Giorno per giorno – 29 Aprile 2021

Carissimi,
“In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13, 16-17). Il contesto è quello dell’ultima cena. Gesù sta spiegando ai suoi ciò che ha appena fatto: ha lavato loro i piedi. Vuole che essi capiscano che non si tratta di un suo gesto estemporaneo, ma è espressione dell’essere stesso di Dio. Aveva detto, infatti: “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono” (v.13). “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi”, che tra poco mi tradirete, mi rinnegherete, fuggirete lasciandomi solo, “è stato per darvi l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (v 14-15). Che richiama il “Fate questo in memoria di me” nel racconto della cena nei sinottici. Se Dio si fa servo, chi si vuole suo discepolo, imitatore, rappresentante, non può fare diversamente La chiesa di Cristo può essere solo servizio agli ultimi, compresi i suoi nemici. Laddove si scegliesse come chiesa del potere, della ricchezza, della forza, significherebbe che si è già convertita all’idolo e ha rinnegato il progetto di Gesù. Quanto vale per la chiesa nel suo insieme come sacramento del Regno, chiede ovviamente anche l’adesione di fede di ogni credente, nelle sue scelte di vita e nel suo vissuto quotidiano. Qui c’è il fondamento della morale cristiana, che è servizio, dono di sé, perdono, o cristiana non è. Peccato che i catechismi non dedichino molto spazio a questo Dio inginocchiato davanti alle sue creature, lavando loro i piedi. Le antiche formulette che qua e là qualcuno si ostina a far ricordare a memoria suonavano: “Dio è l’essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra”. Dimenticavano di specificare in che cosa consiste la sua perfezione e la sua signoria: deporre le vesti [della sua divinità], farsi ultimo degli ultimi, cingersi del grembiule di servizio, inginocchiarsi e lavare i piedi. Se noi faremo questo, dice Gesù, saremo beati. Della beatitudine che è la vita stessa di Dio.

Oggi è memoria di Caterina da Siena, contemplativa e messaggera di pace.

Caterina era nata a Siena il 25 marzo 1347, penultima dei venticinque figli di Jacopo Benincasa e di Monna Lapa Piangenti. A sei anni ebbe la prima visione e a sette emise il voto di verginità. Nonostante la prosperità della famiglia, i genitori non la fecero studiare: è fatica inutile e spreco di denaro, un buon matrimonio, precoce quanto lo consentono i tempi, porterà vantaggio a tutti. Così, quando la ragazza compì dodici anni, tutto era già pronto per le nozze. Ma, lei deve aver detto: Avete mica capito. Io sono già sposata. E si rifiutò. E in casa presero a trattarla come una serva. Lei, però, aveva un Complice e con Lui si costruì una cella segreta, dove ritirarsi di tanto in tanto, nei momenti liberi dalle sfacchinate quotidiane. E, alla fine, l’ebbe vinta. A quel punto, tutti pensavano si sarebbe fatta monaca. Avete mica capito, deve aver detto: “ La mia cella non sarà fatta di pietre o di legno, ma di auto-conoscenza”. E, sulle prime, neppure lei deve aver compreso bene cosa significasse. Ma il suo Complice si prese più tardi la briga di spiegarglielo: “Sappi, figlia mia, che io sono Colui che è, e tu sei quella che non è”. Questa è auto-conoscenza. E le parve tutto meraviglioso. Seguirono tre anni duri come pochi, con aridità, dubbi, visioni demoniache, e quant’altro. Ma finirono e quando il Complice riapparve, lei gli fece: Dove te ne stavi rintanato in tutto questo tempo? E Lui, pronto: Nel tuo cuore, sciocchina. Cominciò per lei un tempo di attività vulcanica. Adottò la regola di vita delle terziarie domenicane. A casa sua cominciarono a ritrovarsi uomini e donne desiderosi di impegnarsi, fare qualcosa. I tempi, infatti non erano uno scherzo. Li chiameranno i Caterinati, che presero a chiamarla mamma. E lei dettava loro le sue istruzioni, moltiplicando poi le sue attività di apostolato caritativo e politico: assistenza ai poveri, ammalati e carcerati, diffusione della parola di Dio e riappacificazione fra famiglie, città e stati rivali. Richiamava con severità gli uomini politici del suo tempo: “Nessuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia”. Cercò di porre pace anche nella Chiesa, dilaniata dallo scisma d’Occidente. E, proprio durante questa missione, a Roma, Caterina si ammalò e morì, a soli 33 anni, il 29 aprile 1380.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.13, 13-25; Salmo 89; Vangelo di Giovanni, cap.13, 16-20.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto. Noi ci si congeda, offrendovi in lettura una preghiera di Caterina da Siena, tratta dal suo “Dialogo” (ESC ESD). Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
O eterna misericordia, che copri i difetti delle tue creature, non mi meraviglio che tu dica di coloro che escono dal peccato mortale e tornano a te, “Io non mi ricorderò che tu m’offendessi mai”. O misericordia ineffabile, non mi meraviglio che tu dica questo a coloro che escono dal peccato, dal momento che tu dici di coloro che ti perseguitano: “Io voglio che mi preghiate per loro, in modo che Io faccia loro misericordia”. Oh misericordia, che esce dalla deità tua, Padre eterno, e governa con la tua potenza tutto quanto il mondo! Nella misericordia tua fummo creati; nella misericordia tua fummo ricreati nel sangue del tuo Figlio. La misericordia tua ci conserva. La misericordia tua fece lottare sul legno della croce il Figlio tuo, nella sfida della morte con la vita e della vita con la morte: e allora la vita sconfisse la morte della colpa nostra, e la morte della colpa tolse la vita corporale all’immacolato Agnello. Chi rimase vinto? La morte. Chi ne fu causa? La misericordia tua. La tua misericordia dà vita; essa dà lume per cui si conosce la tua clemenza in ogni creatura, nei giusti e nei peccatori. Nell’altezza del cielo riluce la tua misericordia, cioè nei tuoi santi. Se io mi volgo alla terra, essa abbonda della tua misericordia. Nelle tenebre dell’inferno riluce la tua misericordia non dando tanta pena ai dannati quanta ne meritano. Con la misericordia tua mitighi la giustizia; per misericordia ci hai lavati nel Sangue; per misericordia volesti stare con le tue creature. O pazzo d’amore: non ti bastò incarnarti, che volesti anche morire? Non bastò la morte, che anche discendesti agli inferi, traendone i santi padri, per adempiere la tua verità e misericordia in loro? Perché la tua bontà promette il bene a coloro che ti servono in verità, e infatti discendesti al limbo per trarre dalla pena chi t’aveva servito, e render loro il frutto delle loro fatiche! La misericordia tua vedo che ti costrinse a dare ancor più all’uomo, cioè lasciandoti in cibo, in modo che noi deboli avessimo conforto, e gli ignoranti smemorati non perdessero il ricordo dei benefici tuoi. E per questo lo dài ogni giorno all’uomo, rendendoti presente nel sacramento dell’altare, nel corpo mistico della santa Chiesa. Questo chi l’ha fatto? La misericordia tua. O misericordia! Il cuore ci s’affoga a pensare di te, perché ovunque io mi volgo a pensare non trovo altro che misericordia. O Padre eterno, perdona all’ignoranza mia, che ho presunto di parlare innanzi a te: ma l’amore della tua misericordia me ne scusi dinanzi alla benignità tua. (Caterina da Siena, Dialogo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Aprile 2021ultima modifica: 2021-04-29T22:42:03+02:00da fraternidade
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