Giorno per giorno – 19 Dicembre 2019

Carissimi,
“Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni” (Lc 1, 5-7). Fernando, stamattina, aprendo la riflessione sulla parola di questo Vangelo, diceva che può sembrare contradditorio, ma, sempre, l’annuncio di salvezza si dà in tempi oscuri di oppressione e di disperazione, tanto nell’Antico Testamento, come nel Nuovo, come nella nostra storia, personale e collettiva. C’è sempre un Faraone, o un Erode, o, per arrivare ai nostri giorni, un Trump o un Bolsonaro (con le loro proiezioni negli istinti egoisti degli individui o delle masse), che si insediano al potere, per scrivere in lettere di sangue la logica assetata di dominio, espressione del Principe del mondo, che combatte il progetto di Dio. E noi, come in ogni tempo, anche se credenti, anche se fedeli, resi vecchi, se non nel corpo, nella mente e nel cuore, siamo tentati di non sperare più, non generando così più figli, o generandoli ma senza altro futuro, che non sia quello di predestinate vittime da sacrificarsi sull’altare dell’idolo del Sistema. Che è anche peggio di non generarli affatto. Ma, proprio qui, torna, ogni volta, a farsi udire, la voce e la promessa dell’angelo, che dice al Zaccaria che è in tutti noi il “Dio-si-ricorda”, che dice il significato del nome. Dio ci darà un figlio, Dio darà un futuro a questo mondo abbrutito, vincerà la nostra resistenza a credere, ci restituirà speranza, ci muoverà all’azione. Si rinnoverà così il mistero del Natale.

Oggi, facciamo memoria di due religiose francesi e di una madre di famiglia argentina, sequestrate a Buenos Ayres assieme ad un gruppo di simpatizzanti del gruppo delle “madri della Piazza di Maggio”, tra l’8 e il 10 dicembre 1977, che mai fecero ritorno a casa. Si tratta di Alicia Domon, Léonie Duquet e Azucena Villaflor, martiri della solidarietà. In loro riassumiamo i circa trentamila desaparecidos degli anni bui della dittatura argentina. Il nostro calendario ecumenico ci porta anche la memoria di Abū Hāmid al-Ġazālī, mistico islamico.

Alice Domon era nata a Charquemont (Alto-Doubs), in Francia, il 23 settembre 1937, da una famiglia di sette figli. La vocazione religiosa la spinse ventenne ad entrare nell’Istituto delle Missioni straniere di Notre Dame de la Motte, a Tolosa. Nel 1967 s’imbarcò per l’Argentina. In un primo tempo svolse la sua missione tra bambini handicappati psichici, poi, nel 1969, lei ed altre suore della sua congregazione chiesero di lasciare le comodità del convento per condividere le condizione di vita delle baraccopoli urbane. Alicia cominciò a mantenersi lavorando come domestica part-time, dedicando il resto della giornata al servizio dei vicini. Per un certo tempo, si trasferì nella provincia nordestina di Corrientes, dove si occupò attivamente dei problemi di salute e di istruzione della popolazione locale e accompagnò i movimenti e le manifestazioni di lotta di contadini e braccianti. Tornata a Buenos Ayres, subito dopo il golpe militare, Alicia si legò al Movimento delle Madri della piazza di Maggio, che reclamavano notizie dei loro congiunti desaparecidos. L’8 dicembre 1977, uscendo dalla chiesa di Santa Cruz, dove si era tenuta una riunione preparatoria per la celebrazione della Giornata dei Diritti Umani, Alicia e altre otto persone venivano sequestrate da un gruppo di uomini armati in abiti civili. Léonie Duquet, più anziana di Alicia, era nata nel 1916 a Combe-la-Motte, nei pressi di Morteau, ed aveva fatto la sua professione religiosa nel 1936. Nel 1949 aveva raggiunto l’Argentina, dove per molti anni svolse l’attività di infermiera all’ospedale di Cordova. Suor Léonie Duquet, con cui Alicia abitava all’epoca, fu arrestata nella sua residenza di Buenos Ayres, il 10 dicembre 1977, lo stesso giorno in cui sparì anche la fondatrice del gruppo delle Madri, Azucena Villaflor. Testimonianze raccolte in seguito hanno chiarito che le religiose e le altre persone furono sottoposte a interrogatori, violenze e torture, per essere infine caricate nei famigerati voli della morte e gettate ancora vive in mare. Una decina di giorni dopo il sequestro, alcuni cadaveri furono sospinti dalle onde sulla battigia di una località a circa 38o chilometri a sud di Buenos Ayres e furono prontamente sepolti in una fossa comune. A fine agosto 2005, i resti di due di essi furono riconosciuti, attraverso l’esame del dna, come appartenenti a Léonie Duquet e a Azucena Villaflor. Il corpo di Alicia Domon non fu mai ritrovato.

