Giorno per giorno – 19 Novembre 2020

Carissimi,
“Quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, Gesù pianse su di essa dicendo: Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte” (Lc 19, 41-43). Il pianto sulla città non è solo su Gerusalemme, né è semplicemente il pianto dell’uomo Gesù, ma è il lamento sconsolato dello stesso Dio, lungo tutti i tempi, in ogni situazione in cui il cammino alla pace è rifiutato. Che non è il rifiuto di una religione (quante aberrazioni, del resto, sono state e sono compiute in nome della religione), ma il negarsi alla logica del Regno, manifestata nell’accoglienza riservata al Povero, che non è altri che Dio stesso, nascosto nelle sembianze degli ultimi e più insignificanti tra i figli dell’uomo. Chiudere il cuore alla compassione e alla misericordia è chiudere il cuore a Dio e consegnare la vita e il mondo alle forze del’odio e della distruzione. Che non rappresentano, perciò il castigo e la vendetta di Dio, ma la diretta conseguenza delle proprie scelte. Noi, come Chiesa, siamo chiamati a rendere vera, anche nei confronti di Dio, la beatitudine che proclama: Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Il nostro calendario ci porta oggi, assieme alla memoria di Ilya Fondaminski, martire sotto il nazismo, in solidarietà col suo popolo, quella di tre grandi mistiche medioevali, Matilde di Magdeburgo, Matilde di Hackeborn e Gertrude, la Grande, che ebbero la sorte di vivere come consorelle nello stesso Monastero di Helfta, in Sassonia, nella seconda metà del sec. XIII.

Ilya (Élie) Isidorovitch Fondaminski-Boukanov era nato a Mosca, nel 1881, da una agiata famiglia di origine ebraica. Giovane studente aveva aderito al Partito socialista-rivoluzionario, ma, fallita la rivoluzione del 1905, era fuggìto a Parigi. Ritornò in patria nell’aprile del 1917, alla caduta della monarchia, ad opera della rivoluzione di febbraio. La vittoria dei bolscevichi, a seguito della rivoluzione d’ottobre, lo convinse, tuttavia, a recarsi nuovamente in Francia, e questa volta definitivamente. A Parigi, entrò in contatto con un gran numero di raggruppamenti politici e culturali dell’emigrazione russa, fondò la rivista Novy Grad (Città Nuova) e, nel 1930, strinse amicizia con Elisabeth Skobtsov (la futura Madre Maria), anch’ella proveniente dalle file del Partito socialista-rivoluzionario. Come annotano i biografi, è difficile stabilire chi tra i due abbia avuto maggior influenza sull’altro, ma “di sicuro condivisero lo stesso pensiero, lo stesso linguaggio del cuore, lo stesso ideale dell’amore cristiano”, testimoniandolo coraggiosamente. Nonostante ciò, Fondaminski ritardò il suo battesimo sino alla vigilia della morte. Sia per quella che lui confessava essere la sua indegnità, sia per amore alla moglie, Amalia Ossipovna, anch’essa ebrea di sentimenti cristiani, ma appassionatamente legata alla religione dei padri, e, infine, anche di più, per fedeltà e solidarietà ai suoi fratelli di sangue, quel popolo ebreo per cui si profilava all’orizzonte la prova più ardua e la tragedia peggiore della sua storia. Un anno dopo l’occupazione nazista della Francia, Fondaminski venne internato, con migliaia di altri, nel campo di concentramento di Campiègne, a cento chilometri da Parigi. Qui, segretamente, il 20 settembre 1941, alla vigilia della festa della Natività della Madre di Dio (secondo l’antico calendario ortodosso), ricevette il battesimo. Scriverà in quei giorni: “Mi sento molto bene, ed era molto, molto tempo che non mi sentivo così tranquillo, allegro e persino felice”. A più riprese, a partire da allora, gli si offrì l’opportunità di fuggire, ma sempre rifiutò. Scrisse a madre Maria: “Non fate nulla, voglio restare coi miei fratelli!”. E poi: “Non lasciate che i miei amici si inquietino per me. Dite a tutti che sto perfettamente bene. Sono assolutamente felice. Non avrei mai creduto possibile che ci potesse essere tanta felicità in Dio. Grazie!”. Avviato in Germania, se ne persero le tracce. Solo una data comunicata ai famigliari dal governo francese: è morto il 19 novembre 1942.

Matilde di Magdeburgo (1208-1282), benché fosse la più anziana delle tre, fu tuttavia l’ultima a giungere al monastero, nel 1270. Era nata da una famiglia nobile e ricca, che le aveva fornito una buona educazione. A dodici anni, in seguito ad una straordinaria esperienza dello Spirito, cominciò a scorgere Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio. Ancor giovane, lasciò la casa paterna e scelse di vivere in una delle molte comunità di beghine, allora fiorenti, dedicandosi al servizio degli ammalati e dei poveri e vivendo un’intensa vita di contemplazione. Raccolse le sue esperienze mistiche in un libro con il titolo “La luce fluente della divinità”. Visse i suoi ultimi anni nel monastero di Helfta, ove morì probabilmente nel 1282. Matilde di Hackeborn, (1241 – 19 novembre 1298) nata da una delle più nobili famiglie della Turingia, imparentata con lo stesso imperatore Federico II, fu inviata nel monastero di Rodersdorf per esservi educata. Nel monastero, di cui la sorella maggiore Gertrude, a soli diciannove anni, sarebbe, da lì a poco, divenuta abbadessa, scoprì la vocazione e decise di prendere anch’essa il velo. Quando la sorella, nel 1258, ottenne dai fratelli il castello di Helfta, per trasformarlo in Monastero, Matilde la seguì. Qui, nel 1261, sarebbe giunta dalla citta di Eisleben, un’altra Gertrude, che in seguito sarebbe stata chiamata la Grande (6 gennaio 1256 – 17 novembre 1302). Aveva solo cinque anni e venne affidata alle cure della ventenne maestra delle novizie, Matilde. In seguito le due monache avrebbero sviluppato una spiritualità molto simile, che sottolinea molto la devozione all’umanità di Cristo e una forte concentrazione sul mistero eucaristico. Le revelazioni di Gertrude furono raccolte da lei stessa nel libro: “Il messaggero dell’amore divino”. La stessa Gertrude annotò con cura anche gli insegnamenti e le visioni di Matilde di Hackeborn nel “Libro della Grazia Speciale”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Apocalisse, cap.5, 1-10; Salmo 149; Vangelo di Luca, cap.19, 41-44.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una preghiera di Matilde di Magdeburgo, tratta al suo libro “La luce fluente della divinità” (Giunti), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Signore Gesù Cristo, che senza inizio sei fluito in modo spirituale dal cuore del tuo eterno Padre, nato secondo la carne da una perfetta vergine, dalla carne di Santa Maria, e che insieme a tuo padre sei uno Spirito, una volontà, una potenza, una forza altissima al di sopra di tutte le cose, che è stata e sarà sempre senza fine. Signore, eterno Padre, poiché io, di tutte le creature la più indegna, sono a mia volta fluita dal tuo cuore in modo spirituale e sono nata, Signore Gesù Cristo, in modo carnale dal tuo fianco, e poiché io, Signore Dio e Uomo, sono stata purificata con lo Spirito di ambedue, così parlo, io povero essere afflitto: Signore, Padre Celeste, tu sei il mio cuore! Signore, Gesù Cristo, tu sei il mio corpo! Signore, Spirito Santo, tu sei il mio respiro! Signore, Santa Trinità, tu sei il mio unico rifugio e il mio eterno riposo (Matilde di Magdeburgo, La luce fluente della divinità 5,6).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Novembre 2020ultima modifica: 2020-11-19T02:23:03+01:00da fraternidade
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