Giorno per giorno – 03 Maggio 2022

Carissimi,
“Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gli rispose Gesù: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere” (Gv 14, 8-10). Commentando il vangelo di stasera, Fernando richiamava questa frase del diario di un celebre filosofo danese, che ne riassume il senso: “Perché ci si possa veramente fidare di un uomo, si esige la sua parola. Anche Dio ci ha dato la sua Parola: Cristo”. Lo sappiamo e lo si ripete spesso, ogni volta che da voi si proclama il Vangelo: “Parola del Signore”, nel senso che in esso il Signore ci dà la sua parola. Che è sempre e soltanto “Parola di salvezza”, come da noi se ne conclude la lettura. Eppure, quante volte siamo portati a sovrapporre al Dio che si mostra in Gesù, le sue immagini distorte che coviamo nel nostro intimo, ricavate da un sottofondo pagano, mai completamente riscattato dalla contemplazione della Croce, come apice della rivelazione portata da Gesù. Immagini che condizionano poi i nostri atteggiamenti e le nostre scelte concrete in relazione agli altri, che vengono così ad assumere la forma della competizione, anche sul piano religioso, in vista della conquista, dell’asservimento dell’altro e del dominio – tutte espressioni della negazione di Dio -, invece che dell’incontro tra uguali, del servizio all’altro e del dono di sé. Che questo tempo pasquale ci aiuti a purificare la nostra fede e a rendere coerente la nostra testimonianza all’Evangelo.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Filippo, apostolo, e di Giacomo, fratello del Signore; di Magdalena Blanche Pauline Truel Larrabure, martire dei campi di concentramento nazisti, e quella di Felipe Huete e quattro compagni, martiri della Riforma agraria in Honduras.

Filippo, originario di Betsaida, sul lago di Tiberiade, come Pietro e Andrea, è con loro uno dei primi ad essere chiamato da Gesú. Egli stesso recluterá in seguito un altro discepolo, Natanaele. È a lui che, poco prima della passione, si dirigono alcuni greci per essere presentati a Gesú. È ancora lui che, secondo il racconto di Giovanni, durante la cena chiede al Maestro: “Mostraci il Padre”. Gesú gli risponde: “È tanto tempo che sto con voi e tu non mi conosci, Filippo. Chi vede me, vede il Padre”. Nulla si sa di certo sulla sua vita dopo la Pentecoste. Una tradizione afferma che predicò il Vangelo in Frigia (nell’attuale Turchia), dove sarebbe morto martire, a Hierapolis, crocifisso a testa in giù, durante la persecuzione di Domiziano. Giacomo era cugino di Gesù e fratello di Giuseppe, Simone e Giuda, di Nazareth. Fu il capo della prima comunità di Gerusalemme (At 12,17). Durante il concilio di Gerusalemme, Giacomo propose che i cristiani di origine pagana non fossero tenuti all’osservanza della legge giudaica. La sua proposta passò (cf At 15). Secondo il racconto di Flavio Giuseppe, nelle Antichità Giudaiche, il sommo sacerdote Anano, nell’anno 62, convocò il sinedrio, per giudicare Giacomo e altri cristiani, che finirono per essere condannati a morte e lapidati. In seguito i farisei ottennero la destituzione del sommo sacerdote, perché la seduta non si era svolta secondo la legge ed era stata convocata a loro insaputa. A Giacomo è attribuita una delle sette Lettere, chiamate “cattoliche”. Controversa è la sua identificazione con l’apostolo Giacomo, figlio di Alfeo.

