Giorno per giorno – 01 Agosto 2020

Carissimi,
“In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui. Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: Non ti è lecito tenerla con te!” (Mt 14, 1-4). Il potere e la paura della verità. A dire il vero, Gesù non aveva denunciato le malefatte di Erode, come aveva fatto Giovanni, ma il suo annuncio di un regno altro, doveva turbare i sonni del tetrarca con i fantasmi di una possibile cospirazione, tanto quanto la predicazione del Battista. In ballo c’era ben altro che il suo adulterio, per aver sposato la moglie del fratellastro. Come specifica Luca, egli lo rimproverara “per tutte le malvagità che aveva commesso” (Lc 3. 19). C’era dunque un adulterio nei confronti dell’intero popolo, tradito a tutto vantaggio della famiglia e della corte. “Venne dunque il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato” (v. 6-7). Stamattina si pensava alla nostra situazione, qui in Brasile, e all’Erode-Bolsonaro, che ne regge (anzi, ne distrugge) le sorti, soprattutto in questa epoca di pandemia, che si avvia a registrare i tre milioni di contagi e le centomila vittime. La danzatrice che intontisce e confonde gli animi è figura di diverse categorie a vario titolo presenti sulla scena mediatica, negazionisti, cospirazionisti, terraplanisti, cristofascisti (un osceno ossimoro, reso possibile dalla predicazione di alcune chiese e movimenti) e chi più ne ha più ne metta. L’importante è che i privilegiati di sempre (Erodiade) l’abbiano vinta con guadagni miliardari anche in situzioni come queste in cui sono soprattutto i poveri a morire. Per farsene un’idea, le statistiche registrano che 42 miliardari brasiliani hanno aumentato le loro fortune di 34 miliardi di dollari da marzo a giugno di quest’anno, passando da 123 miliardi di dollari a 157. Mentre è previsto che in America Latina e Caraibi, 40 milioni perderanno il lavoro e 52 milioni entreranno nella fascia di povertà. A fronte di questo c’è la coraggiosa, profetica, denuncia presentata da 152 vescovi di questo Paese in una lunga e dettagliata lettera diretta al Popolo di Dio. A loro finora è stata risparmiata la testa, ma non c’è da dubitare che si stia per scatenare contro di loro la furia del governo e dei suoi sostenitori. Certo, poi, accanto a tutto questo, il nostro Giovanni Battista interiore non puó mancare di segnalare i nostri opportunismi, contraddizioni, “adulteri” nei confronti dell’annuncio e testimonianza del Regno, che si registrano nel nostro quotidiano, ogni volta che l’egoismo prevale sulla scelta del dono di sé. Che il buon Dio ci mantenga (o ci riporti) sempre sulla retta strada!

Il calendario ci porta oggi le memorie di Pierre Claverie, pastore e martire in Algeria; di Gerhard Hirschfelder, prete e martire sotto il nazismo; e di Teófilo Cabestrero, missionario della Parola e teologo della liberazione.

Pierre Claverie nacque a Bab el Oued l’8 maggio 1938, in una famiglia di pieds-noirs stabilitasi in Algeria da parecchie generazioni. Ancor giovane maturò la vocazione religiosa, ma prima di decidersi al passo, si recò a Grenoble, per studiarvi scienze matematiche. Nel dicembre 1958, entrò nel noviziato domenicano di Lille e, dopo gli studi di filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote il 4 luglio 1965, facendo poi ritorno in Algeria, che nel frattempo aveva conquistato la sua indipendenza. Nominato, nel 1972, direttore del centro diocesano delle Glycines, in Algeri, seppe fare di questo lo strumento privilegiato per lo studio del mondo arabo, ma anche per lo scambio, il dialogo e l’amicizia tra cristianesimo e islam. Il 9 ottobre 1981, nella cattedrale di Algeri, alla presenza di moltissimi amici musulmani, fu ordinato vescovo di Orano, dove rimase per quindici anni, fino alla morte. Il progressivo deterioramento della situazione politica e sociale del paese, che si registrò negli anni successivi, portò Claverie a rendere pubbliche le sue convinzioni e le sue denunce. A chi gli chiedeva: “Perché rimanete?”, rispondeva: “Noi siamo qui a causa di questo Messia crocifisso. A causa di niente e di nessun altro! Non abbiamo nessun interesse da salvare, nessuna influenza da mantenere… Non abbiamo nessun potere, ma siamo qui come al capezzale di un amico, di un fratello malato, in silenzio, stingendogli la mano, asciugandogli la fronte. A causa di Gesù perché è lui che sta soffrendo qui, in questa violenza che non risparmia nessuno, crocifisso di nuovo nella carne di migliaia d’innocenti”. Entrato nel mirino delle bande mafiose che, dietro lo scudo del fondamentalismo, si contendevano (e si contendono) sanguinosamente il controllo del paese, nove settimane dopo l’assassinio dei sette monaci trappisti del monastero di Nostra Signora dell’Atlante, a Tibhirine, mons. Pierre Claverie morì vittima di una bomba esplosa davanti al vescovato di Orano, la notte del 1° agosto 1996. Il suo autista, Mohamed Bouchikhi, musulmano, morì con lui.