Abū Hāmid Muhammad ben Muhammad al-Ġazālī era nato a Tus (nell’attuale Iran) nel 1058 Fu professore di filosofia, teologia e diritto a Baghdad. A trentasette anni, nonostante il successo e la stima conquistata negli ambienti accademici, conobbe una profonda crisi spirituale, che descrisse in questi termini: “Ho esaminato le motivazioni che mi guidavano nel mio insegnamento e ho capito che non si trattava di un semplice desiderio delle cose di Dio, ma che l’impulso che mi muoveva era il desiderio di conquistare una posizione influente e il riconoscimento pubblico”. Questa presa di coscienza lo spinse ad abbandonare il mondo per diventare un sufi pellegrino. Dopo undici anni passati in meditazione e in ritiro, si lasciò convincere dal Sultano dell’epoca a tornare ad insegnare nella città di Baghdad. Ma solo per poco tempo. Ben presto decise infatti di ritirarsi nella città natale, dove visse gli ultimi tempi della sua vita con pochi discepoli in un convento sufi, dove morì il 19 dicembre 1111 (15 Jumaada Thaani 505). Le sue numerose opere, tra cui la più famosa è Il Ravvivamento delle Scienze della religione, sono notevoli per vigore e sottigliezza dottrinale, nonché per il grande spirito di tolleranza.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dei Giudici, cap. 13,2-7.24-25a; Salmo 71; Vangelo di Luca, cap.1, 5-25.

La preghera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Per stasera è tutto, noi ci si congeda con una citazione di Abū Hāmid al-Ġazālī, tratta dal suo “L’amore di Dio” (EMI). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Una celebre tradizione riporta: “Abramo disse all’Angelo della morte quando questi venne per prendere il suo spirito: “Hai mai visto un amico far morire il suo amico?”. Allora Dio gli rivelò: “Hai mai visto un amante provare disgusto nell’incontrare il suo beneamato?”. Abramo allora disse: “Oh Angelo della morte, adesso, prendimi!”. Questo accade solo al servitore che ama Dio con tutto il cuore. Se sa che la morte è la causa dell’incontro con Dio, il suo cuore trepida per Lui, egli non ha altro amato che Lui fino a curarsi esclusivamente di Lui. Il nostro Profeta nella sua invocazione disse: “Dio mio, concedimi d’amarti e di amare chi Ti ama e di amare ciò che mi avvicina al Tuo amore; fa’ sì che il mio amore per Te mi sia più caro dell’acqua fresca”. Un beduino giunse dal Profeta e gli domandò: “Oh Inviato di Dio, a quando l’Ora?”. Egli rispose: “In che modo ti sei preparato per essa?”. L’altro aggiunse: “Non ho preparato molte preghiere né molti digiuni, ma io amo Dio e il suo Inviato”. L’Inviato disse allora: “L’uomo sarà con Colui che ama”. (Abū Hāmid al-Ġazālī, L’amore di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Dicembre 2019ultima modifica: 2019-12-19T22:06:53+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo