Giorno per giorno – 28 Febbraio 2020

Carissimi,
“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno” (Mt 9, 15). Già, quando, perché e in che senso digiunare?, ci chiedevamo stamattina. Certo non come pratica che alimenti una qualche forma di orgoglio spirituale. Come sapere se lo Sposo, Gesù, è tra noi, o non è piû tra noi? Don Tonino Bello ebbe a dire in un’oaccasione: “Perché mai sui banchi di teologia abbiamo consumato tanto tempo per studiare l’eguaglianza delle persone divine, se poi non alziamo la voce per mettere in discussione questo sistema economico che fa morire di fame ogni anno cinquanta milioni di fratelli?”. Sì. La fame nel mondo è già di per sé un segno dell’assenza di Dio, dell’esilio a cui l’abbiamo condannato, attraverso il Sistema (cristianissimo, a detta dei suoi maggiori esponenti), che domina il mondo. E, allora, è tempo di digiunare. Come forma (tutta ogni volta da inventare) di obiezione di coscienza nei suoi confronti. In solidarietà con i cinquanta milioni di Cristi, messi a morte ogni anno, per dire solo della fame. Che non è semplice, dato che ci sarebbe da rivedere tutto uno stile di vita, di pensiero, di azioni. La Quaresima, se presa sul serio, può aiutarci.

Oggi il calendario ci porta la memoria di uno dei grandi riformatori della Chiesa, Martin Bucero, testimone di pace e dialogo e quella di Teresita Ramirez Vargas, religiosa, martire della solidarietà in Colombia.

Martin Kuhhorn (che avrebbe scelto in seguito il nome umanistico di Bucero) era nato l’11 novembre 1491 a Schlettstadt, in Alsazia, da umile famiglia, ed era entrato quindicenne nell’Ordine domenicano. Nel 1517 fu inviato all’Università di Heidelberg per proseguirvi gli studi. Lì, l’anno successivo, conobbe Lutero e fu subito conquistato dalle sue idee. Allontanato dall’Ordine, nel 1521, svolse il suo ministero come prete secolare a Landstuhl, nel Palatinato, dove conobbe e poi sposò Elizabeth Silbereisen, una ex-monaca, che gli diede tredici figli, di cui uno solo sopravvisse. Trasferitosi a Strasburgo, nel 1523, divenne il principale riformatore della città. Sostenitore convinto della necessità di tornare all’Evangelo, organizzò la chiesa locale in una rete di piccole comunità, che avrebbero dovuto seguire il modello della Chiesa delle origini, delineato negli Atti degli Apostoli. Conobbe e influenzò notevolmente Giovanni Calvino. Nella controversia che opponeva Lutero e Zwingli sulla natura dell’Eucaristia, Bucero tentò inutilmente di mediare tra i due schieramenti. Si dedicò anche con entusiasmo alla ricerca di una riconciliazione fra protestanti e cattolici romani e a far opera di pacificazione nei confronti degli anabattisti. Quando la moglie morì di peste nel 1541, Bucero sposò Wibrandis Rosenblatt, già vedova, in ordine di tempo, dei riformatori Ludwig Keller, Johannes Heusegen (Giovanni Ecolampadio) e Wolfgang Capito. La donna gli diede tre figli, di cui una sola sopravvisse. Nel 1549, esiliato da Strasburgo, per ordine di Carlo V, si trasferì, su invito dell’arcivescovo Thomas Cranmer, in Inghilterra, dove fu ricevuto con tutti gli onori dal re Edoardo VI. Dopo un breve soggiorno a Londra, fu chiamato a Cambridge come professore. Qui lavorò alla sua opera De regno Christi e contribuì alla stesura del Book of Common Prayer della Chiesa anglicana. La morte lo colse il 28 febbraio 1551. Sotto il regno di Maria Stuart (1553-1558), i suoi resti furono esumati e bruciati, e la sua tomba demolita (1556), ma fu ricostruita nel 1560 dalla regina Elisabetta (1558-1603). Dopo Lutero e Melantone, Bucero fu il più influente dei riformatori tedeschi.

