757 con Anna Caritas Nitschmann, dopo solo tre anni, colto da una grave malattia, morì il 9 maggio 1760. La Chiesa Morava conta oggi 700.000 fedeli, la maggior parte dei quali vive nel Terzo Mondo (200.000 nella sola Tanzania).

Luis Dalle, “Lucho”, era nato in Francia nel 1922, in una famiglia di quindici figli, di cui tre divennero preti, due religiosi e due religiose. Nel 1944, fu inviato nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, da cui fu liberato ridotto in fin di vita. Fu un’esperienza tremenda, in cui sperimentò sulla propria pelle cosa significa essere privato di tutti i diritti umani. Missionario francese della Congregazione dei Sacri Cuori, nel 1947, fu inviato in Perù, dove svolse il suo ministero dapprima a Lima, e poi, a partire dal 1968, nel Sud Andino. Nel 1972 venne nominato vescovo della Prelazia di Ayaviri. Profondo conoscitore della realtà peruviana e ecclesiale, “Lucho” seppe inserirsi con molta semplicità tra le popolazioni indigene del Sud andino, valorizzandone la cultura e rivendicando i loro diritti e la loro dignità calpestati quotidianamente. Visse con passione i cambiamenti proposti da Medellín e Puebla, come lettura latinoamericana del Concilio Vaticano II. Morì a 60 anni, il 9 maggio, in un incidente stradale: il vecchio autobus, carico di contadini, su cui viaggiava, cadde in un precipizio. Morì anonimamente, come uno qualunque della sua gente, spogliato del suo anello pastorale, della camicia e dei sandali, corpo irriconoscibile, in paziente attesa con gli altri di essere riconosciuto, due giorni dopo, nell’obitorio di Arequipa. Ma Lui l’aveva riconosciuto da subito. Perché era in compagnia dei suoi poveri.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.11, 1-18; Salmo 42; Vangelo di Giovanni, cap. 10, 1-10.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Oggi, da voi, viene celebrata la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. La data prescelta ricorda il sacrificio della vittima forse più nota, Aldo Moro, ma il ricordo si estende a tutte le innumerevoli vittime indiscriminate dello stragismo nero – perfettamente coerente con i presupposti ideologici dei suoi autori e ispiratori – e a quelle per lo più “mirate” dell’odio demente delle Br e delle formazioni emule. Che, con la “appropriazione indebita” dei valori della Resistenza e dell’antifascismo, riuscì a pregiudicare, più di quanto non abbiano fatto i suoi avversari, lo sviluppo democratico del vostro Paese. La celebrazione intende restituire alle vittime lo spazio dovuto nella vita pubblica della Comunità, riflettendo sulla stagione drammatica di quegli anni, e insieme ricordando, certo, gli inimitabili esempi morali di alcuni, ma anche le vite semplici spese nel lavoro al servizio della famiglia e della collettività, e nel coltivare gli affetti dei più.

Il nove di maggio, noi si ricorda sempre, il compleanno di alcune persone che ci sono particolarmente care. Tra loro, nato a Milano, in un giorno come questo, nel 1931, completa oggi novantuno primavere, un amico prete, di cui ripetiamo spesso che, se la presenza fisica quasi scompare, per quanto è minuto, tanto più corposa e viva è la Presenza che egli si porta dentro e manifesta. Di lui, don Angelo Casati, nel congedarci, vi proponiamo il brano di un articolo, apparso sulla rivista “Rocca” n.7 del 1º aprile 2022 con il titolo “Scrostare l’affresco”, inviatoci dall’amico Ambrogio di Verderio. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il vangelo non è uno scorrere di definizioni ma un accadere di incontri. Non puoi se non violandolo confinare in una definizione un viso, un segreto. Gesù è incontenibile. Il suo pozzo conoscerà sempre il nuovo dell’acqua. Dal definire al raccontare. Il vangelo non è uno scorrere di definizioni. È un accadere di incontri. L’incontro nasce da un desiderio. E l’incontro sarà vero finché vi arderà come brace un desiderio, finché lascerà spazio alla sete del pozzo. Penso che fra noi e Gesù accada ciò che accade nella verità delle nostre relazioni umane, del nostro innamorarci. Non hai mai finito di scoprire: “Tu non hai un solo nome per me”. Vengo da letture del Cantico dei cantici, dove mi sorprendo a questo gioco inesausto dei nomi. Dai all’amato un nome, ma poi ti sembra povero, ne trovi un altro, poi un altro ancora, in un gioco inesauribile, incontenibile. Forse la morte della relazione è quando l’altro è catturato, o lo si pensa catturato, in un solo nome, nel nome che noi gli abbiamo dato. Può accadere con Gesù. “Mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce”. C’è un viso più nascosto dell’altro, c’è una voce più segreta che ancora non conosciamo, c’è una lingua da imparare. Mostrami il tuo viso. Fammi sentire la tua voce. Noi a volte presumiamo con disinvoltura di conoscere viso e voce. Voce e viso sono da sorprendere, forse anche attraverso i silenzi, voce e viso che non avremo mai finito di cogliere nella pienezza, non ne siamo proprietari. E c’è anche una distanza da custodire. “Mi spia attraverso le inferriate”: distanza e congiungimento paradossalmente insieme. Ingresso e nello stesso tempo soglia a cui sostare. Come davanti a un mistero. Quello del volto dell’altro. Quello del volto di Gesù. (Angelo Casati, Scrostare l’affresco).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Maggio 2022ultima modifica: 2022-05-09T22:42:33+02:00da fraternidade
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