Giorno per giorno – 12 Gennaio 2022

Carissimi,
“E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli” (Mc 1, 29-31). Ieri avevamo visto come Gesù libera da una falsa immagine di Dio, ora si tratta di vedere quale sia la sua più vera immagine. Marco ce la presenta raccontando di questo primo miracolo di Gesù, a casa di Simone e di Andrea. Un miracolo piccolo, piccolo, la guarigione da una febbre – ciascuno può darle un nome – che è di ostacolo all’agire “da” Dio. Gesù guarendo la suocera di Simone, rendendola abile a servire, non stava disegnando un ruolo subalterno della donna, neppure delle ausiliarie della parrocchia, quelle che da voi si chiamavano “perpetue”, a partire dal personaggio di un famoso romanzo. E che hanno, ovviamente, i loro meriti. Stava mostrando, invece, ai discepoli la necessità di guarire da ogni febbre che impedisca di servire, che è ciò che ci rende simili a Dio, dato che proprio di se stesso, figlio di Dio, verità del Padre, dirà: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 27). I discepoli (e noi con loro) faticheranno a capirlo, vittime come si continua ad essere di un’immagine di dio e della vita che rimanda alla logica del potere, che è poi la febbre, da cui egli, da sempre, cerca di guarirci. E, un giorno, c’è da giurarci, ci riuscirà.

Oggi è memoria di Aelredo di Rievaulx, monaco e mistico dell’amicizia; di Mev Puleo, testimone di solidarietà; e di Zilda Arns Neumann, messaggera di pace e di bene.

Nato a Hexham, in Inghilterra, nel 1109, Aelredo passò la sua giovinezza alla corte del re David I di Scozia, ma nel 1135 decise di lasciare ogni cosa per entrare nel monastero cistercense di Rievaulx, nello Yorkshire, di cui era abate Guglielmo, discepolo di s. Bernardo. Con l’appoggio di un amico e confratello di nome Simone (morto nel 1142 in fama di santità) compì presto grandi progressi nella vita religiosa. Questo lo portò a capire come l’amicizia, rispettosa della sacralità e del mistero dell’altro, senza strumentalizzazioni, né tanto meno complicità, quando si lasci modellare da un comune sentimento e desiderio di bene, è di grande aiuto nel cammino dell’unificazione/adesione del cuore alla volontà di Dio. A partire da questa esperienza compose un piccolo trattato, dal titolo, appunto, “De Spirituali Amicitia”. Benché ripetutamente gli fosse chiesto di accettare la nomina a vescovo, sempre rifiutò per amore alla vita religiosa. Dovette però accettare l’elezione ad abate nel 1143. La sua fama di predicatore e scrittore si sparse ben presto in tutto il paese. Questo, ma più ancora, la sua personale santità, contribuì ad attrarre numerose vocazioni al monastero di Rievaulx, che arrivò a contare oltre seicento monaci. Indebolito dalle malattie, che lo afflissero negli ultimi anni di vita, morì il 12 gennaio 1167.

Mev Puleo era nata a St. Louis (Missouri) nel 1963. La sua conversione all’Evangelo della solidarietà risaliva ad un viaggio in Brasile, quando, quattordicenne, a Rio de Janeiro, scoprì l’abisso che divide le due realtà di questo paese. E si chiese: “Cosa significa essere cristiani – seguaci della via di Gesù – in un mondo di contraddizioni e di conflitti? Cosa significa essere al seguito di Gesù, quando io osservo il mondo della miseria da un pulman di lusso?”. Mev scoprì presto il suo talento per la fotografia e se ne servì per documentare, con l’occhio, l’amore e la passione di una contemplativa, la vita, le lotte, l’umanità dei poveri. Nel 1992 sposò Mark Chmiel, come lei studente di teologia. E fu un matrimonio d’amore, pieno di gioia, di speranza e di promesse. Nello stesso anno, si recò, con una delegazione in difesa dei Diritti umani, ad Haiti, subito dopo il colpo di stato contro Jean Bertrand Aristide; l’anno successivo andò in El Salvador, e, nel 1994, in Chiapas, in coincidenza con la sollevazione zapatista. Al ritorno in patria, le fu diagnosticato un tumore al cervello e le diedero sei mesi di vita. Si buttò, allora, a capofitto nel lavoro. Disse: “Quando ero ragazzina, un pensiero si impossessò di me: Gesù non è morto per salvarci dalla sofferenza, è morto per insegnarci come soffrire… Adesso lo posso capire per davvero! E, tutto sommato, preferisco morire giovane, avendo vissuto una vita piena di significato, che morire vecchia dopo una vita, con tutti gli agi possibili, ma senza senso”. Morì, a St. Louis, il 12 gennaio del 1996.

Zilda Arns era nata il 25 Agosto 1934, dodicesima dei tredici figli di Helene Steiner e Gabriel Arns, a Forquilhinha (Santa Catarina, Brasile). Tre delle sue sorelle sarebbero divenute religiose, due fratelli francescani, di cui uno, Paolo Evaristo Arns, arcivescovo di São Paulo, cardinale, fu, all’epoca della dittatura, coraggioso difensore dei diritti umani in questo Paese. Sposata ad Aloísio Bruno Neumann (1931-1978), Zilda fu madre di sei figli. Laureata in medicina, con specializzazzione in pediatria e salute pubblica, nel 1983, vedova da cinque anni, fondò la Pastorale dell’Infanzia, su suggerimento del fratello dom Paulo e dell’allora direttore esecutivo dell’Unicef, James Grant, con l’intento di salvare il maggior numero possibile di bambini dalla mortalità infantile, dalla denutrizione e dalla violenza. Convinta dell’importanza dell’educazione nella lotta alle malattie di facile prevenzione e alla precoce emarginazione dei bambini, sviluppò una metodologia della moltiplicazione della conoscenza e della solidarietà tra le famiglie più povere, basandosi sul racconto biblico della moltiplicazione dei pani (cf Mc 6, 35-44). Si trattava di “organizzare le persone in piccole comunità; identificare coordinatori, famiglie con donne incinte e bambini minori di sei anni. I coordinatori disponibili a lavorare volontariamente in questa missione di salvare vite, sarebbero stati resi capaci, nello spirito di fede e vita, e preparati tecnicamente e scientificamente a promuovere progetti per la salute, alimentazione e civilizzazione. Sarebbero stati accompagnati nel loro lavoro perché non si scoraggiassero. La loro missione è condividere con le famiglie la solidarietà fraterna, l’amore e quali attenzioni avere con le donne in attesa e verso i bambini, perché siano in buona salute e felici”. In Brasile, la Pastoral da Criança è oggi applicata in circa 40 mila comunità di 7.000 parrocchie di oltre 272 diocesi. Si è venuta in seguito diffondendo in altri 20 paesi di America Latina, Caraibi, Africa e Asia. Nel 2004, Zilda ricevette dalla Conferenza dei Vescovi brasiliani l’incarico di organizzare anche la Pastorale della Persona Anziana che, contando su 14 mila volontari, accompagna oggi 130 mila anziani in 579 municipi di 141 diocesi in 25 Stati brasiliani. L’11 Gennaio 2010, Zilda Arns si recò in Haiti su invito della Conferenza Nazionale dei Religiosi del Caribe, per illustrare i programmi della Pastoral da Criança. Il giorno 12, al termine di una conferenza tenuta in una chiesa di Port-au-Prince, moriva sotto le macerie del terribile terremoto che sarebbe costato al Paese 250 mila morti.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro di Samuele, cap.3, 1-10.19-20; Salmo 40; Vangelo di Marco, cap.1, 29-39.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Bene, è tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano tratto da “L’amicizia spirituale” di Aelredo di Rievaulx, che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Sono quattro le cose che devono essere messe alla prova nell’amico: la fedeltà, l’intenzione, il criterio, la pazienza. La fedeltà, perché tu possa affidargli con tranquillità e sicurezza te stesso e tutte le tue cose. L’intenzione, perché egli non si aspetti dall’amicizia niente se non Dio e il bene che le è proprio per natura. Il criterio, perché sappia discernere cosa si deve dare all’amico, cosa gli si può chiedere, in quali cose si deve soffrire per lui e in quali rallegrarsi e siccome penso che talvolta l’amico debba anche essere corretto comprendendo le ragioni per farlo, senza ignorare il modo, il tempo e il luogo opportuni. La pazienza, infine, perché quando viene corretto non si rattristi, non reagisca con odio o disprezzo con chi lo corregge, e sia capace di sopportare coraggiosamente per l’amico qualsiasi avversità. (Aelredo di Rievaulx, L’amicizia spirituale).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Gennaio 2022ultima modifica: 2022-01-12T21:03:37+01:00da fraternidade
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