Giorno per giorno – 30 Novembre 2019

Carissimi,
“Mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini. Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono” (Mt 4, 18-20). Neppure sapevano dove li avrebbe portati, né aveva detto loro: c’è da fare questo o quello. Se anche, come suggerisce l’evangelista Giovanni, i due fratelli avevano già avuto un forse solo fugace incontro con il Maestro e, almeno Andrea era discepolo del Battista, (cf Gv 1, 35-42), poco doveva essere ciò che sapevano di lui e ora, comunque, se ne stavano lì al loro lavoro. Ma ci sono sguardi che conquistano all’istante. E che trascinano al loro seguito. Com’è diversa l’avventurosa sequela di Gesù dalla monotonia e tristezza di una religiosità devozionale o di una religione civile. Non pratiche di pietà, riti, pellegrinaggi, festività, e neppure norme e precetti, ma un progetto di vita, enigamatico quanto basta, che lo si sarebbe scoperto poco a poco, apprendendo da lui: vi farò pescatori di uomini. Pescatori è ancora sufficientemente chiaro, era la loro professione, la fonte del loro sostentamento. Ma pescatori di uomini? Pescare gli uomini dal mare, è riscattarli dall’abisso, dal Sistema che uccide. Se Gesù tornasse e volesse farne una parabola per spiegarlo, direbbe di quanti mettono la loro vite a servizio del salvataggio delle vittime dei naufragi dei vostri mari. Naufragi che sono il più delle volte cominciati molto prima di scendere in mare. Salvare vite, in tutti i sensi, in ogni situazione. A questo sono votati i discepoli di Gesù. E solo se conducono a questo, hanno senso riti, pellegrinaggi, feste, digiuni e devozioni.

Oggi, dunque, il calendario ci porta la memoria di Andrea, pescatore ebreo e apostolo primo-chiamato. Noi ricordiamo anche Etty Hillesum, mistica ebrea e martire con il suo popolo ad Auschwitz.

Andrea era pescatore nativo di Betsaida, figlio di Giona e fratello di Simon Pietro. Fu dapprima discepolo di Giovanni Battista. In seguito, dopo aver ascoltato la testimonianza del precursore nei riguardi di Gesù (cf Gv 1, 29.36), immediatamente seguì Gesù, divenendo il suo primo discepolo. Un’antica tradizione vuole che, dopo aver predicato in molti luoghi differenti, nella Bitinia, in Macedonia e altrove, sia morto a Patrasso, nell’Acaia, crocifisso su una croce a forma di X, la prima lettera di “Cristo” nella lingua greca. Questa croce divenne così simbolo di sant’Andrea.

Esther (Etty) Hillesum era nata il 15 gennaio 1914 a Middelburg (Olanda), figlia di un metodico e rigoroso professore di lingue classiche, Louis, e di una donna passionale e caotica, Rebecca Bernstein, entrambi ebrei. Etty e i suoi fratelli, Misha e Jaap, erano tutti straordinariamente dotati, lei appassionata di filosofia e letteratura, il secondo promettente pianista e l’ultimo con precoci disposizioni sul piano scientifico. L’intera famiglia sarebbe stata sterminata ad Auschwitz. La giovane donna, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, fece, nel gennaio del 1941, l’incontro decisivo della sua vita con Julius Spier, allievo di Gustav Jung, uno psicologo dalla personalità affascinante, di cui Etty fu prima paziente e assistente e poi compagna. L’incontro si rivelò decisivo per l’evoluzione e la maturazione spirituale di Etty. Negli anni della guerra, dopo aver lavorato per un breve periodo in una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam, Etty chiese il trasferimento a Westerbork, il campo di “smistamento” dove transitavano migliaia di ebrei olandesi destinati alla deportazione. Lavorò nell’ospedale del campo – con alcuni rientri ad Amsterdam – dall’agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 Novembre 1943 (il 3 Kislev 5704, secondo il calendario ebraico). Lasciò scritto nel suo Diario, “uno dei vertici della letteratura olandese” e documento di un cammino interiore di un’intensità sconvolgente: “Non penso più che si possa migliorare qualcosa nel mondo, senza aver fatto prima la nostra parte dentro di noi”. E ancora: “La mancanza di odio non implica necessariamente l’assenza di un’elementare indignazione morale. Io so che chi odia ha le sue buone ragioni, ma perché dovremmo scegliere sempre la via più facile? Nel lager ho percepito con tutta me stessa che anche il più piccolo atomo di odio aggiunto a questo mondo, lo rende ancora più inospitale”. Sì, essere capaci di soffrire “insieme”, aggiungere a questo mondo un po’ di amore e bontà.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’apostolo Andrea e sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.10, 9-18; Salmo 19; Vangelo di Matteo, cap.4, 18-22.

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi compirebbe (anzi, li compie, anche se ai piani superiori) centosette anni, Arturo Paoli, essendo nato in quel di Lucca il 30 novembre 1912. Alla vigilia di quella che oggi è la memoria di Charles de Foucauld, la cui vicenda avrebbe segnato la sua vita e, come forse nessun altra, la spiritualità del nostro tempo e dalla cui intuizione sarebbero nate le diverse famiglie dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle. Noi vogliamo celebrarne la ricorrenza, con le parole con cui concludeva il suo (forse ultimo) libriccino “La pazienza del nulla” (Charelettere): “L’osservare ogni uomo che viene a questo mondo e ogni realizzazione umana illuminata dalla luce della Verità è fonte di gioia permanente. Sarei potuto divenire facilmente un cristiano ringhioso e intransigente, uno di quelli che un antico maestro chiamava “i cristiani al vetriolo”. E invece mi ha reso spettatore felice delle infinite apparizioni della verità nella complessità della storia e nelle infinite creazioni di quell’essere che non finirá mai di stupirci: l’uomo. Perciò ho detto sopra che quella luce relativizza tutto e assolutizza tutto. Perché ogni esperienza umana è relativa e nello stesso tempo contiene questo frammento d’infinito, l’oro, sia pure infinitesimo, nascosto in una manciata abbondante di sabbia”.

Per stasera è tutto e noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una pagina di Etty Hillesum. Datata venerdì [9 ottobre 1942], è tratta dal suo “Diario 1941-1943” (Adelphi). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per quanto possa sembrare paradossale: quando si punta troppo sull’unione fisica, quando s’investono tutte le proprie energie nel desiderio della persona amata, in fondo le si fa torto: perché allora non rimangono più forze per essere veramente con lei. Rileggerò sant”Agostino. È così austero e così ardente. E così appassionato, si abbandona così completamente nelle sue lettere d’amore a Dio. In fondo, quelle a Dio sono le uniche lettere d’amore che si dovrebbero scrivere. Sono presuntuosa a dire che possiedo troppo amore per darlo a una persona sola? L’idea che per tutta la vita si debba amare sempre e soltanto una persona mi sembra così infantile. Può impoverire e inaridire parecchio. Chissà se la gente imparerà che l’amore per la persona reca assai più felicità e buoni frutti che l’amore per il sesso, e che questo priva di linfe vitali la comunità degli uomini? Congiungo le mani in un gesto che mi è divenuto caro e attraverso il buio ti dico cose sciocche e serie, e imploro una benedizione sulla tua bella testa sincera – in una parola sola si direbbe che “prego”. Buon notte, mio caro. (Etty Hillesum, Diario 1941-1943).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Novembre 2019ultima modifica: 2019-11-30T22:48:14+01:00da fraternidade
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