Giorno per giorno – 11 Maggio 2020

Carissimi,
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14, 23-24). Da chi siamo abitati noi? O, anche, la parola di chi osserviamo? I comandamenti di chi accogliamo e pratichiamo? Gli altri riconoscono Gesù nelle nostre parole, nei nostri atteggiamenti? E ancora: viviamo davvero, cioè, annunciamo e testimoniamo lo spirito delle beatitudini? I poveri, nell’incontrarci, arrivano a sentirsi destinatari della felicità del Regno, del Dio che si è fatto vicino, e li ama e li serve? O vedono in noi solo una riprova della maledizione del Sistema? E, più a monte, ci siamo già sentiti consapevolmente raggiunti dall’amore gratuito del Padre e dal suo perdono, manifestatoci in Gesù? E ci siamo per questo, non solo emozionalmente, appassionati di lui? Così che, dimentichi di noi stessi, controcorrente rispetto allo spirito del mondo, animati invece dal suo Spirito, ci si ponga incondizionatamente al servizio della vita e della liberazione di quanti sono oppressi dalle più diverse forme di male e di miseria? Stamattina, la riflessione sulla Parola è stata così sotto il segno di un abbastanza sconsolato esame di coscienza. Da cui speriamo di poter trarre qualche frutto.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Matteo Ricci, il “saggio d’Occidente”, missionario in Cina; Carlos Mugica, prete dei poveri e martire in Argentina; Alfonso Navarro e Luis Torres, martiri in Salvador; Johann Arndt, teologo e mistico.

Matteo Ricci era nato a Macerata il 6 ottobre 1552. Dopo aver studiato nel collegio dei gesuiti della sua città, fu dal padre inviato a Roma per studiarvi diritto. Nel 1571 interruppe gli studi e decise di entrare nella Compagnia di Gesù. Sei anni più tardi, trasferitosi a Lisbona, in vista di una sua partenza per le missioni, studiò teologia per un anno nel collegio di Coimbra. Nel marzo 1578 s’imbarcò per l’India, con destinazione Goa, dove giunse dopo un viaggio di quasi sei mesi. Lì, proseguì i suoi studi teologici e fu ordinato sacerdote nel 1580. Nel 1582 fu inviato a Macao, per aiutare un suo confratello, padre Ruggeri, nel tentativo di entrare in Cina. Vi riuscirono insieme nel settembre 1583 e fondarono così la prima residenza di Zhaoqing. Cominciava in questo modo la grande avventura di questo giovane gesuita dalla cultura eccezionale e dalla memoria prodigiosa, sotto il segno del “farsi cinese con i cinesi”, in un processo di inculturazione linguistica, culturale, sociale e religiosa, che parve a molti rivoluzionario e ai limiti della tollerabilità per quei tempi, ma che ha ancora da insegnare ai nostri. Introdusse in Cina le conoscenze scientifiche dell’Occidente, nel campo della matematica, della geometria, della geografia e dell’astronomia. E, con i suoi scritti, fornì all’Europa una conoscenza ampia ed esaustiva della cultura cinese in tutti i suoi aspetti. Il rispetto che nutrì e mostrò nei confronti della civiltà millenaria che l’aveva accolto fu ampiamente ricambiato dall’ atteggiamento di stima e di benevolenza che lo circondò, al punto di essere nominato mandarino e di ottenere un vitalizio a spese dello stato. Alla sua morte, avvenuta a Pechino l’11 maggio 1610, l’imperatore proclamò un lutto generale e consentì, cosa mai concessa ad uno straniero, che fosse sepolto nella capitale.

