Giorno per giorno – 16 Luglio 2020

Carissimi,
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11, 28-30). Oggi pomeriggio ci dicevamo con Dorvando: se riuscissimo a capire che tutto questo è detto di Dio, come cambierebbe l’immagine che noi abbiamo di Lui, e come sarebbe differente la percezione che si ha, e che prospettiamo così spesso agli altri, della religione! Stanchi e oppressi lo si è per molte ragioni al mondo, per ciò che ci trasmettono i notiziari, di violenze, traffici illeciti, guerre, fame, miserie, malattie, che infestano il mondo, per ciò che viviamo spesso nelle nostre case, o sul lavoro, per chi ha la fortuna di avere un lavoro, quand’anche informale, come chi vende spiedini all’angolo della strada (che oggi viene considerato piccolo imprenditore); e non bastasse il peso che ci viene da fuori, dalle ingiustizie del mondo, e che ci portiamo dentro, per le ferite che ci riserva la vita, ci si mette spesso anche la religione a opprimerci e a spaventarci con i suoi fantasmi, le sue ossessioni, le sue prescrizioni, norme, minacce, giudizi, condanne. Di chi, nella migliore delle ipotesi, non ha capito niente di Dio, o, nella peggiore, lo manipola consapevolmente a suo vantaggio. Gesù ci dice: venite a me, io sono il vostro riposo più vero, la fine delle vostre angosce; il giogo che vi impongo, se lo accettate, lo porto io con voi ed è più leggero di ogni vostro possibile peso: è la buona notizia dell’amore incondizionato di Dio che insieme a me siete chiamati a testimoniare nel mondo. E noi, vorremo rifiutarlo?

Il calendario ci porta, in questa data, la memoria della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Prima di estendersi a tutta la Chiesa, questa era stata una festa devozionale sorta per iniziativa di alcuni eremiti latini che, nel sec. XI, vivevano sulle pendici del Monte Carmelo, in Israele, e che là avevano costruito una cappella, in cui veneravano un’icona della Madonna. Essi scelsero di chiamarsi Fratelli della beata Vergine Maria del Monte Carmelo, desiderando avere in Maria la sorella che li aveva preceduti nel cammino di fede e il modello di apertura e accoglienza generosa al disegno di Dio. Nei secoli successivi, quest’ordine religioso avrebbe contato nelle sue file alcune delle maggiori figure della spiritualità cristiana: Giovanni della Croce, Teresa d’Avila, Teresina di Lisieux. Noi vorremmo ricordare anche frei Carlos Mesters, che qui in America Latina è senza dubbio il carmelitano più conosciuto e amato, per il lavoro e la dedicazione profusi nel far conoscere e amare la Bibbia, soprattutto tra i ceti più poveri e nelle comunità ecclesiali di base.

Il martirologio latino-americano ci porta anche la memoria di José Gumilla, gesuita, difensore degli Indios.

José Gumilla era nato a Cárcer, in Valencia (Spagna) il 3 maggio 1686 e quand’era ancora studente diciannovenne si recò con altri quarantadue missionari gesuiti in Nuova Granada (oggi Colombia). Dopo aver completato i suoi studi nell’Università Saveriana a Bogotà, fu ordinato sacerdote nel 1714. Da allora si dedicò per trentacinque anni a creare “reducciones”, villaggi indigeni autogestiti, e a portare avanti i suoi studi di scienze naturali, geografia, economia, medicina indigena, e degli idiomi parlati nel bacino dell’Orinoco. Nelle reducciones, Gumilla era insieme falegname, muratore, scultore, pittore, medico e avvocato. E anche prete, ovviamente. Riuscì a conquistare la stima e l’affetto degli indigeni al punto che costoro, quando giunse in visita il Superiore provinciale, temendo che potesse portarlo via, chiesero a Gumilla il permesso di ucciderlo. Riuscì, tuttavia, a convincerli che era meglio di no. Nel 1738, quando si recò a Roma come procuratore della sua Provincia, cominciò a redigere il suo capolavoro “L’Orinoco illustrato”, pubblicato poi a Madrid nel 1741. Tornò in Sud America nel 1743, e vi restò fino al 1750, quando morì, nella missione di Los Llanos il 16 luglio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.26, 7-9.12.16-19; Salmo 102; Vangelo di Matteo, cap.11, 28-30.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, e, prendendo spunto dalla memoria mariana odierna, vi offriamo in lettura un brano della Lettera inviata da Fr. Míceál O’Neill, Priore generale dell’Ordine Carmelitano, in occasione della solennità della Vergine del Carmelo. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Generare, prendersi cura e proteggere sono alcuni dei carismi che vediamo in Maria, la Madre di Dio e nostra Madre… Lo zelo è un dono. E come tale, dobbiamo pregare per ottenerlo. Dobbiamo chiedere a Dio di darci zelo, di renderci chi diciamo di essere. Tuttavia, lo zelo non è sempre una parola attraente; esso, a volte, suggerisce l’estremismo e non sentiamo automaticamente che vogliamo questo dono. Ricordo lo zelo di Giovanni Battista, la voce che grida nel deserto e che viveva di locuste e miele selvatico (Mc 1,6) e lo paragono alla calma di Gesù quando parla alle persone nella Sinagoga (Lc 4,21-22). Penso al Vangelo, dove vediamo Cristo sulla Croce, con Maria e Giovanni ai suoi piedi. Questi sono tutti momenti di zelo, dove, per zelo, intendiamo un cuore che arde di desiderio per tutto ciò che è buono e con uno spirito che lavora duramente e fa sacrifici per ottenerlo. La globalizzazione dello zelo potrebbe essere l’antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza di cui Papa Francesco parla così spesso. Viste le esigenze reciproche, ci rendiamo conto che stiamo entrando in una nuova era di condivisione… Di fronte alle necessità che stanno emergendo, dobbiamo rivedere il modello della prima comunità cristiana. Quella comunità si descrive cosi: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2,42-45). Man mano che ci rendiamo conto dei bisogni reciproci e che nessuno deve esserlo lasciato nel bisogno, possiamo dunque aiutarci a vicenda ed essere un esempio per gli altri, di quel tipo di condivisione che in futuro sarà necessaria alla nostra società. Mi viene in mente il dialogo nel Vangelo di Giovanni (Gv 6,9-10) ove Andrea disse: “C’è qui un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci, ma che cosa è questo per tanta gente?”. Alla fine, nessuno fu lasciato nel bisogno. Nel nostro zelo per le cose del Vangelo, dobbiamo affrontare questa sfida con la saggezza di Maria alle nozze di Cana: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5). (Fr. Míceál O’Neill, Lettera in occasione della solennità della Vergine del Carmelo 2020).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Luglio 2020ultima modifica: 2020-07-16T22:07:35+02:00da fraternidade
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