Giorno per giorno – 26 Luglio 2020

Carissimi,
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra” (Mt 13, 44-46). Stamattina, alcuni di noi hanno potuto celebrare l’Eucaristia nel piccolo santuario dell’Aparecida, che sorge a una dozzina di chilometri dalla città. Il tutto, seguendo con cura le norme previste dalla persistente pandemia (misurazione della temperatura, igienizzazione delle mani, mascherina, non più di due persone per banco). Presiedeva dom Eugenio che, come quando capita di celebrare in simili spazi, dà all’omelia un carattere più dialogico, dove nessuno si sente intimidito a intervenire. Così ha cominciato col chiedere: cosa sarà mai questo tesoro, o questa perla preziosa, per conseguire i quali si è disposti a rinunciare a tutto il resto? E uno che era stato attento alla prima lettura, azzarda: la saggezza, per ottenere la quale Salomone non chiedeva altro. E una signora, al primo banco, dice: È Gesù. E un altro, facendo sintesi delle due risposte: È la croce di Gesù, che manifesta la sapienza di Dio, che è stoltezza per il mondo. Già, chiede ancora il vescovo, ma cos’è la croce? E quello di prima: È dove si manifesta l’amore infinito di Dio per l’uomo, il suo desiderio di salvezza di tutti, a costo della propria vita. È davvero una cosa bella, grandiosa, imbattersi in questa scoperta. Ma perché è detto, che l’uomo nasconde il tesoro? Dice uno: Perché il campo non è ancora suo. E cosa significa questo per noi? Silenzio. Comprare il campo, dice dom Eugenio, esige che si sia disposti a investire tutto ciò che siamo, la nostra vita, per entrare in possesso del tesoro. In altre parole, se abbiamo davvero scoperto che il tesoro è l’amore incondizionato di Dio, il dono della vita per la vita di tutti, devo essere disposto a investire in questa verità tutto me stesso. E, con gioia, dice il vangelo. Se non c’è gioia, non c’è vangelo, non c’è Gesù, non c’è Dio. Un cristianesimo triste è incoerente col tesoro prezioso che si è trovato. Vuol dire che non lo si è ancora trovato. È qualcosa d’altro che non vale la pena. E noi, l’abbiamo trovato, questo tesoro?

I testi che la liturgia di questa XVII Domenica del Tempo Comune sono tratti da:
1° Libro dei re, cap.3, 5. 7-12; Salmo 119, 57.72.76-77.127-130; Lettera ai Romani, cap.8, 28-30; Vangelo di Matteo, cap.13, 44-52.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Comunità e Chiese cristiane.

Oggi, anglicani, cattolici e veterocattolici celebrano la memoria di Gioacchino e Anna, genitori della beata vergine Maria. Altre chiese li ricordano in date differenti. Da noi, S. Anna è anche patrona dello Stato e della città di Goiás, oltre che della nostra diocesi e della parrocchia della cattedrale. Inoltre, lei e il marito, sono protettori e modello dei “nonni” nel generare figli e figlie, che generino a loro volta Gesù (e il suo significato) nelle loro vite. Noi ricordiamo anche P. Jacques Hamel, curato di campagna e martire.

A dire il vero, che i genitori della madre di Gesù si chiamassero proprio Gioacchino e Anna, ce lo dice solo l’apocrifo Protoevangelo di Giacomo. I Vangeli canonici, infatti, non li menzionano e non ne sanno nulla. Secondo quel racconto, la sposa di Gioacchino, dopo una lunga sterilità, avrebbe impetrato dal Signore la nascita di Maria, che sarebbe divenuta la madre di Gesù, con la promessa di consacrarla a Lui. E tutto si realizzò. A noi piace pensarli come una coppia di semplici contadini, laboriosi e devoti come si conviene, cui la giovane figlia dev’essere costata qualche grattacapo. Ma, anche per lei, visti i risultati, ne valse la pena. Come si vorrebbe per noi tutti.

Jacques Hamel era nato il 30 novembre 1930 a Darnétal, una località a circa 5 chilometri da Rouen, in Normandia. Ordinato sacerdote il 30 giugno 1958, era stato nominato vicario nella chiesa di Sant’Antonio di Le Petit-Quevilly, poi, nel 1967, a Notre-Dame de Lourdes di Sotteville-lès-Rouen. Nel 1975 divenne parroco a Saint-Pierre-lès-Elbeuf, passando poi a Cléon nel 1988. Nel 2000 entrò a far parte della chiesa di Saint-Étienne (arcidiocesi di Rouen), e nel 2005, a 75 anni, quando sarebbe potuto andare in pensione, preferì rimanere come prete ausiliario, celebrando Messa, amministrando i sacramenti, animando un gruppo di ricerca spirituale e di studio della Parola e dando corsi di catechismo. La mattina del 26 luglio 2016, mentre celebrava messa, due uomini armati di coltelli, risultati poi affiliati al Daesh, entrarono in chiesa e presero in ostaggio lui, due suore e altri due fedeli. Una religiosa riuscì ad allontanarsi e a dare l’allarme. Arrivata in forze, la polizia effettuò un blitz che portò all’uccisione dei due assalitori, senza però evitare che questi sgozzassero l’anziano sacerdote. Ai funerali, celebrati nella cattedrale di Rouen, il 2 agosto, parteciparono migliaia di persone, comprese folte rappresentanze di fedeli ebrei e musulmani. Nell’ottobre dello stesso anno, Papa Francesco autorizzò l’apertura del processo di beatificazione.

