Giorno per giorno – 01 Luglio 2020

Carissimi,
“Giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?” (Mt 8, 28-29). In terra di pagani, come quella dei Gadarèni, o, se si preferisce, in una società post-cristiana (nonostante tanti cristiani nominali), viviamo anche noi. Il rischio è, tuttavia, che la contestazione a Gesù, non sia fatta da quanti non credono in lui, che, a diritto, si curano dei loro affari, cercano di godersi al meglio la vita, adorano i loro idoli, perseguono i loro valori, ricchezza, prosperità, successo. Il rischio è che la contestazione sia fatta da chi, come i due indemoniati del Vangelo, crede nel Figlio di Dio, ma non vuol proprio saperne della Buona Notizia del Regno che è venuto a portare, per introdurci a una logica di servizio, donazione di sé, nonviolenza, giustizia, pace. Ieri sera, Elenizia, una buona amica della Chiesa di Cristo, sposa di Vinicius, molto attiva nella difesa della democrazia, dei diritti civili e della cultura afro (il che non è molto comune soprattutto tra gli evangelici di qui), ha tenuto una bella lezione (con pochi fisicamente presenti, i più solo virtualmente) su “Vangelo e intolleranza”, volta a denunciare l’incompatibilità della professione di fede cristiana con atteggiamenti (a dire il vero sempre presenti nella storia delle chiese, ma che negli ultimi tempi hanno superato abbondantemente i livelli di allarme), di ammiccamento, se non di aperto sostegno a una cultura di violenza, di rifiuto dell’alterità, di negazione del diritto alla differenza. Spesso con il ricorso alla simbologia triviale di cui questi fenomeni si avvalgono. Il rifiuto dell’altro, come egli sia, con le sue scelte anche errate, è la negazione della presenza di Dio nell’altro, allontanamento dello stesso Cristo dalla propria vita. Già: “Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?”. È triste che a dirglielo siano dei cristiani.

Oggi il nostro calendario ci porta le memorie di padre Tullio Maruzzo, frate minore, e Luis Obdulio Arroyo Navarro, catechista, martiri in Guatemala; e di Shimon Ben ‘Azzaj, maestro in Israele.

I fratelli gemelli Marcello e Daniele Maruzzo erano nati il 23 luglio 1929 a Lapio, frazione di Arcugnano (Vicenza), nella famiglia di Angelo Maruzzo e di Augusta Rappo. Desiderosi entrambi di abbracciare la vita religiosa nell’ordine francescano, fecero il loro ingresso in noviziato, nell’agosto 1945, nell’isola di S. Francesco del Deserto (Burano, Venezia). Marcello prese il nome di Tullio e suo fratello quello di Lucio. Il 17 agosto 1946 fecero la loro prima professione religiosa e, al termine del ciclo di studi, il 21 giugno 1953 furono ordinati sacerdoti dall’allora patriarca di Venezia, card. Roncalli. Poi, a distanza di pochi anni uno dall’altro, i due fratelli chiesero ed ottennero di recarsi missionari in Guatemala, dove p. Tullio giunse nel dicembre del 1960, subito assegnato alla parrocchia di Cristo Re, a Puerto Barrios, capoluogo della provincia d’Izabal. Povero, semplice, pacifico, nei venti anni successivi, svolse il suo ministero, visitando i numerosi villaggi affidati alla sua cura pastorale, disseminati sulle montagne circostanti, imparando a conoscerne per nome tutti gli abitanti, le loro storie, i loro bisogni, le loro sofferenze. In tempi difficili, che conoscevano lo sfruttamento e le soperchierie dei latifondisti nei confronti di contadini poveri e braccianti, la crescente repressione del governo e la violenza armata degli squadroni della morte. In questo contesto, P. Tullio si propose di aiutare i contadini a legalizzare la proprietà delle terre che lavoravano, mettendo tra l’altro a loro disposizione i consulenti giuridici della Caritas. Cominciarono allora le minacce e gli avvertimenti. I superiori, temendo per la sua vita, trasferirono p. Tullio alla parrocchia del Sacro Cuore di Quiriguá. Era il 14 maggio 1980 e il frate, pur addolorato e contrario alla decisione, obbedì. Tali precauzioni, tuttavia, non servirono a nulla. La sera del 1º Luglio 1981, dopo una riunione dei Cursillos de cristiandad, a cui aveva partecipato, padre Tullio, con il catechista e terziario francescano Luis Obdulio Arroyo Navarro, accompagnò a casa in macchina alcuni cursillistas che abitavano lontano dal centro. Sulla via del ritorno, alle ventidue e trenta, l’imboscata: un gruppo di paramilitari bloccò il veicolo, ne fece scendere i due occupanti, che furono crivellati sul posto. Padre Tullio venne subito riconosciuto dai suoi parrocchiani come ‘martire’ e ‘santo’ e tale è venerato dalla gente fino ad oggi. Entrambi sono stati beatificati il 27 ottobre 2018.

