Giorno per giorno – 02 Luglio 2020

Carissimi,
“Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati. Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: Costui bestemmia” (Mt 9, 2-3). Si parlava ieri, per via virtuale, con W. , un giovane amico, che, passato per la chácara di recupero, ora ha ripreso la vita in seno alla sua famiglia e il lavoro in una fabbrica di confezioni. A 23 anni, è già padre di quattro creature, non proprio programmate, ma ugualmente, decisamente, amate. Si parlava di Bibbia, e a un certo punto lui fa: “Quante cose belle da scoprire. Ma, nello stesso tempo, quanto tempo perduto in cose futili e sbagliate. Tutto questo mi pesa ancora tanto, sento vergogna di tutto”. E noi a lui: “Tutto serve, tutto è riscattato, nulla è perduto, anche gli errori vengono incanalati in vista di un bene maggiore. Ricorda sempre la Bibbia: una storia infinita di avvenimenti belli, ma anche orribili, che hanno avuto però come risultato quello di manifestare la volontà di perdono e di salvezza di Dio in relazione ai suoi figli. Dimentica la vergogna. Dio non la vuole, perché ti imprigiona, ti ripiega su te stesso, ti immobilizza. A lui preme solo festeggiare con te. Se non commettessimo errori, non arriveremmo mai a sapere in che misura infinita il suo amore supera i nostri peccati. Di amare i buoni, tutti sono capaci. Pensa un po’, per farsi conoscere da te, Gesù, ha pensato di fartisi incontro proprio alla fine del tunnel che avevi imboccato. E da cui a un certo momento hai pure disperato di potere uscire. Non fosse stato per gli amici che hanno preso l’iniziativa di portarti fino a Lui”. Perdonarsi, sapersi perdonati, anzi, semplicemente amati. Così si guarisce da ogni paralisi. Pronti a perdonare agli altri. “Quale potere Dio ha dato agli uomini!” (v.8).

Oggi facciamo memoria di Antonio Fortich, pastore e testimone di giustizia e di pace, e di Carlo Carlevaris, preteoperaio.

Antonio Fortich, figlio maggiore di Ignacio Fortich e di Rosalia Yapsutco, era nato l’11 Agosto 1913 a Dumaguete, nella provincia di Negros Oriental, nelle Filippine. Ordinato prete il 4 marzo 1944, fu consacrato vescovo di Bacolod il 24 febbraio 1967. Probabilmente, non erano molti ad aspettarsi ciò che avrebbe da subito messo in cantiere. Nella sua prima lettera pastorale rivolse un deciso richiamo ai proprietari delle piantagioni di canna al dovere di pagare giusti salari ai loro lavoratori, rivendicando nel contempo il diritto di questi a costituire i loro sindacati. Decise che il Palazzo vescovile si sarebbe chiamato “casa del popolo” e fece in modo che lo diventasse davvero. Diede avvio inoltre a numerosi progetti: dalla realizzazione immediata della riforma agraria nelle proprietà della chiesa, all’apertura di un Centro di Azione Sociale, che favorisse la riflessione, il confronto e la mobilitazione delle forze popolari; all’acquisto di un vecchio mulino, con il trasferimento delle sue strutture, su un convoglio di ottanta camion, ad una remota valle di montagna per la creazione di una Cooperativa di zucchero, riso e cereali, a Daconcogon; e, ancora, alla costituzione di un programma di assistenza legale gratuita per i non abbienti; al permesso accordato a due sacerdoti di dedicarsi alla creazione del sindacato dei lavoratori della canna, e così via. Ma, probabilmente, più importante di tutto fu convincere la maggior parte dei suoi preti che il servizio ai poveri era condizione indispensabile per lo svolgimento del loro ministero. Le “incomprensioni” che incontrò in altri membri della gerarchia e, in primo luogo, neanche a dirlo, nel nunzio apostolico, l’italiano mons. Bruno Torpigliani, il nostro vescovo le aveva messe in conto e le subì in silenzio e con grande umiltà. Frequenti furono le minacce alla sua vita da parte delle oligarchie e della destra politica. Le dimissioni, presentate al compimento del settantacinquestimo anno, furono accolte il 31 gennaio 1989. Benché pensionato, non smise di lavorare, dedicando gli ultimi anni al servizio della pace nel suo Paese. Morì il 2 luglio 2003. Vescovo, per dirlo con le parole di uno dei suoi più stretti collaboratori che “aveva deciso una volta per tutte che la Chiesa non è chiesa se non è madre dei poveri”.

Carlo Carlevaris era nato il 16 aprile 1926 a Cardè, fu ordinato prete nel 1950. In seguito fu cappellano degli stabilimenti Fiat dal 1952 al 1962, quando venne licenziato perché giudicato non funzionale alla politica dell’azienda. Maturò così la sua scelta di impegnarsi in fabbrica come operaio e militante sindacale, dal 1967 al 1986. Venne assunto prima alla Lamet, azienda della cintura torinese, poi in Fiat, alla Grandi Motori, alla Lancia e alla Michelin. La nomina di Michele Pellegrino ad arcivescovo di Torino, con la centralità che il tema del mondo del lavoro venne ad occupare nella pastorale diocesana, ne fece uno dei principali collaboratori del nuovo arcivescovo e uno degli ispiratori della lettera pastorale “Camminiamo insieme”, che il cardinale pubblicò l’8 dicembre 1971. Ha compiuto la sua pasqua il 2 luglio 2018, a Torino.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Amos, cap.7, 10-17; Salmo 19; Vangelo di Matteo, cap.9, 1-8.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di don Carlo Carlevaris, tratta da un suo uno scritto, dal titolo “Ancora tra la gente”, pubblicato dalla rivista PRETIOPERAI nel 2007 (n. 74-75), che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non ho consigli da dare. Cerco ancora di imparare a vivere questa stagione, l’ultima della vita, in fedeltà alla scelta iniziale: stare tra la gente, lottare con chi lotta, difendere e servire i poveri. A dirla tutta sono contento di vivere questi ultimi anni nella soffitta di San Salvario con i neri, i musulmani e le prostitute all’angolo che mi salutano con un sorriso. C’è ancora qualcosa da fare. Auguro a tutti la scoperta dei poveri, dei deboli, degli ultimi”.
(Don Carlo Carlevaris, Ancora tra la gente).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Luglio 2020ultima modifica: 2020-07-02T22:22:41+02:00da fraternidade
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