Giorno per giorno – 20 Maggio 2020

Carissimi,
“Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16, 13-15). Ciò che della verità di Dio bisognava sapere ci è stato detto tutto per intero nella storia di Gesù. Il quale tuttavia è vissuto e si è manifestato in seno ad un popolo, con la sua propria storia, religione, tradizione, cultura, che Gesù ha assimilato. ma anche liberamente contestato, riletto, interpretato, ponendo il rispetto per la vita, con la sua diversità e ricchezza sopra ogni altra cosa. Perché Dio è il Dio della vita. Ora, la vita è in continua evoluzione e chiede di essere accolta e amata nelle sue manifestazioni che fioriscono come libertà. Per essere una persona troppo libera rispetto alla religione, alla politica, agli usi e costumi del suo tempo, che avevano finito per tradire l’evento fondatore che ne era all’origine – l’esodo – , Gesù è stato messo a morte. E, paradossalmente, è stato bene così, perché Dio risuscitandolo ha fatto sapere da che parte sta: non del potere che opprime, sacrifica, uccide, ma dalla parte di tutti coloro che sono a vario titolo oppressi, perché siano liberati. Lo Spirito, allora, ci è inviato perché noi ci ricordiamo di tutto questo e facciamo pure noi della vita una storia di liberazione, nostra e degli altri.

Oggi noi si fa memoria di Pietro di Cordova, missionario difensore degli indigeni, Michael e Margaretha Sattler e compagni, martiri anabattisti, e Paul Ricoeur, cristiano e filosofo.

Nato a Cordova, in Spagna, nel 1460, il giovane Pietro entrò nell’Ordine dei Predicatori e fece parte con Antonio di Montesinos e Bernardo di Santo Domingo, del primo gruppo di domenicani inviato a evangelizzare l’isola Española (l’attuale Repubblica Dominicana), dove giunse nel settembre del 1511. La difesa della popolazione indigena fu il grande compito che questi frati coraggiosi si diedero, da subito, comprendendo bene che non è possibile predicare l’Evangelo, senza denunciare l’ingiustizia e l’oppressione che regnano nella società. Fu così che, a pochi mesi dal suo arrivo sull’isola, la comunità decise di denunciare pubblicamente la situazione drammatica che si presentava ai suoi occhi. Insieme i frati redassero l’omelia della IV domenica di Avvento (21 dicembre 1511), delegando poi il padre Antonio de Montesinos a pronunciarla davanti alla popolazione e alle autorità. Quando l’ammiraglio Diego Colombo, vicere dell’isola, figlio del più celebre Cristoforo, si precipitò per fare le sue rimostranze dal superiore del convento, che era appunto Pietro di Cordova, questi gli rispose fermo e tranquillo: “Signore, mi permetta di ricordarle che noi, avendo posto le nostre parole e le nostre azioni al servizio del Re dei re, non possiamo che conformarci a ciò che è giusto, assolutamente giusto, e d’accordo con le leggi divine. Nulla, né nessuno, per quanto potente, riuscirà a piegare la nostra energia e distogliere da esse i nostri sforzi”. Si deve a Pietro di Cordova la redazione del primo catechismo destinato agli indigeni. Il frate morì a 38 anni, di tubercolosi, conseguenza della grandi penitenze cui si era sottoposto in vita.

Michael Sattler era nato nel 1490 a Stauffen, nella regione tedesca del Baden Württenberg. Entrato nel monastero benedettino di San Pietro, nella Foresta Nera, vi aveva compiuto gli studi ed emesso i voti religiosi, ed in seguito era stato eletto priore. Erano gli anni della Riforma e Michael, turbato dalla corruzione che vedeva diffusa nella chiesa e dalle miserabili condizioni di vita dei contadini della regione, e questionato dalla rilettura che Lutero faceva della proposta cristiana, decise di lasciare lo stato religioso. Recatosi a Zurigo nel 1525, apprese e cominciò ad esercitare il mestiere di tessitore. Venuto nel frattempo in contatto con gli anabattisti della zona, chiese di far parte del loro gruppo e di essere ribattezzato. A Strasburgo, l’anno seguente, conobbe e sposò Margaretha, la donna che ne avrebbe condiviso il destino fino alla morte. Il 24 Febbraio 1527, nella cittadina svizzera di Schleitheim, Sattler stilò, per conto della sua chiesa, i Sette articoli di Schleitheim, il documento che sintetizza i fondamenti dell’anabattismo. Poco dopo la conclusione della riunione di Schleitheim, Sattler, la moglie ed altri 18 anabattisti furono arrestati e trasferiti a Rottenburg, nel Baden Württenberg, per esservi processati. Erano ora nelle mani del re cattolico Ferdinando, che aveva dichiarato “il terzo battesimo” (cioè, l’annegamento) il miglior antidoto per l’Anabattismo. Fu imbastito un processo, basato su nove capi d’accusa. Alcuni di essi il Sattler dimostrò falsi, mentre per gli altri, giustificò le sue posizioni, in quanto biblicamente fondate. Dopo soli tre giorni, comunque, gli imputati furono giudicati colpevoli e condannati a morte. Riportiamo qui di seguito il resoconto del martirio di Sattler: “La tortura cominciò al mercato dove un pezzo di lingua di Sattler fu tagliato via. Pezzi di carne furono strappati dal suo corpo e a due riprese con tenaglie roventi, e quindi venne portato su una carretta. Lungo la strada verso il luogo dell’esecuzione le tenaglie strapparono la sua carne ancora altre cinque volte. Alla piazza del mercato ed al luogo dell’esecuzione, ancora in grado di parlare, l’incrollabile Sattler pregava per i suoi persecutori. Dopo essere stato legato ad una scala con funi e spinto nel fuoco, egli ammoniva il popolo, i giudici ed il sindaco a pentirsi ed a convertirsi. Poi pregava: Onnipotente ed eterno Dio, tu sei la via e la verità; io voglio fino ad oggi testimoniare la verità e suggellarla con il mio sangue. Appena le funi intorno ai suoi polsi si furono bruciate, Sattler alzò l’indice delle sue mani per dare ai fratelli il promesso segnale che la morte di un martire era cosa sopportabile. Poi la folla, lì riunita, sentì uscire dalle sue labbra bruciate le ultime parole: Padre, raccomando il mio spirito nelle tue mani”. Era il 20 maggio 1527. Con lui furono giustiziati altri tre anabattisti. La moglie di Sattler, Margaretha, fu uccisa mediante annegamento nel fiume Neckar, due giorni dopo.