Carlos Francisco Sergio Mugica Echagüe era nato a Buenos Aires, il 7 ottobre 1930, terzo di sette figli di Adolfo Mugica (che sarà deputato e successivamente ministro degli esteri argentino) e di Carmen Echagüe. Studente brillante, appassionato di sport e giovane dai molteplici interessi culturali, dopo un viaggio a Roma, in occasione dell’anno santo 1950, maturò la vocazione sacerdotale. Lasciò allora gli studi di Diritto per il seminario. Ordinato sacerdote il 21 dicembre 1959, fu da prete che si accorse dell’esistenza dei poveri. Cominciò allora a compiere scelte che lo avrebbero posto sovente in esplicito contrasto con una gerarchia, perlopiù retriva e conservatrice, in tempi di ingiustizia, violenza e repressione, che richiedevano invece attitudini profetiche. Pregava così: “Signore, voglio vivere d’ora in avanti come uomo libero. Voglio ricordare, una volta per tutte, che il mio futuro è nelle tue mani e che tu sei mio Padre. E quando mi assaliranno paura, scoraggiamento, sfiducia, ricordami, mio Dio, che mi sei vicino e che le fila della mia vita sono nelle tue mani, mani di padre, mani di amico, che mai mi hanno abbandonato”. Nel 1967 fu mandato a Parigi a studiare e seppe della nascita del Movimento Sacerdoti del Terzo Mondo, cui aderì da subito. Tornato, l’anno successivo in Argentina, fu destinato a Villa Retiro, un sobborgo povero di Buenos Ayres, dove con l’aiuto del fratello Alessandro costruì un centro polivalente dedicato a Cristo Operaio. Accusato di contiguità con gli ambienti dei Montoneros, fu più volte minacciato di sospensione a divinis, minaccia che il prete confessava di vivere con tristezza e angoscia. Il 2 luglio 1971 una bomba esplose, fortunatamente senza far vittime, nella casa dove, in una cameretta all’ultimo piano, abitava padre Carlos. Questi dichiarò: “Niente né nessuno mi impedirà di servire Cristo e la sua Chiesa, lottando insieme ai poveri per la loro liberazione. Se il Signore mi concederà il privilegio, che non merito, di perdere la vita in questa impresa, sono a sua disposizione”. E, il privilegio gli fu dato. L’11 maggio 1974, mentre saliva in macchina dopo aver celebrato messa nella Chiesa di san Francesco Solano, fu colpito a morte da cinque colpi sparati da Rodolfo Eduardo Almirón, un killer della Triplice A, un’organizzazione dell’estrema destra peronista. Il peggio, per l’Argentina, sarebbe arrivato di lì a poco. I resti mortali di padre Mujica furono trasferiti, il 9 ottobre 1999, dal cimitero della Recoleta alla parrocchia di Cristo Obrero, nella Villa 31, con una cerimonia presieduta dall’arcivescovo di Buenos Ayres, Jorge Mario Bergoglio.

Alfonso Navarro era un prete salvadoregno, parroco a San Juan de Opico, dove si era dedicato a rafforzare la locale cooperativa dei piccoli contadini e a formare operatori di pastorale, soprattutto giovani. La sua predicazione e la sua attuazione indispettirono presto i latifondisti della zona, che presero ad accusarlo di essere sovversivo e comunista, minacciandolo di morte. Questo spinse il suo vescovo a trasferirlo alla parrocchia di Colônia Miramonte, in una zona residenziale di San Salvador. Ma anche lì, padre Alfonso continuò quello di sempre, propondendosi di aiutare la gente a scoprire la dimensione fraterna della comunione. E questo suonava male all’orecchio dell’oligarchia locale. Nel gennaio 1977 una bomba fu collocata nel garage della casa parrocchiale, la sua automobili finì distrutta, ma il prete si salvò per una questione di attimi. L’11 maggio dello stesso anno, quattro uomini armati penetrarono in casa. Con un colpo di karaté gli spezzarono un braccio, lo crivellarono con sette proiettili e, prima di uscire, spararono a bruciapelo alla testa di Luis Torre, Luisito, di 14 anni, uccidendolo sul colpo. Un altro dei giovani compagni che era subito accorso per prestare assistenza al prete, lo udì sussurrare: “Muoio per aver annunciato il Vangelo. So chi mi ha ucciso. Sappiano che li perdono”. Alfonso Navarro aveva 35 anni.

Johann Arndt, nato, il 27 dicembre 1555, a Ballenstedt, in Anhalt (Germania), studiò teologia a Tubinga, completando poi i suoi studi a Strasburgo. È ritenuto l’ispiratore del pietismo tedesco: i suoi libri, infatti, esercitarono una profonda influenza su Philipp Jakob Spener, fondatore del movimento. (1533-1588). Il suo lavoro più famoso, “Quattro (in realtà, alla fine, sei) libri sul vero Cristianesimo” rappresenta una ponderosa raccolta di meditazioni e di preghiere, in cui Arndt, sviluppando in maniera quasi esclusiva gli elementi mistici della dottrina di Lutero e unendoli a motivi tratti dai mistici tedeschi ma anche da teologi cattolici, e da una mistica come Angela da Foligno, contrappone l’unione mistica in Cristo come fine ultimo del cristianesimo, all’ordine di salvezza, la dottrina luterana ortodossa della giustificazione per fede e della riconciliazione dell’uomo con Dio per mezzo del sacrificio di Cristo. Accomunato ai più famosi mistici del luteranesimo, come Sebastian Franck, Caspar Schwenckfeld von Ossig, Jakob Boehme e Valentin Weigel, Arndt morì l’11 maggio 1621.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 14, 5-18; Salmo 115; Vangelo di Giovanni, cap. 14, 21-26.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni del subcontinente indiano: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura una preghiera di Johann Arndt. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dammi un cuore compassionevole, pronto a soffrire per i dolori altrui e alla pietà attiva per loro, come il nostro Signore Gesù Cristo nel vedere la nostra povertà si affrettò ad aiutarci. Dammi la grazia di alleviare le croci e le difficoltà di coloro che mi circondano e di non aggiungerne mai loro; insegnami ad essere consolatore nel dolore, a preoccuparmi del forestiero, della vedova e dell’orfano; fa che la mia carità si mostri non solo a parole ma in opere e verità. (Johann Arndt).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Maggio 2020ultima modifica: 2020-05-11T22:17:35+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo