Giorno per giorno – 09 Gennaio 2022

Carissimi,
“Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Lc 3, 21-22). Stamattina, ricordavamo quanto ebbe a dire un giorno dom Pedro Casaldáliga: “Vorrei che ognuno di noi potesse visitare, almeno spiritualmente, il proprio fonte battesimale, immergervi il capo e scoprire la natura missionaria del suo battesimo… Devo essere missionario. Se non sono missionario, non sono cristiano”. Missionari di che, di chi, di quale buona notizia? Troppo spesso il battesimo è ridotto ad un semplice rito, che finisce per celebrare una nascita o la scelta non si sa se e quanto interessata dei padrini, senza una preparazione che aiuti a comprenderne il significato più vero. La festa di oggi ci richiama anche a questo. Il venire incorporati a Cristo esige che se ne conosca la storia, riconosciuta dal Padre come sua propria verità nella solidarietà instaurata dal Figlio con i propri fratelli e sorelle perduti, perduto con loro, dal primo giorno all’ultimo, per riscattarli tutti, senza escludere nessuno. Ogni esclusione sarebbe negazione del proprio battesimo, di Gesù come il Cristo, e, alla radice, perciò, della verità di Dio. Per dare spazio agli idoli delle nostre fantasie. E, non ultimo, alla guerra di tutti contro tutti. Come è dato spesso di vedere intorno a noi.

In questa Festa del Battesimo del Signore, i testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.42,1-4. 6-7; Salmo 29; Atti degli Apostoli, cap.10, 34-38; Vangelo di Luca, cap.3, 15-16. 21-22.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Adriano di Canterbury, abate, Suor Rosemary Lynch, profeta di nonviolenza; Christian Albini, teologo della speranza.

Quando Wighard, il prete sassone designato a succedere, nella sede di Canterbury, all’arcivescovo Deusdedit, giunse, nel 664, a Roma, per esservi consacrato vescovo dal papa Vitaliano, successe che morì. Di peste bubbonica. Il papa pensò allora di nominare al suo posto Adriano, un santo e colto benedettino, di origine africana, che era allora abate dell’abbazia di Nerida, nel napoletano. Ma il nostro, forse per un po’ di scaramanzia, declinò l’offerta e consigliò il papa di nominare piuttosto Teodoro di Tarso (un turco, il che mostra che, in qualche modo, il villaggio globale esisteva già allora). Il pontefice accettò, a patto che Adriano l’accompagnasse come consigliere. Giunto in Inghilterra, Teodoro nominò Adriano abate dell’antico monastero dei Santi Pietro e Paolo, che divenne sotto la sua guida un giustamente celebrato centro di studi e di formazione. Lì, egli insegnò per quarant’anni, fino alla morte, avvenuta il 9 gennaio di un anno imprecisato (s’ipotizza il 710). La sua fama di taumaturgo, richiamò per molti secoli alla sua tomba folle di pellegrini.

Nata a Phoenix, in Arizona, il 18 marzo 1917, Rosemary Lynch entrò nella congregazione delle Suore francescane della Penitenza e della Carità cristiana, nel 1932. Dopo la professione religiosa, nel 1934, insegnò a Los Angeles, in una scuola cattolica, e dal 1952 fu preside in una scuola superiore nel Montana. Nel 1960 il Capitolo generale della congregazione la elesse consigliera generale e la chiamò a Roma, dove sarebbe rimasta per i sedici anni successivi, partecipando della fertile stagione del Concilio Vaticano II. Tornata negli Stati Uniti, nell’ottobre 1976, fu inviata a integrare una piccola comunità francescana a Las Vegas, dove conobbe da vicino la sfida rappresentata dagli esperimenti nucleari nel deserto de Nevada, come anche le forme di risposta dei movimenti pacifisti. Dal mercoledì delle Ceneri del 1982, con altre suore, frati e laici, prese l’iniziativa di trascorrere la quaresima ai cancelli che davano accesso al Nevada Test Site, il luogo degli esperimenti nucleari, alternando veglie di preghiera, digiuni e gesti di disobbedienza civile. Questo si ripetè negli anni successivi, comportando arresti e processi a carico di suor Rosemary e degli altri manifestanti. Nel febbraio del 1989, Lynch, Julia Occhiogrosso e Peter Ediger assieme ai frati francescani Alain Richard e Luigi Vitale fondarono un “servizio francescano di non violenza e resistenza culturale”, che prese il nome di “Pace e Bene”, e stabilirono la sua prima sede a Las Vegas. Ora “Pace e Bene” ha sedi in tutti gli Stati Uniti e in un numero crescente in tutto il mondo. Più di 25.000 persone hanno partecipato a più di 600 workshop sulla nonviolenza. Linch si ritirò dalla vita attiva del movimento nel 2004, continuando tuttavia a promuovere i valori della nonviolenza. Urtata da un auto, mentre camminava sul marciapiedi, morì il 9 gennaio 2011 in ospedale, in seguito alle fratture riportate. Aveva 93 anni.

“Sperare per tutti. Incontrarsi senza condannarsi” era il titolo del blog di cui era autore Christian Albini, docente di religione nelle scuole superiori, responsabile del Centro di spiritualità della diocesi di Crema, autore di libri di teologia e collaboratore del mensile Jesus con la rubrica “Un popolo chiamato Chiesa”. Nato a Crema il 13 settembre 1973, è scomparso la notte del 9 gennaio 2017, per un male incurabile. Pochi giorni prima, il 3 gennaio, aveva postato nel blog: “Possiamo perdere tutto, essere frantumati nel corpo e nello spirito, ma possiamo permanere nella dignità che è uno dei tratti del nostro essere umani”, e il giorno dopo: “Nella pace mi corico e presto mi adormento, solitario nella speranza mi fai riposare, Signore (Sal 4,9). La pace spesso non c’è. Vivere è anche lottare per conservare la speranza. Soli con la speranza, quando tutto ciò che hai. La battaglia della fede è anche perseverare a sperare, anche quando la speranza è un filo esile o manca del tutto”. Ha lasciato la moglie, Silvia, tre figli, e amici senza numero, vicini e lontani, che da tempo ne accompagnavano la testimonianza.

E, con oggi, il Postino si è rimesso in sella alla bicicletta, congedandosi da una dengue, che si è rivelata alla fine meno maligna di quel che si era potuto temere. Grazie, anche al riposo che si è concesso, alla presenza premurosa di frateli e sorelle della Comunità, alle preghiere e ai flussi di energia positiva e ai messaggi benauguranti ricevuti in questi giorni. Di cui ringrazia qui tutti congiuntamente. Ora è solo pedalare adeguatamente!

Ed è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Christian Albini. Tratta dal suo libro “L’arte della misericordia” (Qiqajon), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il dono che giunge alla sua pienezza diventa perdono. Nel testo del Vangelo di Luca è decisivo il perdono di Dio, che già la fede di Israele considerava il “Dio dei perdoni” (cf Ne 9,17). Per Gesù, il perdono è una sorta di imperativo, è il contrassegno dell’esistenza cristiana: quando, interrogato da Pietro, afferma che si deve perdonare settanta volte sette (cf Mt 18,22), vuole dire che occorre perdonare sempre. E la missione che affida ai discepoli è proprio quella del perdono (cf Gv 20,22), quel perdono che lui ha praticato in punto di morte (cf Lc 23,34). Infatti, come lui, Stefano è morto perdonando i suoi uccisori (cf At 7,60). “Ora comincio a essere discepolo”, scriveva Ignazio di Antiochia ai cristiani di Roma, mentre si approssimava al martirio. E, in un’altra lettera, raccomandava di pregare per i suoi persecutori. Diventava discepolo nel dono della vita e nel perdono, di cui riconosceva con realismo la fatica… È qualcosa che va contro tutti i nostri istinti, eppure è una possibilità dell’uomo. Non è detto che si riesca a perdonare, ma può accadere. Addirittura ad Auschwitz, nei gulag, nelle carceri dell’apartheid, così come nella quotidianità dolorosa degli amori feriti. Solo dopo un lungo cammino, però, un vero e proprio lavoro interiore che può durare anni e anni. Nell’esperienza cristiana è fondamentale la consapevolezza del perdono ricevuto, di essere in primo luogo noi stessi dei perdonati, sempre accolti da Dio. E da lui riceviamo lo Spirito che ci rende capaci di perdono. Il valore personale e sociale del perdono è nell’interruzione delle dinamiche del risentimento che impediscono comunicazione e solidarietà. Non si torna a prima dell’offesa, cosa impossibile in molti casi, ma la si può superare. Si può guarire il veleno del male e del rancore che suscita in noi… Ecco che cos’è il perdono, è il dono della pace che dà sollievo alla rabbia e al dolore per le ferite subite! (Christian Albini, L’arte della misericordia).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Gennaio 2022ultima modifica: 2022-01-09T22:44:27+01:00da fraternidade
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