Giorno per giorno – 13 Novembre 2019

Carissimi,
“Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?” (Lc 17, 17-18). Dieci è il numero della totalità, dunque, dell’umanità, come ci diceva stamattina p. Geraldo. Purificata, redenta, riscattata, da colui che si è caricato per intero le nostre lebbre, perché non ci fossero più emarginati ed esclusi. Sapendo che una società che emargina si autoesclude automaticamente dal piano di salvezza di Dio, che annuncia la fine di ogni barriera e di ogni muro di separazione. Il quale Dio non si darà comunque per vinto, facendosi ogni volta incontrare, da chi gli resiste, come nuova opportunità di cura. Il vangelo di oggi racconta la sorpresa di Gesù nel vedere che colui che si presumeva più lontano da lui, è l’unico che torna a rendere grazie a Dio. Questo, paradossalmente, in disobbedienza allo stesso Gesù, che l’aveva mandato a compiere quanto prescritto dal diritto canonico dell’epoca. A significare che la Legge, e la stessa religione non hanno l’ultima parola, secondo la lezione di un altro samaritano (cf Lc 10, 25-37). L’eucaristia – azione di grazie – in sé non è un atto propriamente religioso, è già un adorare Dio in spirito e verità, nell’incontro con Gesù, il grande trasgressore di ogni ordine che imprigioni l’uomo e la sua libertà. Al punto di essere per questo messo a morte. Ora, se noi siamo qui, non è perché ci sentiamo in qualche modo obbligati, ma perché ci siamo trovati improvvisamente guariti, raggiunti immeritatamente dal Dio-che-salva. Prova ne sia che non escludiamo più nessuno (?). Ed è qui che Gesù ci chiede: già, ma che ne è degli altri nove che, pur riscattati, continuano ad escludere (e così ad autoescludersi), magari proprio in nome della religione? Nasce da qui la missione a cui egli ci invia. In umiltà, e non per una qualche forma di proselitismo. Ma per testimoniare che è possibile vivere sotto il segno della gratitudine, nel farci noi stessi dono gratuito agli altri.

Oggi è memoria del card. Joseph Luis Bernardin, testimone di pace e riconciliazione, e di Carl Lampert, presbitero e martire sotto il nazismo.

Joseph Bernardin era nato il 2 aprile 1928 a Columbia, nella Carolina del Sud, da una famiglia di immigrati italiani. Ordinato prete nel 1952, all’età di trentotto anni, venne consacrato vescovo e inviato come ausiliare alla diocesi di Atlanta, in Georgia. Arcivescovo di Cincinnati, nell’Ohio, nel 1972, nella sua prima omelia di Natale espresse una dura presa di posizione sulla guerra nel Vietnam. Fu presidente della Conferenza episcopale Usa nel triennio 1974-1977, in un periodo di relazioni tese e difficili tra l’istituzione ecclesiastica e la comunità dei fedeli, caratterizzandosi sempre per un atteggiamento di ascolto e di dialogo, profondamente radicato nella preghiera. Chiamato nel 1982 a succedere al chiacchierato card. Cody, come arcivescovo di Chicago, per la sua indiscussa integrità morale e l’eccezionale prestigio, assunse come priorità del suo magistero la proposta di una “coerente etica della vita”: guerra, fame, diritti umani, aborto, eutanasia e pena di morte furono temi che egli seppe portare coraggiosamente nel pubblico dibattito, affrontandoli sempre alla luce del Vangelo, pur rispettoso della rigorosa separazione che negli Usa esiste tra la sfera politica e quella religiosa. Risale al novembre del 1993 l’evento “spaventoso e devastante” che cambiò la vita di Bernardin: l’accusa, poi ritirata, rivoltagli da un ex-seminarista ammalato di Aids, di aver abusato di lui, quando era arcivescovo di Cincinnati. L’accusatore dichiarò di aver realmente subito un abuso da parte di un professore del seminario, ma di essere stato istigato da un altro prete a coinvolgere nel caso anche il cardinale. Risollevatosi da questa terribile esperienza, il Cardinale riprese con impegno e rinnovato entusiasmo il suo ministero, fino a che, nel giugno 1995, gli fu riscontrato un tumore maligno al pancreas e l’anno successivo una metastasi diffusa. In un’affollatissima conferenza stampa il 30 agosto 1996 il cardinale diede personalmente l’annuncio, commentando: “Possiamo vedere la morte come un nemico o come un amico. Come persona di fede vedo la morte come un amico, come passaggio dalla vita terrena alla vita eterna”. Il vescovo Bernardin si spense all’una e trenta della notte tra il 13 e il 14 novembre 1996.

Carl Lampert era nato a Göfis, nel Vorarlberg (Austria), il 9 gennaio 1894. Dopo gli studi nel seminario di Bressanone, fu ordinato prete, nel 1918. Per dodici anni svolse il suo ministero pastorale a Dornbirn. Fu poi inviato a studiare diritto canonico a Roma e fece ritorno in patria nel 1935. Nel 1939, un anno dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, Lampert assunse l’incarico di provicario del vescovo di Innsbruck. Dopo lo scoppio della guerra, il presule cominciò a denunciare pubblicamente la politica del regime nazista, comprese le sue ingerenze nelle attività religiose della chiesa e l’arresto e l’avvio ai campi di concentramento di personalità ecclesiastiche. Per questo motivo Lampert fu ripetutamente arrestato e, successivamente, internato nei lager di Dachau e Sachsenhausen, dove gli fu cucito sull’uniforme il contrassegno dei prigionieri politici. Dopo la sua liberazione, nel 1941, la Gestapo inviò Lampert in soggiorno obbligato a Zinnowitz, nei pressi di Stettino, in Pomerania. Anche in questa nuova destinazione, il prete mantenne il suo atteggiamento critico nei confronti del regime, che, da parte sua, ne teneva costantemente sotto controllo ogni attività pubblica e ogni contatto privato, visite, lettere e telefonate. Questo fornì materiale sufficiente per portare al suo arresto, nel febbraio 1943, sotto l’accusa di aver rivelato informazioni relative alla realizzazione di armi nell’isola di Usedom, di aver condannato la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento e l’uccisione di pazienti nelle cliniche psichiatriche, nonché di ascoltare programmi-radio di stazioni straniere, e di portare aiuto e conforto ai condannati ai lavori forzati. Riconosciuto colpevole di tutto questo, fu condannato a morte per decapitazione. La sentenza fu eseguita il 13 novembre 1944 a Halle/Saale.

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro della Sapienza, cap.6, 1-11; Salmo 82; Vangelo di Luca, cap.17, 11-19.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Nei suoi ultimi due mesi di vita, il Card. Joseph Bernardin scelse di mettere per iscritto le riflessione che accompagnarono la stagione della sua malattia e la preparazione alla morte. Ne è venuto fuori il libro “Il dono della pace” (Queriniana), di cui, nel congedarci, vi proponiamo un brano come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Che cosa faccio durante la mia preghiera mattutina? Prego parte della Liturgia delle Ore. Per me quella è una preghiera molto importante. È una preghiera della Chiesa, e mi sento collegato con tutte le persone, specialmente il clero e i religiosi, che recitano o pregano la Liturgia delle Ore in tutto il mondo. Ciò mi da così non solo la sensazione, ma anche la convinzione che sono parte di qualcosa che è molto più grande. In secondo luogo, una consistente parte delle preghiere delle varie Ore sono prese dai Salmi. Ho trovato che i Salmi sono straordinari perché collegano in maniera alquanto diretta ed umana le gioie e le sofferenze della vita, le virtù ed i peccati. Essi offrono il messaggio che alla fine Dio è vincente. E vedere le persone menzionate nei Salmi che soffrono per essere unite a Dio, da una certa carica di coraggio, derivata dal fatto di sapere che perfino migliaia di anni fa stavano succedendo le stesse cose. Prego pure il Rosario, perché esso illustra con vive immagini alcuni dei momenti più elevati della vita e del ministero del Signore come della Madre Santissima. È un vero aiuto. Taluno pensa che possa essere ripetitivo, ed in un certo senso lo è. Ma il Rosario ci mantiene concentrati sui misteri del Signore: Misteri Gaudiosi, Misteri Dolorosi e Misteri Gloriosi. E poi impiego parte del mio tempo in preghiere mentali, riflessioni. Provo ad arricchirle il più possibile con riflessioni devote sulle Scritture ed altri buoni libri spirituali. Come già detto, fui un po’ sorpreso quando mi resi conto che nel periodo della mia convalescenza, immediatamente dopo l’intervento, non avevo in realtà il desiderio o la forza di pregare. Ed è stato allora che dissi a qualche amico: «Cerca di pregare quando stai bene, perché quando sarai ammalato, probabilmente non lo farai». Ma questo non ha fatto venire meno in nessun modo la mia fede nel Signore. Anzi, ho trovato questo molto valido per alcuni miei compagni ammalati di tumore. Talvolta essi pensano che la loro fede vacilli quando non riescono a pregare così intensamente come possono aver fatto prima. Ma ritorno ad una parola: collegati. Senza preghiera, non ci si può collegare o rimanere uniti al Signore. Essa è assolutamente essenziale. (Joseph Bernardin, Il dono della pace).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Novembre 2019ultima modifica: 2019-11-13T22:35:18+01:00da fraternidade
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