Giorno per giorno – 05 Marzo 2021

Carissimi,
“Gesù disse loro: Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti” (Mt 21, 42-43). È la conclusione della parabola della vigna, che nell’immaginario religioso del tempo rappresentava il popolo d’Israele, prescelto da Dio per instaurare una comunità che incarnasse il suo disegno di un mondo “altro” rispetto ai sistemi, basati sulla logica della competizione, della forza, del dominio, dell’oppressione. I frutti che perciò Dio, ritiratosi dal mondo (v. 33), sperava di trovare a tempo debito dai suoi “vignaioli” erano frutti di giustizia, solidarietà, pace. E, invece, chi poteva immaginare che avrebbe avuto la meglio in loro il desiderio di emulare quanto di peggio sgovernava altrove? Da qui l’invio reiterato, lungo il tempo, dei profeti che, richiamando chi di dovere alla vocazione originaria, furono sistematicamente ostilizzati, perseguitati e uccisi, fino alla decisione di mandare il Figlio in persona, nella speranza gli toccasse una sorte migliore. Niente da fare. Infatti “presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero” (v.39). È Gesù che prevede la sua imminente fine. E i suoi avversari, da lui interrogati su quale sarebbe stata la reazione del proprietario della vigna, prigionieri come erano di una distorta immagine di lui, visto come figura del potere, gli attribuiscono la decisione di una sanguinosa vendetta (cf v. 41). Non sapevano ancora che la sua vendetta sarebbe stata, dalla croce a cui lo condannarono, il perdono incondizionato. Ora, quella che era (e continua ad essere) la missione dell’Israele fedele, è anche la missione delle Chiese e di ciascuno/a di noi. Sapremo dare al Signore i frutti che si attende da noi, prima che decida di affidarla ad altri?

Oggi facciamo memoria di una santo piccolo e pressocché sconosciuto: Conone, l’ortolano, martire in Panfilia.

Originario di Nazareth, in Galilea, Conone era, secondo la tradizione, legato da parentela alla famiglia di Gesù. Lasciata la sua terra natale, si stabilì nella città di Mandron, nella Panfilia (una regione dell’attuale Turchia), dove, dalla coltivazione di un orto, ricavava il necessario per vivere. Quando Decio, sconfitto Filippo l’Arabo divenne imperatore, nel 249, e volle riportare in auge la religione romana tradizionale per dare nuova stabilità all’impero, scatenando l’ennesima persecuzione contro i cristiani, ne fu vittima anche il nostro. Per garantirsi la fedeltà dei sudditi, il nuovo imperatore prescrisse l’obbligo per tutti i cittadini di sacrificare agli dèi, con un atto pubblico comprovato da un attestato delle autorità locali. Quando Conone fu invitato a presentarsi davanti al governatore Publio, rispose: Di cosa ha bisogno il governatore da me, visto che sono cristiano? Ditegli di chiamare chi la pensa come lui o ha la sua stessa religione. Il santo fu allora legato e condotto a forza davanti al Governatore, che tentò ripetutamente di convincerlo a sacrificare agli idoli. Conone rispose però con veemenza che niente e nessuno avrebbe potuto distoglierlo dal confessare apertamente la sua fede in Cristo. Fu così che il governatore ordinò che gli fossero perforati i piedi con chiodi, costringendolo poi a correre davanti al suo carro. Dopo un tratto del cammino, tuttavia, Conone, sentendosi mancare, cadde sulle ginocchia, ed elevata un’ultima preghiera a Dio, morì.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.37, 3-4. 12-13a. 17b-28; Salmo 105; Vangelo di Matteo, cap.21, 33-43.45-46.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

“Desidero tanto incontrarvi, vedere i vostri volti, visitare la vostra terra, antica e straordinaria culla di civiltà”. Papa Francesco ha aperto con queste parole il videomessaggio rivolto al popolo iracheno in preparazione alla visita, iniziata oggi, nella terra devastata, da dove, quattro millenni fa, fa ebbe inizio l’avventura della fede del patriarca Abramo. E ha poi così continuato: “Vengo come pellegrino, come pellegrino penitente per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite. E giungo tra voi come pellegrino di pace, a ripetere: ‘Voi siete tutti fratelli’ (Mt 23,8). Sì, vengo come pellegrino di pace in cerca di fraternità, animato dal desiderio di pregare insieme e di camminare insieme, anche con i fratelli e le sorelle di altre tradizioni religiose, nel segno del padre Abramo, che riunisce in un’unica famiglia musulmani, ebrei e cristiani”. Accompagneremo questo pellegrinaggio, coraggioso e pericoloso come pochi, sapendo in anticipo che ascolteremo parole e vedremo gesti di Vangelo, annuncio dell’amore di Dio per l’umanità tutta. Nel congedarci, scegliamo di proporvi un brano del discoso tento oggi dal papa durante l’incontro con vescovi, sacerdoti, religiosi/e, seminaristi, catechisti nella Cattedrale di Baghdad. È questo, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’amore di Cristo ci chiede di mettere da parte ogni tipo di egocentrismo e di competizione; ci spinge alla comunione universale e ci chiama a formare una comunità di fratelli e sorelle che si accolgono e si prendono cura gli uni degli altri (cf Enc. Fratelli tutti, 95-96). Penso all’immagine familiare di un tappeto. Le diverse Chiese presenti in Iraq, ognuna con il suo secolare patrimonio storico, liturgico e spirituale, sono come tanti singoli fili colorati che, intrecciati insieme, compongono un unico, bellissimo tappeto, che non solo attesta la nostra fraternità, ma rimanda anche alla sua fonte. Perché Dio stesso è l’artista che ha ideato questo tappeto, che lo tesse con pazienza e lo rammenda con cura, volendoci sempre tra noi ben intrecciati, come suoi figli e figlie. Sia sempre nel nostro cuore l’esortazione di Sant’Ignazio di Antiochia: “Nulla esista tra voi che possa dividervi, […] ma vi sia un’unica preghiera, un unico spirito, un’unica speranza, nell’amore e nella gioia” (Ad Magnesios, 6-7: PL 5, 667). Com’è importante questa testimonianza di unione fraterna in un mondo spesso frammentato e lacerato dalle divisioni! Ogni sforzo compiuto per costruire ponti tra comunità e istituzioni ecclesiali, parrocchiali e diocesane servirà come gesto profetico della Chiesa in Iraq e come risposta feconda alla preghiera di Gesù affinché tutti siano uno (cf Gv 17,21; Ecclesia in Medio Oriente, 37). (Papa Francesco, Discorso ai vescovi, sacerdoti, religiosi/e, seminaristi, catechisti nella Cattedrale di Baghdad).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Marzo 2021ultima modifica: 2021-03-05T22:45:57+01:00da fraternidade
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