Giorno per giorno – 16 Settembre 2020

Carissimi,
“A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli” (Lc 7, 31-32. 35). “Questa generazione” non è solo quella contemporanea a Gesù, ma ogni generazione, compresa perció la nostra. La sentenza si colloca nel contesto dell’elogio che Gesù traccia di Giovanni Battista, nonostante questi, dalla prigione in cui era rinchiuso, preso da qualche dubbio circa l’attuazione di Gesù, così diversa da quella che egli aveva immaginato, gli avesse mandato dei discepoli a interpellarlo e a chiedergli chiarimenti (cf Lc 7, 18-19). Proposte diverse, quella del Battista e quella di Gesù, umanamente severa, austera, inflessibile e persino minacciosa, nel primo caso, divinamente conviviale, risanante, benevola e misericordiosa, nel secondo. Miranti entrambi, ciascuna a modo suo, a portare alla conversione, ma respinte, comunque, dalla gran parte della gente. Che preferisce stare a vedere come andrà a finire o chi avrà avuto ragione, senza però entrare nel gioco, senza accettare la sfida di una scelta, che si ponga l’obiettivo di cambiarci la vita e, poco a poco, a partire dalla testimonianza personale, cambiare quello che si può del mondo. Sapendo che la scelta, comporta sempre dei rischi, quello di compiere la scelta sbagliata, o anche la scelta giusta, ma perdente. Come quella che risulta agli occhi dei più quella della sequela di Gesù. Se i più (anche noi?) restano immobili nella loro ignavia, c’è però un resto, di cui Gesù può affermare: “Alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli”. Dove la sapienza è quella divina della Croce, dell’amore in perdita, come l’amore perde sempre, stoltezza agli occhi del mondo, che non riesce a scorgerne l’Oltre.

Il calendario, oggi, ci porta le memorie di Cornelio, papa di Roma, e Cipriano, vescovo di Cartagine, martiri; di Pavel Evdokimov, mistico e teologo ortodosso; e di François Xavier Nguyên Van Thuân, vescovo e testimone; i Martiri della Notte delle matite spezzate, in Argentina.

Presbitero romano, Cornelio, fu eletto papa nel 251. Durante il suo pontificato dovette occuparsi della situazione in cui si trovavano i cristiani che avevano apostatato durante la persecuzione. Nella Chiesa erano venute affermandosi due posizioni estreme: quella lassista di chi riteneva non doversi imporre nessun tipo di penitenza ai “lapsi” (i caduti) e quella intransigente di chi, come Novaziano (il primo antipapa della storia), sosteneva l’impossibilità del perdono. Cornelio dichiarò che la Chiesa può perdonare i caduti pentiti, può riammetterli ai sacramenti e reinserirli nella comunione piena, dopo opportune penitenze. Quando la persecuzione contro i cristiani ricominciò nel 253, sotto l’imperatore Gallieno, Cornelio fu esiliato a Centum Cellae (Civitavecchia), dove morì martire in seguito alle privazioni che dovette affrontare.

Cipriano nacque all’incirca nell’anno 200 in Africa del Nord. Avvocato famoso, divenne cristiano nel 246 e due anni più tardi fu scelto come vescovo di Cartagine. Per ciò che riguarda il problema dei “lapsi”, Cipriano assunse la stessa attitudine del vescovo di Roma. Durante la persecuzione di Valeriano, fu arrestato, processato e decapitato, il 14 settembre 258. Lasciò numerose lettere e trattati di teologia. Gli “atti” del suo martirio sono stati conservati fino ai nostri giorni.

Pavel Nicolaievic Evdokimov, considerato uno dei maggiori maestri della teologia e della spiritualità ortodossa del sec. XX, nacque a San Pietroburgo (Russia) il 2 agosto 1901. Suo padre morì assassinato quando Pavel aveva solo sei anni. Di famiglia aristocratica, allo scoppio della rivoluzione, si recò a Kiev, dove nel 1918 iniziò gli studi di teologia. Nel 1921, costretto all’esilio, si recò prima a Istanbul, dove si mantenne facendo il tassista, e, due anni più tardi, a Parigi, dove lavorando di notte come aiuto-cuoco, riuscì a portare a termine gli studi teologici, frequentando l’Istituto San Sergio, dove conobbe Serghei Bulgakov e Nicolai Berdiaev e dove, in seguito, insegnò teologia morale. Sposato nel 1927 a Natascia Brunel, ebbe da lei due figli. Durante la seconda guerra mondiale si prestò attivamente a salvare numerosi ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Direttore del Centro di Studi Ortodossi di Parigi, promosse un’intensa attività ecumenica e, durante l’ultima sessione del Concilio Vaticano II, fu invitato a parteciparvi come osservatore dal Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Morì a a Meudon, in Francia, il 16 settembre 1970.

François Xavier Nguyên Van Thuân era nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam). Discendeva da una famiglia di lunga tradizone cristiana, che annoverava nel suo albo genealogico numerosi martiri. Entrato in seminario, vi compì gli studi di filosofia e teologia fino alla sua ordinazione a prete, l’11 giugno 1953. Di ritorno da Roma, dove si era recato per laurearsi in Diritto Canonico, fu prima professore poi rettore del seminario e, dal 1967, vescovo do Nha Trang. Il 24 aprile 1975, Van Thuân venne nominato da Paolo VI Arcivescovo Coadiutore di Saigon (oggi Thành phố Hồ Chí Minh), ma pochi mesi dopo la sua nomina, il 15 agosto 1975, venne arrestato e inviato, senza processo né sentenza, in un “campo di rieducazione”, dove rimase per tredici anni, nove dei quali in isolamento assoluto. Non avendo potuto portare nulla con sé, né libri, né effetti personali, cominciò a raccogliere pezzetti di carta in cui annotava le frasi del Vangelo che ricordava. Furono circa trecento i biglietti che costituirono così la sua personalissima Bibbia, che l’accompagnò in quegli anni. Seppe conquistarsi l’amicizia di due guardie, che gli permisero di tagliare un pezzetto di legno per farsi una croce, e gli diedero un filo elettrico per intrecciare una catenina. Dirà: “Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l’evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l’amore verso Dio”. Scarcerato il 21 novembre 1988 ed espulso dal suo paese, Nguyên Van Thuân si recò in Italia, dove fu nominato Presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001 fu creato cardinale da Giovanni Paolo II. Morì il 16 settembre 2002, all’età di 74 anni.

Quella che è ricordata come la “Notte delle matite spezzate” rappresenta uno degli episodi più crudeli ed emblematici del terrorismo di Stato, inaugurato in Argentina nel 1976. Ebbe luogo a La Plata (Argentina), nella notte del 16 settembre 1976, quando vennero sequestrati sei studenti della Union Estudiantil Secundaria (UES), “colpevoli”, secondo le autorità, della partecipazione alle manifestazioni contro l’abolizione del tesserino che consentiva agli studenti liceali sconti sul prezzo dei libri di testo ed una riduzione del biglietto per l’utilizzo dell’autobus. I sei giovani erano: Francisco López Muntaner, María Claudia Falcone, Claudio de Acha, Horacio Angel Ungaro, Daniel Roberto Racero e María Clara Ciocchini, tutti di un’età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Grazie alla testimonianza di un altro giovane sequestrato che sopravvisse, Pablo Diaz, si potè ricostruire, nel processo che seguì la fine della dittatura, le torture subite da loro e da molti altri nelle settimane che precedettero la loro eliminazione violenta: scosse elettriche in tutto il corpo, le unghie strappate, manette ai polsi, una corda al collo, senza possibilità di lavarsi. Le ragazze violentate ogni notte. Senza però disanimare, per l’ansia di vivere, la certezza della libertà, le canzoni e le preghiere. Poi, solo il silenzio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.12, 31 – 13, 13; Salmo 33; Vangelo di Luca, cap.7, 31-35.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

Oggi, oltre al compleanno di Maria Paula, figlia di Marcinho e Urda, e a quello di Ném, festeggiamo gli ottantanni di Don Augusto, di cui noi del bairro siamo amici da quando, di anni, non ne aveva ancora sessanta. A lui dobbiamo, tra l’altro, l’iniziativa della creazione, qui da noi, tredici anni fa, del Centro comunitario che porta il nome del piccolo Giovanni Gavazzoli, la cui costruzione contò sull’autofinanziamento suo, di colleghi di lavoro e di altre persone generose della sua cerchia. Noi, a titolo di augurio, si è riusciti solo a scrivergli così: “Caro Augusto, / In un mondo attraversato, / non da oggi, / da pandemie di ogni tipo, / di cui quella all’ordine del giorno / non è la peggiore, / né la più virulenta, / anche se ne è, pur sempre, un segno, / che tu possa continuare ad essere / scialuppa di salvataggio per molti, / più sicura, / nell’ostinata azione quotidiana, / tra i metaforici marosi del tempo, / dei barchini cui si affidano, / per attraversare il Mediterraneo, / i disperati in cerca di illusori paradisi / che, anche se vi attraccheranno, / finiranno, il più delle volte, / per esserne respinti / o lasciati comunque ai margini. // Il bene c’è / e continua ad operare nascosto, / in silenzio e umiltà; / un giorno, forse, / come ci è stato promesso, / fiorirà in Regno per tutti. // Grazie per questa tua testimonianza. // E AUGURI da tutti noi. //

Bene, è tutto, per stasera. E, prendendo spunto dalla memoria di Pavel Evdokimov, ve ne proponiamo una citazione tratta dal suo libro “L’amore folle di Dio” (Edizioni Paoline), che, è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il fiat umano, proclamato dalla Vergine Maria da parte di tutti, esige la stessa libertà del Fiat creatore di Dio. Ed è per questo che Dio accetta di essere rifiutato, misconosciuto e respinto dalla ribellione della sua creatura. Sulla Croce, Dio contro Dio ha preso la parte dell’uomo. L’umanità da Adamo è arrivata allo Sheòl, buio soggiorno dei morti. Nell’ufficio del sabato della passione si canta: “Sei sceso sulla terra per salvare Adamo, e non trovandolo, o Maestro, sei andato a cercarlo fino negli inferni”. È dunque lì che il Cristo andrà a cercarlo, caricato del peccato e dei segni dell’Amore crocifisso, della preoccupazione sacerdotale del Cristo-Sacerdote per il destino di quelli che sono agli inferi. Se “il Regno di Dio è in mezzo a voi”, l’inferno vi è presente anch’esso. Tutta una parte del mondo moderno da cui Dio è escluso lo è già. Secondo san Giovanni Crisostomo, il battesimo non è soltanto morire e risuscitare con il Cristo, ma anche scendere agli inferi seguendo il Cristo. A differenza di Dante che Péguy rimproverava di scendere agli inferi “da turista”, ogni battezzato vi incontra il Cristo ed è la missione della Chiesa. Dio ha creato l’uomo come un’“altra libertà” ed il rischio che Dio ha assunto annuncia già “l’uomo dei dolori”, profila l’ombra della Croce, poiché secondo i Padri, “Dio può tutto, eccetto forzare l’uomo ad amarlo”. Nella sua attesa, Dio rinuncia alla sua onnipotenza, anche alla sua onniscienza, ed assume interamente la sua kènosis sotto la figura dell’Agnello immolato. Il suo destino fra gli uomini è sospeso al loro fiat. Prevede il peggio ed il suo amore è tanto più vigile, poiché l’uomo può rifiutare Dio e costruire la sua vita sul suo rifiuto, sulla sua ribellione. Chi lo trascina, l’amore o la libertà? Entrambi sono infiniti e l’inferno porta questa questione nella sua carne bruciante. (Pavel Evdokimov, L’amore folle di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Settembre 2020ultima modifica: 2020-09-16T22:31:15+02:00da fraternidade
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