Paul Ricoeur era nato il 27 febbraio 1913 a Valence (Drôme) in una famiglia di antica tradizione protestante. Rimasto orfano dei genitori ancora bambino (la madre morì poco dopo averlo dato alla luce, il padre nel 1915, al fronte, durante la Prima Guerra mondiale), fu allevato, assieme alla sorella, dai nonni, a Rennes. Nel 1935 sposò Simone Lejas, un’amica d’infanzia, che gli darà cinque figli. Prigioniero di guerra per cinque anni nei lager tedeschi a partire dal 1940, al ritorno in patria fu tra gli animatori della rivista Esprit, tribuna dell’esistenzialismo cristiano, e amico di Emmanuel Mounier, suo fondatore. Insegnò in seguito all’Università di Strasburgo, poi alla Sorbona e presso la nuova Università di Nanterre e, a partire dal 1970, negli Stati Uniti, alle università di Chicago, Yale e Columbia, oltre che a Lovanio (Belgio), Ginevra (Svizzera) e Montréal (Canada). Morì il 20 maggio 2005, nella sua abitazione di Châtenay-Malabry (Hauts-de-Seine). Ebbe a definire l’uomo “la Gioia del Sì nella tristezza del finito”. E propose un’antropologia da cui emerge un uomo fragile, “sproporzionato” e continuamente sul baratro tra il Bene e il Male, capace di peccato e fallimenti. E tuttavia, “per quanto radicale sia il male, esso non è così profondo come la bontà. Qualunque sia il male commesso, in ogni uomo esiste una particella di bontà da tirar fuori. La religione non è fatta per condannare; è una parola che dice: ‘Tu vali più delle tue azioni’. Si può liberare il fondo di bontà che è in ciascuno di noi se si accetta d’essere strutturati dai grandi simboli che sono alla base delle grandi religioni”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.17, 15.22 -18, 1; Salmo 148; Vangelo di Giovanni, cap.16, 12-15.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciandovi al brano di una conferenza tenuta da Paul Ricoeur all’associazione Christianisme social, e pubblicata, in traduzione italiana, con il titolo “Per una presenza dei cristiani al mondo” nel libro “La logica di Gesù” (Edizioni Qiqajon Comunità di Bose). È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Si tratta di far emergere nel mondo di oggi una nuova articolazione dello spirituale con il politico e, attraverso di essa, influire sul processo di globalizzazione dei problemi, delle soluzioni, della politica stessa. In effetti siamo alla ricerca di un nuovo equilibrio tra dimensione spirituale e dimensione politica, che non sia l’equilibrio tra due poteri, come il medioevo l’aveva concepito, bensì quello tra una testimonianza e il potere laico degli uomini; ma per questo occcorre che l’ambito spirituale abbia individuato il suo obiettivo specifico, e lo stesso vale per quello politico. Ricollego questo genere di riflessione a un tipo di analisi, sul quale sono tornato spesso, circa l’articolazione di due morali, la morale di convinzione, che rappresenta gli obiettivi fondamentali dell’uomo, e la morale di responsabilità e di forza, che concerne l’esercizio del potere pubblico. La predicazione di cui parlo incide a due livellli: politico e sociale. Innanzitutto a livello politico: la politica è sana quando viene protetta dai suoi demoni grazie a questo nuovo tipo di predicazione e alla morale di convinzione; allora trova da se stessa il giusto equilibrio: si “disassolutizza”, è preservata dal pericolo di divenire a sua volta una nuova religione, una religione laica. Compito di questa predicazione è di rimettere la politica costantemente al suo posto. Paolo VI ha usato l’espressione giusta quando si è presentato come “esperto in umanità”. Proprio in questo consiste il potere spirituale: proteggere l’orizzonte dell’umanità, denunciare coraggiosamente ciò che ostacola l’unità della specie umana, svelare pubblicamente il meccanismo degli squilibri, attaccare la buona coscienza dei benestanti, denunciare il nazionalismo e il culto dello stato, e di conseguenza prendere posizione con la massima chiarezza sulla limitzione della sovranità, mostrare come le istituzioni internazionali che gravitano attorno all’ONU siano l’unica possibilità attualmente offerta agli uomini di uscire dalla logica chiusa delle nazioni. Come si può notare, non si tratta certo di benedire l’ONU, ma di attribuirgli l’unica specie di missione che ad essa conviene, cioè la motivazione suprema della sua esistenza, che consiste nel puntare sull’umano in quanto tale. (Paul Ricoeur, Per una presenza dei cristiani al mondo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Maggio 2020ultima modifica: 2020-05-20T22:17:18+02:00da fraternidade
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