Giorno per giorno – 20 Novembre 2020

Carissimi,
“Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri” (Lc 19, 45-46). Dovessimo dare un titolo ai pochi versetti del vangelo di oggi, proporremmo: “Quando anche il buon Dio perde la pazienza”. Perché, come ci ripetiamo sempre, nell’agire di Gesù è sempre Dio che è all’opera. E anche in questo caso, non si tratta solo del tempio di Gerusalemme, ma di ogni tempio, e, più in generale, del tempio rappresentato dall’intero creato, e da quello, moltiplicato all’infinito, del corpo di ogni essere umano. Ora, quali relazioni vigono all’interno delle nostre chiese – con Dio, in primo luogo e tra i suoi fedeli -, come ci rapportiamo con la natura, quale cura riserviamo all’uomo, sacrario di Cristo? Sarà che abbiamo fatto di tutto un mercato, da cui trarre vantaggio, scartando ciò che consideriamo inutile? Di cosa sono fatte la nostra preghiera, le nostre pratiche devozionali, la nostra partecipazione ai culti? A cosa mirano? Cosa ci ispirano? Quali più o meno santi egoismi stimolano? Quanto del nostro interesse dedichiamo alla tutela dei beni ambientali? Quale e quanta indignazione e conseguente mobilitazione sono capaci di suscitare in noi la rapina e la dissacrazione che il Sistema del dominio opera sulle risorse naturali e su intere popolazioni della Terra, lo sfruttamento esasperato della forza lavoro, e l’emarginazione e la soppressione dei più deboli? Ieri sera, vigilia, qui da noi, della Giornata nazionale della consapevolezza negra, il quarantenne João Alberto Silveira Freitas, non un bianco, ovviamente, di questo Paese, è stato picchiato selvaggiamente e infine soffocato fino alla morte, da due agenti della sicurezza (di chi?), operanti all’interno di un supermercato della rete Carrefour, a Porto Alegre. Quello che presumibilmente è già di per sé in qualche misura un covo di ladri, è degenerato a covo di ladri di vita umana. In Brasile, del resto, siamo abituati alla pena di morte. Lui, non si abituerà mai.

Il 20 novembre, qui in Brasile, si celebra la Giornata Nazionale della Consapevolezza Negra. Che coincide con la memoria del martirio di Zumbi di Palmares e di tutti coloro che caddero per rivendicare il diritto della popolazione negra (ma non solo) di questo e di ogni altro continente a vivere in libertà una vita che si dispieghi in pienezza, bellezza e abbondanza. Che è poi il progetto del Regno.

Zumbi era nato nel 1655. Come molti altri negri nati in Brasile, aveva avuto una formazione cristiana. Educato da un sacerdote portoghese, che svolgeva il suo ministero a Porto Calvo, in Alagoas, a 15 anni era fuggito verso un quilombo, uno dei tanti villaggi, dove, lontani dai centri abitati, vivevano comunitariamente i negri (ma anche alcuni bianchi e indios) che erano riusciti a sottrarsi alla schiavitù. Nel quilombo di Palmares, Zumbi e i suoi compagni si educavano a convivere e a costruire relazioni basate sulla libertà, la giustizia, la collaborazione fraterna. I portoghesi si resero presto conto che Palmares stava diventando “pericolosa”, dato che molti, troppi africani, prendendolo ad esempio, costruivano sempre nuovi quilombos. Quando le incursioni dei portoghesi cominciarono ad intensificarsi, Zumbi organizzò la difesa di Palmares e ne guidò la resistenza. Dopo una resistenza durata oltre vent’anni, nel 1693 la repubblica di Palmares fu distrutta e i suoi villaggi rasi al suolo: migliaia di persone furono catturate e uccise. Zumbi scampò al massacro. Fuggito nella foresta, con pochi sopravvissuti, fece perdere le proprie tracce, rifugiandosi in un posto sicuro. Poco tempo dopo, uno dei suoi compagni catturato dai portoghesi svelò il luogo del suo rifugio. Gli fu tesa un’imboscata e Zumbi fu ucciso. La sua testa venne esposta nella piazza centrale di Macaco quello stesso giorno: il 20 novembre del 1695.

Il nostro calendario ci porta anche la memoria di Lev Tolstoj, profeta della nonviolenza.

Lev Nicolaevic Tolstoj nacque a Jasnaja Poljana, in Russia, il 9 settembre 1828 (28 agosto secondo il calendario giuliano), quarto figlio del conte Nikolaj Ilic e dalla principessa Marija Nikolaevna. Dopo anni di vita dissipata, inquietudini, viaggi, ma anche di molte letture che lo spinsero ad esordire nel mondo della letteratura, nell’autunno 1862 sposò Sof’ja Andreevna Bers, che gli darà 14 figli (di cui cinque morti in tenera età). Seguì la stagione la stagione dei grandi romanzi (Guerra e Pace, Anna Karenina). Nel 1879 cominciò a scrivere Confessione, storia della sua conversione ad un cristianesimo rigorosamente fedele al Vangelo e sempre più diffidente nei confronti delle chiese istituzionali. Tale posizione lo rese inviso alla gerarchia ortodossa, che nel 1901 lo scomunicò, ma richiamò l’attenzione di scrittori, scienziati, politici, religiosi, uomini comuni, di ogni parte del mondo, attratti dalla predicazione e dalla testimonianza del suo cristianesimo anarchico e radicale e dalla sua teoria della “non resistenza al male mediante la violenza”, che ispirerà in seguito il giovane Mohandas Gandhi. La crescente incomprensione e i dissidi con la moglie, a causa delle sue scelte esistenziali, lo portarono, il 10 novembre 1910, a fuggire di casa. Tre giorni dopo, febbricitante, dovette ricoverarsi nella casa del capostazione di Astapovo, dove morì assistito dalla figlia Alessandra, alle sei del mattino del 20 novembre 1910 (7 novembre del calendario giuliano). Una folla immensa, nonostante i tentativi messi in atto dalle autorità per contenerla, partecipò ai funerali.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Apocalisse, cap.10, 8-11; Salmo 119; Vangelo di Luca, cap.19, 45-48.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicita del Dio clemente e misericordioso.

Come dovete sapere tutti, si è aperto ieri e durerà fino a domani “The Economy of Francesco”, un incontro rivolto ai giovani economisti, imprenditori e promotori di economia sostenibile di tutto il mondo, promosso da Papa Francesco. Scopo dichiarato dell’evento è quello di promuovere un’economia della fraternità e reciprocità, una economia in cui a tutti sia riconosciuto il diritto ad una vita dignitosa e ad un lavoro, nello spirito di Francesco d’Assisi. L’evento è stato preceduto da nove mesi di lavori di gruppo ad opera di giovani provenienti da diversi Paesi e selezionati dal comitato scientifico della manifestazione. I protagonisti dei dodici villaggi tematici (così sono stati chiamati i gruppi di lavoro) si sono incontrati online e hanno lavorato su questi temi: lavoro e cura; management e dono; finanza e umanità; agricoltura e giustizia; energia e povertà; profitto e vocazione; politiche per la felicità; CO2 della disuguaglianza; business e pace; economia è donna; imprese in transizione; vita e stili di vita. Il Brasile è uno dei Paesi di maggior provenienza dei 2.000 giovani partecipanti, insieme a Italia, Usa, Argentina, Spagna, Portogallo, Francia, Messico, Germania e Regno Unito. Speriamo sia un buon inizio.

È tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a una citazione di Lev Tolstoj, tratta dal suo saggio “Amatevi gli uni gli altri”, che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il vero bene, quello a cui ognuno aspira, non ci verrà dato da una qualche futura organizzazione della società fondata sulla violenza, ma è alla portata di tutti, subito e ovunque, in ogni istante della vita e perfino nel momento della morte: questo bene si ottiene per mezzo dell’amore. Noi conosciamo questa via da tanti secoli, ma non abbiamo voluto comprenderla e seguirla. Invece ormai il tempo è giunto, non possiamo più tirarci indietro: in primo luogo perché la mostruosità e la sofferenza della nostra vita sono giunte all’estremo grado e in secondo luogo perché il vero significato della dottrina di Cristo sta divenendo sempre più chiaro, così chiaro che non possiamo più disconoscerlo. In essa è la nostra salvezza. La nostra salvezza ora dipende solo dal riconoscere che la nostra vera vita non risiede nel corpo, ma nel principio divino che è in noi, per cui tutte quelle energie, che sono state fin’ora spese per migliorare la nostra vita materiale, sia singola che collettiva, noi possiamo e dobbiamo impiegarle invece nell’unica cosa a noi necessaria: nel coltivare e rafforzare in noi stessi l’amore, l’amore non solo verso chi ci ama, ma – come insegna Cristo – l’amore verso tutti, soprattutto verso coloro che ci sono estranei o che ci odiano. Il nostro modo di vivere è adesso così lontano da ciò, che in un primo momento un tale cambiamento di direzione – e cioè invece di occuparci degli affari di questo mondo, cercare una cosa invisibile ed insolita come l’amore verso tutti – può sembrare impossibile. Ma questa difficoltà è solo apparente. L’amore per i propri simili, persino per coloro che ci odiano, è assai più confacente all’anima umana che non la lotta e l’odio. Questa trasformazione del nostro modo di concepire la vita è dunque possibile nella nostra epoca, mentre non è possibile continuare questa nostra vita di lotta di tutti contro tutti, che oggi conduciamo. Questa trasformazione non solo è possibile, ma è anche l’unica che può tirarci fuori dai mali che ci affliggono; perciò questa trasformazione presto o tardi avverrà. (Lev Tolstoj, Amatevi gli uni gli altri).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairrro.

Giorno per giorno – 20 Novembre 2020ultima modifica: 2020-11-20T22:24:24+01:00da fraternidade
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