Magdalena Blanche Pauline Truel Larrabure era nata a Lima (Perù) il 28 agosto 1904, ultima di otto figli di Alexandre Léon Truel e di Marguerite Larrabure Othéquy, una coppia di immigrati francesi, giunti in Perù nella seconda metà del secolo XIX. Poco dopo la morte dei genitori, avvenuta prima che Magdalena compisse vent’anni, i fratelli Truel, su richiesta di alcun famigliari, decisero di fare ritorno in Francia, a Parigi, nel 1924. Qui la giovane si iscrisse alla facoltà di filosofia della Sorbona, trovò un impiego in banca, e si impegnò nel contempo nelle attività parrocchiali della Chiesa di San Francesco di Sales. Nel 1940, l’invasione di Parigi da parte delle forze tedesche portò all’organizzazione del movimento di Resistenza, integrata da quanti intendevano lottare contro gli occupanti. Tramite gli amici Pierre e Annie Hervé, anche Magdalena vi aderì, con il compito di falsificare documenti da fornire a profughi ebrei e a soldati alleati paracadutati sulla capitale francese. Il 19 giugno 1944, Magdalena fu arrestata e rinchiusa nella prigione di Fresnes, dove fu ripetutamente torturata perché rivelasse piani e persone della resistenza. Senza per altro che lei cedesse. Trasferita nel campo di concentramento di Sachsenhausen nel 1945, visse, secondo la testimonianza di quanti la conobbero, la carità in maniera eroica. Si privava del poco cibo che le davano per condividerlo con quanti riteneva ne avessero maggior bisogno. Nonostante le difficoltà, riusciva a mantenere e comunicare allegria alle sue compagne di prigione. All’approssimarsi della fine della guerra, le truppe tedesche iniziarono quella che è conosciuta come la “Marcia verso la morte”, il trasferimento forzato di migliaia di prigionieri, per lo più ebrei, dai campi di concentramento verso l’entroterra tedesco. Durante il trasferimento che interessò il campo di Sachsenhausen, Magdalena cadde lungo la strada priva di sensi, a causa delle percosse di un soldato. Poche ore più tardi i soldati abbandonarono i prigionieri e si spogliarono delle loro divise per sottrarsi alla cattura da parte degli eserciti alleati. Trasportata nel villaggio tedesco di Stolpe, Magdalena vi morì poche ore più tardi. Era il 3 maggio 1945, cinque giorni prima della resa della Germania e della fine dell’Olocausto.

Felipe Huete era uno dei molti contadini di Choluteca, che, a metà degli anni settanta (del secolo scorso), aveva lasciato il suo paese, nel sud dell’Honduras, per spostarsi più a nord, in cerca di lavoro e di terre da coltivare. Dopo alcuni sfortunati tentativi, era giunto, nel 1982, a Namasigue, dove si era presto integrato nelle attività della chiesa locale, divenendo tra l’altro delegato della Parola, e partecipando con entusiasmo ai progetti portati avanti dalla Pastorale della Terra. Tra gli altri, quello riguardante alcune terre del municipio di Arizona (Dipartimento di Atlántida), sottratte illegalmente ai piccoli proprietari e rivendute poi da un individuo privo di scrupoli a un coronel residente nella capitale, Leonel Galindo. A metà del 1990, le prime minacce. Il delegato delle forze di polizia di Mezapa si recò a casa di Felipe, per avvisarlo senza mezzi termini: lasciate perdere quelle terre, se no ci sarà un bagno di sangue. Le indimidazioni si ripeterono all’inizio del 1991. Nuove e, se possibile, più brutali minacce furono fatte, il primo maggio, a tre contadini, tra cui il figlio di Felipe. Il 3 maggio, secondo la testimonianza dei sopravvissuti, una pattuglia dell’esercito circondò un gruppo di contadini, che si era recato, all’alba, nelle terre contese, per ripulirle, e, subito, aprì il fuoco su di essi. Restarono a terra, privi di vita, Felipe Huete, suo figlio Ciriaco, suo genero Carlos Salomon, suo nipote, Mártir Huete, e un altro contadino che faceva parte del gruppo, Cruz Chacón. Il corpo di quest’ultimo venne poi portato al suo villaggio, Santa Maria. Gli altri furono trasportati tutti a casa di Felipe, dove le quattro vedove, doña Dominga, sua nuora Bertilla, sua figlia Isidora, e la nipote acquisita, Trinidad, con il resto della famiglia, gli amici e i compagni, si disposero all’ultimo addio. Lungo la giornata cominciò ad affluire gente da Mezapita, Mezapa, Retiro, Matarras e de altre parti ancora. Vennero letti i testi che Felipe aveva scelto per la Celebrazione della Parola della domenica successiva. Tra questi, il brano di Luca che suona: “A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono fare più nulla” (Lc 12, 4). Gli stessi testi furono letti nell’Eucaristia, presieduta da vescovo, Mons. Jaime Brufau, e dagli otto preti di San Pedro Sula, a cui presero parte oltre quattromila contadini, scalzi, col sombrero in mano, giunti da ogni dove. Felipe, per quindici anni, aveva voluto raccogliere il sogno della sua comunità contadina: che le fosse fatta giustizia, dando la terra a chi la lavora. Tale riconoscimento venne. Ma solo più tardi.

Le letture proposte dalla liturgia odierna sono proprie della festa e sono tratte da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.15,1-8; Salmo19; Vangelo di Giovanni, cap.14,6-14.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi alla lettura di un brano della lettera tradizionalmente attribuita a Giacomo, fratello del Signore. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo, poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra. Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. (Lettera di Giacomo, cap.3, 1-8).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Maggio 2022ultima modifica: 2022-05-03T22:09:10+02:00da fraternidade
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