Giorno per giorno – 05 Settembre 2020

Carissimi,
“Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?” (Lc 6, 1-2). Meschinità di quei religiosi che, come troppo spesso accade, usano la Legge mosaica (la religione) per cogliere in castagna, giudicare e condannare. Senza rendersi conto che, proprio nel fare questo, sono i primi a trasgredirla, distorcendone il senso. Così, anche il Sabato, dato da Dio come dono per il riposo e il godimento dei suoi figli e figlie, e non solo di loro, ma dell’intera natura, è ridotto a un soffocante precetto, della cui osservanza c’è sempre qualcuno che si erge a guardiano. E ciò che è detto del sabato, vale per la domenica e per ogni altro segno della presenza e del passaggio liberante del Signore nelle nostre vite, in cui l’azione della grazia e della gioia trasmessa dal Vangelo, si traduce in una nuova schiavitù e in mortifero elenco di proibizioni. Anticipo delle quali, non a caso, era stato offerto dal serpente nell’Eden: “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?” (Gen 3, 1). Mentre Dio aveva detto proprio il contrario: “Potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino” (Gen 2, 16), ad eccezione di quell’albero, il cui frutto consiste nell’arbitrario capovolgimento del significato di Dio e della vita – da dono a rapina, da servizio a dominio, da libertà a oppressione – e che, per questo, introduce a una logica di morte. Gesù ci si presenta come “signore del sabato” (v. 5), suo più vero significato. Così, possiamo dire che egli “è” il nostro sabato, il nostro riposo, il compimento di ogni nostra aspirazione. Come dirà s. Agostino, “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Liberati da un uso distorto della Legge, della religione, siamo consegnati alla libertà dei figli di Dio, non per ritenerci liberi di fare tutto e il contrario di tutto, ma per servire Dio, che è servizio alla vita, nel prenderci cura del nostro prossimo e del creato.

Oggi è memoria di Madre Teresa di Calcutta, missionaria della carità, e di Maria di Campello, sorella universale.

Gonxha Agnes Bojaxhiu, la futura madre Teresa, nacque a Skopje, in Albania, il 26 agosto 1910, quinta figlia di Nikola e Drane Bojaxhiu. A diciotto anni entrò nella Congregazione religiosa di Nostra Signora di Loreto, in Irlanda. Nel 1946 ricevette una nuova chiamata da Dio a servire i più poveri tra i poveri: i “dimenticati”della società, gli esclusi, abbandonati nelle strade, che non son utili a nessuno e non servono a nulla – né per essere sfruttati come forza-lavoro, né per integrare le avanguardie di qualsivoglia rivoluzione. Lasciato il convento, iniziò, vestita semplicemente di un “sari” bianco, bordato d’azzurro, a contemplare, convivere e amare Gesù nel volto e nei corpi piagati della gente di strada di Calcutta. Presto, altre donne – tra cui molte sue ex-alunne – si unirono a lei. Nacquero così le Missionarie della Carità, che nel 1965, il papa Paolo VI autorizzò a lavorare anche in altri paesi. Furono aperti centri ovunque, per assistere malati di hanseniasi, anziani, ciechi, aidetici e per accogliere bambini poveri e abbandonati. Madre Teresa morì il 5 settembre 1997.

Nata a Torino, il 24 gennaio 1875, Valeria Paola Pignetti era entrata nel 1901 nella Congregazione delle Francescane Missionarie di Maria. Durante la prima guerra mondiale, nell’ospedale angloamericano di Roma, si occupò dell’assistenza ai feriti di guerra. E fu allora che maturò in lei la vocazione ad una vita più povera e più vicina ai poveri, come doveva essere la comunità cristiana delle origini. Ottenuto, nel 1919, il permesso di lasciare l’ordine, si stabilisce in Umbria. Con l’aiuto della prima compagna, Amata, di comunione anglicana, compra e ristruttura un vecchio conventino, a Campello sopra le fonti del Clitumno. Lì nel 1926, in cinque compagne danno vita ad una singolare esperienza di vita secondo l’Evangelo, basata sull’amore fraterno, sulla preghiera, il lavoro e l’accoglienza. In una vita pienamente conformata all’esistenza povera dei loro vicini. Un aspetto la caratterizza particolarmente, quello che oggi chiameremmo un ecumenismo senza confini e un’attenzione e preoccupazione costanti per la storia comune degli uomini. Conobbe e dialogò con testimoni di spicco della radicalità evangelica e della vicenda spirituale del suo tempo. Persone come p. Turoldo e p. Vannucci, don Mazzolari, Donini, Sabatier, Heiler, Gandhi e Schweitzer. Non godette per questo, a lungo, delle simpatie della gerarchia ecclesiastica. Senza troppo crucciarsene, per altro, immersa com’era dentro la grande comunione che raggiunge tutti, anche coloro che ti si vogliono nemici. Sorella Maria morì il 5 settembre 1961. Un giorno, scrivendo a Gandhi, aveva detto di sé: “Io sono creatura selvatica e libera in Cristo, e voglio con Lui, con te, con voi, con ogni fratello cercatore di Dio, camminare per i sentieri della verità”. Dell’antica comunità, dopo la scomparsa di Brigitte, il 26 novembre 2006, resta Daniela Maria, come testimone di quella bella avventura dello Spirito. A lei si sono aggiunte negli ultimi anni altre tre sorelle, Monica, Lucia e Danielina.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.4, 6b-15; Salmo 145; Vangelo di Luca, cap. 6, 1-5.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Maria dell’Eremo di Campello, tratta dalla raccolta “Sorella Maria parla”, pubblicata a cura dell’Eremo. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
A volte sentiamo in noi e attorno a noi maggiore tormento, se l’offriamo si trasforma in pace per qualcuno, ed è quello che più possiamo desiderare… A me quello che importa è la pace di un essere… Per me il miracolo sulla terra, nella vita fisica e spirituale, è la pace, perché tutto, salvo la Natura per chi l’ama, la musica, la poesia… ci porterebbe a turbamento, a travaglio, a perplessità, a dubbio, a contaminazione. … Anche nell’amicizia sacra non c’è sempre pace, c’è contrasto, c’è la sofferenza scambievole. …Togliere pace coi nostri difetti, malinconia, esagerazione… che responsabilità; costa tanto sforzo la pace, è grave non farsi scrupolo di diminuirla e il distruggerla… Non basta desiderare la pace e inseguirla, bisogna amarla, desiderarla a qualunque costo, saper rinunziare costantemente a una parola, a un’espressione di volto, a un gesto che possono turbarla. (Sorella Maria parla).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Settembre 2020ultima modifica: 2020-09-05T22:18:19+02:00da fraternidade
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