Non sappiamo se sia così anche da voi, ma, come facevamo capire più sopra, qui in Brasile, oggi si celebra la festa dei nonni. In questo variegato istituto famigliare, i nonni, ma soprattutto le nonne, rappresentano spesso un elemento di fondamentale importanza. Come già ci è capitato di ricordare in passato, proprio quando raggiungono l’età in cui potrebbero e, più ancora, dovrebbero, riposare, gli tocca invece riconciare da capo, passando, senza soluzione di continuità, dalla cura dei figli a quella di nipoti e pronipoti. Perché un figlio, o una figlia, hanno deciso di metterne al mondo uno anche loro, forse troppo presto (o, se non l’hanno deciso, è comunque successo), o si sono separati e, qualche volta, riaccasati, o si sono rimessi a studiare, o sono andati altrove a cercare lavoro, o hanno preso la strada dell’alcool o della droga, o sono in prigione, o sono stati ammazzati. Forse, qualcosa di simile, accade anche lì. Nel senso di nonni che, giorno per giorno, si perdono, come ne sono capaci, nello star dietro ai piccoli che sono stati loro affidati. Con la speranza stretta tra i denti che possano conoscere un futuro migliore di quello che l’oggi lascia intravedere. E, anzi, che loro siano questo futuro migliore. Come, neppure Gioachino e Anna, avrebbero immaginato per il piccolo figlio della loro Maria.

È tutto, per stasera. E, prendendo spunto dalla festa di nonni, scegliamo di congedarci con un brano del discorso rivolto a loro da papa Francesco, nell’occasione, appunto, della loro festa, nel 2016. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La Chiesa guarda alle persone anziane con affetto, riconoscenza e grande stima. Esse sono parte essenziale della comunità cristiana e della società. In particolare rappresentano le radici e la memoria di un popolo. Voi siete una presenza importante, perché la vostra esperienza costituisce un tesoro prezioso, indispensabile per guardare al futuro con speranza e responsabilità. La vostra maturità e saggezza, accumulate negli anni, possono aiutare i più giovani, sostenendoli nel cammino della crescita e dell’apertura all’avvenire, nella ricerca della loro strada. Gli anziani, infatti, testimoniano che, anche nelle prove più difficili, non bisogna mai perdere la fiducia in Dio e in un futuro migliore. Sono come alberi che continuano a portare frutto: pur sotto il peso degli anni, possono dare il loro contributo originale per una società ricca di valori e per l’affermazione della cultura della vita. […] E’ importante anche favorire il legame tra generazioni. Il futuro di un popolo richiede l’incontro tra giovani e anziani: i giovani sono la vitalità di un popolo in cammino e gli anziani rafforzano questa vitalità con la memoria e la saggezza. E parlate con i vostri nipotini, parlate. Lasciate che loro vi facciano domande. Sono di una peculiarità diversa dalla nostra, fanno altre cose, a loro piacciono altre musiche…, ma hanno bisogno degli anziani, di questo dialogo continuo. Anche per dare loro la saggezza. Mi fa tanto bene leggere di quando Giuseppe e Maria portarono il Bambino Gesù – aveva 40 giorni, il bambino – al tempio; e lì trovarono due nonni [Simeone e Anna], e questi nonni erano la saggezza del popolo; lodavano Dio perché questa saggezza potesse andare avanti con questo Bambino. Sono i nonni ad accogliere Gesù nel tempio, non il sacerdote: questo viene dopo. I nonni. E leggete questo, nel Vangelo di Luca, è bellissimo! Cari nonni e care nonne, grazie per l’esempio che offrite di amore, di dedizione e di saggezza. Continuate con coraggio a testimoniare questi valori! Non manchino alla società il vostro sorriso e la bella luminosità dei vostri occhi: che la società possa vederli! Adesso preghiamo la nonna di Gesù, Sant’Anna; preghiamo Sant’Anna, che è la nonna di Gesù, e lo facciamo in silenzio, un attimino. Ognuno chieda a Sant’Anna che ci insegni a essere buoni e saggi nonni. (Papa Francesco, Discorso alla Festa dei nonni, 2016).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Luglio 2020ultima modifica: 2020-07-26T22:23:06+02:00da fraternidade
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