Gerhard Hirschfelder era nato il 17 febbrao 1907 a Glatz (oggi Kłodzko), in Slesia e fu ordinato prete della diocesi di Praga nel 1932. Cappellano a Grenzeck (l’odierna Czermna) fino al 1939 e poi a Habelschwerdt (Bystrzyca Kłodzka), fu responsabile per la Pastorale giovanile della diocesi. Dopo l’annessione della regione alla Germania, e la successiva occupazione dell’intera Cecoslovacchia, padre Hirschfelder non esitò a denunciare nelle sue omelie la violenza, gli abusi e l’idolatria del regime nazista, svolgendo nel contempo un’accurata opera di educazione alla libertà tra i giovani affidati alle sue cure pastorali. Questo portò, il 1º agosto 1941, al suo arresto e alla sua detenzione nella famigerata fortezza di Glatz. Durante la sua prigionia ebbe modo di scrivere un’impressionante Via Crucis e una serie di profonde riflessioni su sacerdozio, matrimonio e famiglia. Il 15 dicembre dello stesso anno, venne deportato nel campo di concentramento di Dachau (matricola 28972). Lì si unì a un gruppo organizzato da padre Joseph Fischer, formato da preti del movimento di Schönstatt, fondato dal padre Josef Kentenich. A Dachau, padre Hirschfelder morì di fame e di polmonite, il 1º agosto 1942.

Ultimo dei cinque figli di Maria Paz Rodríguez e di Marciano Cabestrero, Teófilo era nato a Calatayud (Saragozzza, Spagna) nel 1931. Conclusi gli studi nella sua città natale, membro della Congregazione Mariana, guidata a quel tempo da padre Zubiri, clarettiano, decise, come molti altri giovani di Calatayud di entrare nella famiglia religiosa del suo mentore. Dopo il noviziato, completò gli studi in filosofia e teologia fino al dottorato e alla specializzazione in Pastorale e Catechesi. Nel 1979 fu inviato come missionario in America Latina, passando attraverso una innumerevole serie di esperienze al servizio missionario della parola, pubblicando libri pastorali su ciascuno dei diversi tempi liturgici, offrendo copertura giornalistica alla Conferenza di Puebla per la rivista Vida Nueva, facendo conoscere i primi passi della Missione Clarettiana del Mato Grosso con mons. Casaldáliga; partecipando alla prima squadra missionaria che aprì la Missione Paraguayana Yhú nella provincia di Aragón. Accompagnò la Rivoluzione del Nicaragua (che tristezza avrebbe provato in questi giorni nel constatarne il tradimento) con la rivista Amanecer e il Centro Valdivieso. Creò, in seguito, il Laboratorio di Materiali per l’Evangelizzazione a Colón e Panama, senza interrompere il concreto lavoro pastorale nell’accompagnamento al noviziato e alla sua parrocchia, in Guatemala, dove si è spento il 1º agosto 2016, all’età di 85 anni. Ebbe a scrivere: “L’indifferenza è un disamore silenzioso, e siccome non fa rumore, viene ignorato come se non esistesse, ma esiste ed è distruttivo, che se ne abbia o no consapevolezza. L’indifferenza verso chiunque, soprattutto verso le persone che hanno bisogno di noi nelle loro sofferenze e necessità, è una forma silenziosa di disamore che ci disumanizza. Le cause dell’indifferenza possono essere molte. Alcune cause sono gli atteggiamenti “passivi” (insensibilità, apatia, pigrizia, timidezza, inibizione, paura o complessi di inferiorità). Altri atteggiamenti sono cause attive (egocentrismo, orgoglio, arroganza, antipatia, disinteresse o disprezzo, complesso di superiorità, razzismo, xenofobia, omofobia, ecc). È comune al giorno d’oggi vivere assorbiti o dominati da troppi problemi e interessi personali, che ci impediscono di pensare agli altri e di preoccuparci per coloro che sono vittime e soffrono situazioni difficili o ingiustizie disumane, a volte terribili. La mancanza di empatia e di compassione (il non sapere e non volere soffrire con chi soffre) sta generando una disumanizzazione silenziosa molto comune nel nostro mondo”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap. 26,11-16.24; Salmo 69; Vangelo di Matteo, cap.14,1-12.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di mons. Pierre Claverie, tratto dal suo libro “Lettere dall’Algeria” (Edizioni Paoline), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Oggi non c’è nulla di più necessario e di più urgente che creare luoghi umani in cui si impara a guardarsi, ad accettarsi, a collaborare e a mettere in comune le eredità culturali che fanno la grandezza di ognuno. Il pluralismo mi sembra una delle sfide più grandi del nostro tempo. La nostra tavola rotonda ne è l’immagine. Siamo vicini gli uni agli altri e viviamo gli uni a casa degli altri: continueremo a perpetuare le nostre liti e le nostre guerre? Ritorneremo alle nostre conquiste e a rilanciare i nostri anatemi, lasciando via libera alla nostra volontà di potenza e di sopraffazione? È vero che ognuno di noi porta un messaggio, una verità, una convinzione che cerca di far condividere. Ciascuno di noi è plasmato da una cultura particolare, attraverso la quale entra in comunicazione con gli altri. Siamo proprio degli estranei gli uni agli altri. Sarebbe un’illusione pensare di poter raggiungere l’umanità comune, spogliata delle sue impronte storiche, carnali, concrete. E tuttavia, ci rendiamo conto che queste caratteristiche non ci devono chiudere nei nostri particolarismi: le avventure coloniali e missionarie del secolo scorso ci hanno insegnato che c’era una vera perversione nel credere di realizzare in se stessi l’universale e che perciò si aveva il diritto (divino) di imporsi a tutti come la perfezione assoluta. Se si tratta di Dio, sappiamo che si trova infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo concepire al suo riguardo e che non abbiamo mai finito di scoprirlo. Se si tratta dell’uomo, sappiamo adesso un po’ di più che lo specchio in frantumi delle nostre identità deve essere ricomposto per riflettere l’uomo perfetto di cui parla, fra gli altri, Ibn Arabi. Da quel momento l’estraneo (l’altro) riveste un’importanza vitale per ognuno. (Pierre Claverie, Lettere dall’Algeria).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Agosto 2020ultima modifica: 2020-08-01T22:24:54+02:00da fraternidade
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