Giorno per giorno – 06 Settembre 2020

Carissimi,
“Se il tuo fratello commette una colpa, và, ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te uno o due, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se non ascolterà neppure loro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano” (Mt 18, 15-17). Il capitolo 18 del vangelo di Matteo raccoglie in un unico discorso i detti di Gesù sulla vita comunitaria, sulle priorità e i valori che devono reggerla e sulle pratiche che aiutino a superare difficoltà e ostacoli. Il brano che abbiamo ascoltato stamattina, nella chiesa del monastero dove, da oggi (a numero limitato) abbiamo ripreso a celebrare l’Eucaristia, è quello relativo alla correzione fraterna. Non giureremmo che rappresenti davvero, come invece dovrebbe essere, la prassi corrente all’interno delle comunità cristiane, là dove si diano occasioni di conflitto. Tuttavia la Chiesa non manca di riproporcene i contenuti, nella speranza che non si lasci cadere nel vuoto l’insegnamento di Gesù, di cui si deve nel frattempo aver pensato che non abbia completato adeguatamente il processo d’incarnazione, rimanendo per così dire a mezz’aria, prigioniero della sua divinità, senza fare i conti con la realtà. Mentre lui, i piedi, li aveva ben piantati per terra, pur sognando altro da ciò su cui ci siamo pigramente assestati. Che fare, dunque, in caso di conflitto, divergenza, offesa, scandalo all’interno della comunità? Sapendo che valore primo, non negoziabile, che la guida, è la centralità, l’accoglienza, la cura di quanti sono considerati piccoli, ultimi, insignificanti nel Sistema-mondo. Che fare con chi ferisce non l’orgoglio di qualcuno, ma la presenza di Dio in mezzo a noi? La risposta sta nel dialogo ad oltranza, sempre rispettoso, dapprima a tu per tu, poi, in caso di resistenza, con due o tre testimoni, per garantirsi una maggior obiettività, poi, solo alla fine, in assenza di soluzione, non come di fronte a un tribunale dell’Inquisizione, ma ad un’assemblea di fratelli e sorelle, con il coinvolgimento di tutti. Qui si determinerà se è possibile continuare il cammino insieme, o se è preferibile prendere atto di un allontanamento (sperabilmente temporaneo), senza che questo significhi un atteggiamento persecutorio nei confronti di chi, a questo punto: “sarà come un pagano e un pubblicano”, nel senso che non si può da lui pretendere nulla in ordine alle responsabilità che assume chi fa parte della comunità, ma verso cui si dovrà uguale rispetto e amore come Gesù dice di Dio nel discorso della montagna “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 45). In attesa, chissà, che egli possa ripensarci. Anche per la preghiera a cui Gesù ci rimanda: “Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà” (v. 18).

I testi che la liturgia di questa XXIII Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.33, 7-9; Salmo 95; Lettera ai Romani, cap.13, 8-10; Vangelo di Matteo, cap.18, 15-20.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Chiese e comunità cristiane.

Oggi noi ricordiamo Charles Péguy, poeta di Dio.