Shimon ben ‘Azzaj, maestro del 2° secolo, fu reso famoso dalla sua pietà e bontà. Se Hillel aveva insistito sul fatto che il precetto fondamentale della Torah era : “Ama il tuo prossimo come te stesso”, Ben ‘Azzaj insegnò che c’è un principio ancora maggiore che deve guidarci nelle relazioni interpersonali. Basandosi sul testo di Genesi: “Questo è il libro della genealogia di Adamo. Quando Dio creò l’essere umano, lo fece a somiglianza di Dio (Gen 5,1)”, diceva che questo comporta che l’obiettivo fondamentale della Torah è di insegnarci a trattare tutti gli esseri umani con lo stesso rispetto e considerazione che dobbiamo a Dio. Insegnava che non possiamo nutrire disprezzo per niente e per nessuno. Ogni cosa, anche la più piccola e insignificante, è infatti santificata dalla presenza di Dio e, per ciò che riguarda le persone, anche se fossimo in presenza di un grande peccatore, noi non sappiamo ciò che Dio ha in serbo per lui. La sua passione per lo studio della Legge era così forte che tralasciò di sposarsi, dimenticando così di mettere in pratica il primo precetto della Legge, che è quello di generare figli. Ma Il Signore lo avrà perdonato. Dicono gli antichi saggi d’Israele che, da quando morì Ben ‘Azzaj, non apparve mai più sulla terra anelito eguale per lo studio della Torah.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Amos, cap.5, 14-15, 21-24; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap.8, 28-34.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la fede, l’ideale, la filosofia di vita che li guida.

Bene, per stasera è tutto. Prendendo spunto dalle memorie del Martirologio latinoamericano, scegliamo di congedarci offrendoci in lettura un brano di Jon Sobrino, tratto dal suo libro “Tracce per una nuova spiritualità” (Borla). Che è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gesù è portatore di un Vangelo, di una buona notizia. Gesù è colui che dice: “il regno di Dio si avvicina”, “beati voi poveri perché vostro è il regno di Dio”; colui che quando insegna a pregare comincia con un’altra grande notizia: abbiamo un Dio che è Padre e che è Padre comune, per questo dite: “Padre nostro”; colui che all’uomo afflitto dice: “non temere, va’ in pace”; che al peccatore angosciato dice che la più grande gioia di Dio è che i peccatori gli si avvicinano con fiducia, come a un Padre. Questo Gesù, portatore di una buona notizia, è visto egli stesso come buona notizia per i poveri di oggi, è il grande dono fatto da Dio a questo mondo. Per questo i poveri dell’America Latina possono davvero ripetere l’affermazione paolina secondo cui “è apparsa la benignità di Dio”, o l’affermazione di Giovanni secondo cui “sono apparse la grazia e la verità”, o possono sviluppare le proprie formulazioni chiamando Gesù “liberatore”. Importante, in queste formulazioni, è che Gesù è visto come una buona notizia. Se ne deduce che recepire un Cristo così produce gioia. Certamente i cristiani latinoamericani conoscono quanto siano costose le esigenze di Gesù – non occorre ricordare le migliaia di contadini, operai, studenti, religiosi e religiose, sacerdoti e vescovi che hanno sparso il loro sangue per questo Vangelo e questo Cristo in America Latina – ma hanno anche la gioia e la riconoscenza di essersi incontrati con Gesù. Per questo il Vangelo si trasforma per loro in fardello pesante e leggero al tempo stesso, ma anche in quella perla preziosa, in quel tesoro nascosto, per cui vale la pena di vendere tutto. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle dela Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Luglio 2020ultima modifica: 2020-07-01T22:41:16+02:00da fraternidade
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