Giorno per giorno – 17 Ottobre 2020

Carissimi,
“Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato” (Lc 12, 8-10). Dove il riconoscerlo, Gesù, davanti agli uomini, non consiste nello sbandierare ai quattro venti un’identità religiosa, ma riconoscerlo nelle figure in cui egli si nasconde e che egli ci prospetta nella parabola del giudizio finale (cf Mt 25, 31-46). Noi, da oltre quarant’anni ci portiamo appresso una preghiera, trovata un giorno sul banco di una chiesa, che dice bene la sostanza di tutto ciò: “signore con la esse minuscola / signore fuori dai margini / signore dal ventre gonfio per la fame / signore che sei nudo e brutto / signore ammalato e noioso / signore vecchio e inutile / signore di peso / signore da cui è meglio / distogliere il volto perché / più che pena fa ribrezzo / signore sporco signore ubriaco di vino / e più ancora di solitudine / signore disperato / signore che non ci capisci più niente / signore che ti prostituisci in un parco / signore che in un parco elemosini l’amore / signore con la siringa in mano / signore che lo cacciano di chiesa / perché non sei fine / signore che non sai sollevare lo sguardo da terra / per la vergogna signore che si nasconde le mani / signore canaglia meglio che non fossi mai nato / signore handicappato / signore prigioniero / signore torturato / signore che certo te la sei cercata / signore dannato nei secoli dei secoli / abbi pietà di noi / nel giorno del giudizio” (L.C.). Quanto alla bestemmia contro lo Spirito Santo, che è lo stesso Spirito che unisce Gesù al Padre e ai fratelli e sorelle del mondo, e che lo ha consacrato per inviarlo in missione, all’inizio del suo ministero (cf Lc 4, 18), essa risulta imperdonabile, indipendentemente dal riconoscere o meno Gesù come il Figlio dell’uomo delle profezie, perché consiste nel negare la fraternità umana, aperta al riconoscimento, all’accettazione e alla valorizzazione delle differenze, in tutta la loro ricchezza, e volta al soddisfacimento dei reciproci bisogni, che è poi l’unica modalità (laica, per altro), in cui sia dato compiere il progetto di Dio. Come rimedio a essa, c’è solo il pentimento e la conversione.

Oggi la chiesa fa memoria di Ignazio d’Antiochia, pastore, padre della Chiesa e martire, e di Madre Antonia Brenner, “angelo del carcere di Tijuana”.

Forse di famiglia pagana e convertito piuttosto tardi al cristianesimo, Ignazio conobbe personalmente gli apostoli Pietro e Paolo. Tra il 70 e il 107 d.C., fu vescovo di Antiochia, succedendo a Pietro e ad Evodio. Di quest’ultimo, parlando agli antiocheni, avrebbe detto: “Ricordatevi del beato Evodio, vostro pastore, il quale per primo vi ha governato, dopo gli apostoli. Mostriamoci degni figli di un tale padre”. Mentre era Vescovo ad Antiochia, l’imperatore Traiano diede inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto in catene da Antiochia a Roma, con un viaggio lunghissimo e assai penoso, durante il quale scrisse sette lettere, dirette a varie chiese, che costituiscono documenti preziosi sulla Chiesa primitiva e sui suoi fondamenti teologici. Scrivendo ai Romani, che temeva potessero intervenire in suo favore per evitargli il martirio scrisse: “Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio”. E, giunto a Roma, intorno all’anno 107, il vescovo di Antiochia fu davvero triturato dalle belve del circo, dando testimonianza a Cristo che aveva appassionatamente amato.