Charles Péguy era nato il 7 gennaio 1873 a Orleans. Rimasto a pochi mesi orfano di padre, fu cresciuto dalla madre, impagliatrice di sedie, e dalla nonna e conobbe la vita dei poveri. Entrato a scuola, studiando sodo e cavandosela bene, riuscì a ottenere una serie di borse di studio che gli permisero di arrivare, nel 1894, all’universitá, dove fu allievo di Romain Rolland e del filosofo Henri Bergson, e dove maturò le sue convinzioni socialiste. Abbandonata l’universita, Péguy si dedicò per tre anni alla stesura del dramma Giovanna d’Arco, il fascino per la cui figura l’accompagnerà per tutta la vita. Nel 1897 sposò Charlotte Baudouin, sorella del suo miglior amico, Marcel, morto l’anno prima. Da lei avrà quattro figli. Nel 1898 a Parigi fondò con altri amici la “Libreria socialista Bellais”, ma l’esperienza non durò a lungo. Nel 1900 Péguy chiarì i caratteri della sua scelta socialista: “Noi siamo tra coloro cui non riesce per nulla di separare la rivoluzione sociale dalla rivoluzione morale, nel duplice senso che da un lato noi non crediamo che si possa realizzare profondamente, sinceramente, seriamente la rivoluzione morale dell’umanità senza operare l’intera trasformazione del suo ambiente sociale, e all’inverso noi crediamo che ogni rivoluzione esteriore sarebbe vana se non comportasse il dissodamento e il profondo rivolgimento delle coscienze”. Nello stesso anno fondò la rivista quindicinale Cahiers de la quinzaine, di taglio socialista e dreyfusista (dal nome di Alfred Dreyfus, un ufficiale francese ebreo che, accusato falsamente di tradimento, divise in quel tempo la Francia, e che Péguy difese accanitamente). Nel 1908, staccatosi dal socialismo ufficiale, ma non dai suoi ideali, confidò ad un amico di aver ritrovato la fede cattolica dei suoi primi anni. Per rispetto e amore della moglie che restava su posizioni agnostiche, non le propose di “regolarizzare” il matrimonio con il rito religioso, né di battezzare i figli. Convinto com’era che “Ci si deve salvare insieme. Non possiamo andare a Dio da soli. Lui ci chiederebbe subito: Gli altri dove sono?”. Negli anni successivi scrisse altri libri, a carattere religioso e mistico, che editorialmente si rivelarono un fallimento. Inviso agli antichi compagni, guardato con sospetto dai cattolici, Péguy, volta a volta pacificato e angosciato, continuò la sua personalissima battaglia, in cui convinzioni, vita, arte, teologia, diventano preghiera e dialogo con Lui. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si arruolò nella fanteria, come tenente della riserva. Inviato al fronte, cadde colpito a morte, a Villeroy, il 5 settembre 1914, primo giorno della battaglia della Marna.

Bene, è tutto, anche per stasera. Noi ci si congeda qui, con una citazione di Charles Peguy, tratta dal suo “Il portico del mistero della seconda virtù”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce. / Me stesso. / Questo è stupefacente. / Che quei poveri figli vedano come vanno le cose e che credano che andrà meglio domattina. / Che vedano come vanno le cose oggi e che credano che andrà meglio domattina. / Questo è stupefacente ed è proprio la più grande meraviglia della nostra grazia. / E io stesso ne sono stupito. / E bisogna che la mia grazia sia in effetti di una forza incredibile. / E che sgorghi da una fonte e come un fiume inesauribile. / Da quella prima volta che sgorgò e da sempre che sgorga. / Perché le mie tre virtù, dice Dio. / Le tre virtù mie creature. / Sono esse stesse come le mie altre creature. / Della razza degli uomini. / La Fede è una Sposa fedele. / La Carità è una Madre. / La Speranza è una bambina da nulla. / … / La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi e non si nota neanche… / E non si fa attenzione, il popolo cristiano non fa attenzione che alle due sorelle grandi. / La prima e l’ultima. / E non vede quasi quella che è in mezzo. / La piccola, quella che va ancora a scuola. / E che cammina. / Persa nelle gonne delle sue sorelle. / E crede volentieri che siano le due grandi che tirino la piccola per la mano. / In mezzo. / Tra loro due. / Per farle fare quella strada accidentata della salvezza. / Ciechi che sono che non vedono invece / Che è lei nel mezzo che si tira dietro le sue sorelle grandi. / E che senza di lei loro non sarebbero nulla. / Se non due donne già anziane. / Due donne di una certa età. / Sciupate dalla vita. / E’ lei, quella piccina, che trascina tutto. / Perché la Fede non vede che quello che è. / E lei vede quello che sarà. / La Carità non ama che quello che è. / E lei, lei ama quello che sarà. / Dio ci ha fatto speranza. Ha cominciato. Ha sperato che l’ultimo dei peccatori, / Che il più infimo dei peccatori lavorasse almeno un po’ alla sua salvezza, / Sia pure poco, poveramente, / Che se ne sarebbe occupato un po’. / Lui ha sperato in noi, sarà detto che noi non spereremo in lui? // (Charles Peguy, Il portico del mistero della seconda virtù).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Settembre 2020ultima modifica: 2020-09-06T22:30:14+02:00da fraternidade
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