Di Teresita Ramirez Vargas disponiamo solo di pochi dati biografici. Nata il 15 ottobre 1947, a La Ceja, Antioquia (Colombia), era entrata nella congregazione della Compagnia di Maria. Inviata a Cristales, frazione del municipio di San Roque, a cinque ore da Medellin, si dedicava all’insegnamento nella scuola locale e all’attività pastorale, cercando insieme alla gente le vie per la formazione dell’uomo nuovo e una nuova società, alla luce del vangelo, e accompagnando i tentativi dei poveri di divenire responsabili della propria storia per raggiungere una vita più umana a livello personale e sociale. Le sue giornate erano perciò scandite dalle ore dedicate all’insegnamento, alla formazione di una coscienza critica, all’ascolto e all’incoraggiamento dei giovani, alle visite agli ammalati, a percorrere a piedi o a cavallo molti chilometri per accompagnare le famiglie e i gruppi di lavoro e di riflessione sul Vangelo. Il 28 febbraio 1989, alle undici del mattino, mentre dava lezione, due giovani sconosciuti fecero irruzione nella classe e la invitarono a uscire. Parlarono con lei per qualche secondo e le chiesero qualcosa. La suora rientrò in classe, andò fino alla cattedra e prese un foglio. Quando uscì le spararono a bruciapelo, sotto gli occhi terrorizzati dei suoi alunni, e dandosi poi alla fuga. Un anno dopo la sua morte, Martín Emilio Sánchez Rodríguez, un disertore dell’esercito, testimoniò davanti dell’Arcivescovo di Medellin, e, più tardi, davanti al Procuratore Generale che questo e altri delitti erano stati ideati ed eseguiti da membri della XIV Brigata dell’esercito. Poche settimane dopo aver prestato la sua deposizione, anch’egli fu ucciso. Le sorelle di Teresita così la ricordano: “Da quel giorno, a partire dalla sua testimonianza, si è ravvivata la consapevolezza che le azioni di morte pianificate dagli uomini non potranno mai impedire la realizzazione graduale della promessa di Gesù: Sono venuto perché tutti abbiano vita e l’abbiano in abbondanza. Pensare a Teresita, è ricordare una donna che, sedotta da Gesù, ha offerto la sua vita a servizio dei più poveri. Il suo sangue continua a fecondare oggi il lavoro di evangelizzazione tra i contadini e in altre istituzioni e progetti di educazione popolare che portano il suo nome e si ispirano alla sua testimonianza”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.58,1-9a; Salmo 51; Vangelo di Matteo, cap.9, 14-15.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

In occasione dell’apertura della Campagna di fraternità 2020, che quest’anno ha per tema “Fraternità e vita: dono e impegno” e come motto “Vide, sentì compassione e si prese cura di lui” (Lc 10, 33-34), Papa Francesco ha inviato ai fedeli brasiliani, come di consueto, un messaggio, di cui, nel congedarci, vi proponiamo un ampio stralcio come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per quaranta giorni siamo invitati a riflettere sul significato più profondo della vita, certi che solo in Cristo e con Cristo troviamo risposta al mistero della sofferenza e della morte. Non siamo stati creati per la morte, ma per la vita e la vita in abbondanza, la vita eterna (cf Gv 10, 10). Mi rallegro del fatto che, da oltre cinquant’anni, la Chiesa in Brasile realizzi, nel periodo quaresimale, la Campagna della fraternità, annunciando l’importanza di non separare la conversione dal servizio ai fratelli e alle sorelle, soprattutto ai più bisognosi. Quest’anno il tema della campagna riguarda proprio il valore della vita e la nostra responsabilità di prendercene cura in tutte le sue istanze, poiché la vita è dono e impegno; è presente amorevole di Dio, di cui dobbiamo continuamente prenderci cura. In modo particolare, dinanzi a tante sofferenze che vediamo crescere ovunque, che “provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta” (Lettera Enciclica Laudato si’, n. 53), siamo chiamati a essere una Chiesa samaritana (cf Documento di Aparecida, n. 26). Per questo siamo certi che il superamento della globalizzazione dell’indifferenza (cf Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, n. 54), sarà possibile solo se ci disporremmo a imitare il Buon Samaritano (cf Lc 10, 25-37). Questa parabola, che c’ispira tanto a vivere meglio il tempo quaresimale, ci indica tre atteggiamenti fondamentali: vedere, provare compassione e prendersi cura. A somiglianza di Dio, che ha ascoltato la richiesta di aiuto di quanti soffrono (cf Sal 34, 7), dobbiamo aprire il nostro cuore e la nostra mente per lasciare risuonare in noi il grido dei fratelli e delle sorelle bisognosi di essere nutriti, vestiti, ospitati, visitati (cf Mt 25, 34-40). Cari amici, la Quaresima è un tempo propizio affinché, attenti alla Parola di Dio che ci invita alla conversione, rafforziamo in noi la compassione, ci lasciamo interpellare dal dolore di chi soffre e non trova chi lo aiuta. È un tempo in cui la compassione si concretizza nella solidarietà, nella cura. “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7). (Papa Francesco, Messaggio per la Campagna di Fraternità 2020 della Chiesa in Brasile).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Febbraio 2020ultima modifica: 2020-02-28T22:52:08+01:00da fraternidade
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