Madre Antonia era nata Mary Clarke, a Los Angeles, il 1º Dicembre 1926, nella famiglia cattolico-irlandese di Kathleen Mary Clarke e di Joseph Clarke, facoltoso uomo d’affari. Benché cresciuta nell’ambiente esclusivo di Beverly Hills (California), fin da giovanissima fu educata a prendersi a cuore coloro che vivevano in situazioni di bisogno e a coinvolgersi in programi di aiuto come l’invio di medicinali in zone povere dell’Africa, India, Corea, Filippine, Sudamerica, o fornire assistenza alle organizzazioni sindacali dei contadini. Sposata e divorziata due volte (Brenner è il cognome del secondo marito), ebbe sette figli. Secondo quanto ella stessa raccontò in seguito, nel 1969, sognò di essere prigioniera al Calvario, prossima a subire la sua condanna a morte, quando Gesù le apparve e si offrì di prenderne il posto. Lei lo toccò sulla guancia, e gli disse che non lo avrebbe mai lasciato, qualunque cosa le potesse accadere. L’anno successivo, maturò la decisione di dedicare la sua vita alla Chiesa, in parte a causa di quel sogno. A cinquant’anni scelse di servire Cristo nei carcerati, trasferendosi armi (spirituali) e bagagli nel penitenziario di La Mesa a Tijuana (Messico), dove occuperà una stanzetta, quasi prigioniera tra i prigionieri, finché la salute glielo permetterà, dispensando aiuti materiali e assistenza spirituale ai detenuti, ma anche alle guardie. Nel 1997, incoraggiata dal suo vescovo, iniziò il processo per la formazione di una comunità che condividesse la sua missione, che si concluse con il riconoscimento nel 2003, delle “Serve dell’undicesima ora”. Madre Antonia è scomparsa il 17 ottobre 2013, all’età di 86 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Efesini, cap.1, 15-23; Salmo 8; Vangelo di Luca, cap.12, 8-12.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Per il Sanatana Dharma (quello che impropriamente è chiamato Induismo) comincia oggi, primo giorno del mese lunare di Asvina, Navaratri, la festa di “nove notti” (tale è il significato del nome) che celebra la Madre divina, sotto i nomi di Durga (che distrugge le tendenze negative), Lakshmi (che propizia l’acquisizione di ogni sorta di virtù) e di Sarasvati (che instilla sapienza e conoscenza spirituale). La novena culminerà, il giorno 8 di ottobre, nella festa di Dussehra, che celebra la sconfitta del re dei demoni Ravana da parte del Signore Rama. Beh, che oltre ogni simbolismo, questo possa essere vero per tutti noi!
“Dove gli uomini e le donne sono condannati a vivere in estrema povertà, i diritti umani sono violati. Unirsi per assicurare che questi diritti siano rispettati è nostro solenne dovere”. Sono le parole che Padre Joseph Wresinski volle incise nella pietra, al termine di una manifestazione che, convocata il 17 ottobre 1987, aveva riunito 100.000 persone a Parigi, nella Place du Trocadéro, dove il 10 Dicembre 1948 era stata solennemente firmata la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. L’idea di fondo della manifestazione sarebbe stata ripresa in seguito dall’Onu che volle fare del 17 Ottobre la “Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà”. La finalità della celebrazione di questa giornata è quella di promuovere la consapevolezza della necessità di sradicare la povertà e la miseria in tutti i paesi del mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Una necessità che è diventata il primo degli Obiettivi del Millennio, da raggiungere entro il 2015. Che noi abbiamo desolatamente già alla spalle.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, cedendo la parola a Padre Joseph Wresinski, con una citazione tratta dalla sua comunicazione scritta presentata sotto il titolo “La grande povertà, sfida posta ai Diritti dell’Uomo nel nostro tempo”, in occasione della 43° sessione della Commissione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni unite, febbraio-marzo 1987, a Ginevra. La troviamo nel sito a lui dedicato ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Le famiglie nella grande povertà spesso hanno solo un tetto, un hangar, un camion riconvertito, una tenda o ancora una cantina o un alloggio vetusto e malsano, in un quartiere urbano in attesa di essere rinnovato. […] La precarietà dell’alloggio impedisce anche di cercare un impiego, proprio quando lavorare sarebbe la sola chance di trovare la garanzia di un tetto. Immaginiamo d’altronde quali ostacoli all’impiego rappresenti l’abitare un luogo non servito da mezzi pubblici, un luogo in cui il lavoratore non può riposare adeguatamente, né lavarsi, né mantenere i propri vestiti presentabili. Senza alloggio decente, senza lavoro, talora senza domicilio, le famiglie più povere si trovano allo stesso tempo private di altri diritti; del diritto alla salute, tra l’altro. Vediamo nelle zone abitative più sfavorite, uomini ancora giovani, bloccati per i reumatismi perché tutta la loro giornata trascorre nel freddo, nell’umidità, fra le correnti d’aria. Vediamo madri di famiglia spossate dal mantenere, al prezzo di un sforzo titanico, il loro ménage in condizioni sub-umane. Vediamo bambini che, in alloggi malsani, spesso sovrappopolati, si feriscono, non dormono e sono sempre malati. Si trova allora rimesso in questione il diritto alla famiglia, essendo i bambini tolti ai genitori col pretesto che altrove saranno protetti meglio. Al limiti, i genitori possono essere dichiarati decaduti dalla patria potestà. Per questi bambini è compromesso anche il diritto all’istruzione. Gli studi statistici lo dicono senza ambiguità. A dispetto dei numerosi sforzi per democratizzare l’insegnamento, l’insuccesso scolastico resta, salvo eccezioni, il risultato delle condizioni socio-economiche delle famiglie. Resta da notare che l’assenza di diritti economici, sociali e culturali paralizza la vita associativa, la partecipazione sindacale e politica. […] Tutta una parte della popolazione nazionale non viene così ascoltata nelle cerchie in cui vengono consultati i partner sociali ufficialmente riconosciuti. Padroneggiando male la scrittura e la lettura, queste famiglie non comprendono neanche i programmi, Né addirittura i manifesti dei partiti politici. E non disponendo dei mezzi elementari della comunicazione, non possono spiegare la loro situazione di precarietà estrema, a degli uomini politici. Le famiglie in grande povertà, insomma, rivelano che l’assenza dei diritti economici, sociali e culturali compromette i diritti civili e politici, sebbene a priori considerati come quelli più facili da garantire. Queste famiglie ci obbligano ad approfondire la questione dell’indivisibilità dei Diritti dell’uomo. (Joseph Wresinski, La grande povertà, sfida posta ai Diritti dell’Uomo nel nostro tempo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Ottobre 2020ultima modifica: 2020-10-17T22:27:24+02:00da fraternidade
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