Giorno per giorno – 26 Ottobre 2019

Carissimi,
“Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai” (Lc 13, 6-9). Stamattina, ci dicevamo che il dialogo tra il proprietario della vigna e il suo vignaiolo, piú che un improbabile confronto tra il Padre e il Figlio, metta a tema l’opposta logica che regge il dio delle religioni e quello rivelatoci in Gesù. Centrale, nella logica religiosa, è il discorso della colpa e della punizione che incombe. Si pensi alla predicazione di Giovanni Battista: “La scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco” (Lc 3,9), cui anche la nostra parabola sembra alludere. Diverso e opposto è il discorso di Gesù, che, per altro, esprime la verità del Padre: “Lascialo ancora questo anno”, che è poi “ogni” anno, l’intero tempo della storia. E sappiamo come è finita: che nessuno, per castigo, è stato tagliato, salvo il Figlio, che si è caricato di ogni colpa, come a dire: sono stato un pessimo vignaiolo: “Perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). Del resto, devono essersi sussurrati l’un l’altro, il Padre e il Figlio, se desideravamo risultati migliori, c’era solo da crearli belli e perfetti, togliendo loro il libero arbitrio, nessun fico si sarebbe rivelato sterile. Beh, era una parabola tutta per noi e per quanti ce la mettono tutta per dimostrare l’inutilità della Parola a produrre i frutti buoni del Regno: dedizione, servizio, giustizia, pace, libertà, fraternità. Quest’anno è, allora, il tempo che ci è dato per invertire la rotta, non disanimare il Padre, non crocifiggere nuovamente Gesù nei crocifissi della Terra, rinnovare la creazione a misura del progetto di Dio. Come frutto, magari, del Sinodo per l’Amazzonia che ha chiuso oggi i suoi lavori a Roma.

Oggi è memoria di William Temple, pastore e testimone di ecumenismo, e di Hubert Luis Guillard, martire della solidarietà in Colombia.

William Temple, figlio di Beatrice e Frederick Temple, era nato il 15 Ottobre 1881, a Exeter, città di cui il padre era a quel tempo vescovo, prima di diventare, nel 1897, primate della Chiesa d’Inghileterra. Dopo gli studi a Oxford, William decise di seguire le orme paterne; fu, così, ordinato diacono nel 1909 e presbitero nel 1910. Il suo impegno ecclesiale fu sempre accompagnato da una profonda attenzione al mondo dei poveri. Nel 1908 era divenuto presidente dell’Associazione per l’istruzione dei lavoratori e nel 1918 aderì al Partito laburista, all’attuazione del cui programma si dedicò sempre attivamente. Sposatosi nel 1916 con Frances Anson, divenne, nel 1921, vescovo di Manchester, dove si fece conoscere, ammirare e amare, per la sua spiritualità, ma anche per la semplicità, l’umorismo, l’affabilità che lo caratterizzavano. Risalgono a quegli anni due tra i suoi maggiori lavori teologici: La Mente Creatrice e Cristo, la Verità. Nel famoso sciopero generale del 1926 si fece mediatore tra le parti in conflitto e contribuì al raggiungimento di una soluzione gradita a tutti. Nel 1928 fu nominato arcivescovo di York. Dopo che il Fronte Cristiano Unito conquistò l’appoggio di numerosi leader di chiesa, quando ne percepì la deriva reazionaria, Temple non esitò, nel 1937, a denunciarne pubblicamente errori e manovre. Promotore del Consiglio britannico delle Chiese, Temple presiedette nel 1937, a Edimburgo, la seconda conferenza internazionale di Fede e Costituzione, in cui propose di creare un Consiglio Mondiale delle Chiese, che avrebbe trovato realizzazione qualche anno dopo la sua morte. Temple divenne arcivescovo di Canterbury nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale. Notevole fu il suo zelo per recar sollievo ai rifugiati ebrei, sfuggiti alle persecuzioni hitleriane e il suo appoggio ad una pace negoziata. La sua ultima apparizione in pubblico fu ad un ritiro del clero, che volle ugualmente predicare, nonostante le cattive condizioni di salute. William Temple morì il 26 ottobre 1944 a Westgate-on-Sea, nel Kent. Il calendario della Chiesa d’Inghilterra lo ricorda il 6 novembre, giorno anniversario del suo battesimo.

Hubert Luis Guillard era un prete belga della Congregazione dei padri assunzionisti. Era giunto in Colombia nel 1965, per insegnare in un collegio della sua congregazione, poi, però, si era trasferito in un quartiere povero della periferia di Medellin, dove aveva contribuito a creare una scuola, un ambulatorio e un giardino d’infanzia. Nel 1970, recatosi a Cali, si era stabilito in una baraccopoli e, anche in questo caso, assieme agli abitanti del posto aveva costruito una scuola e un ambulatorio, dedicando poi tutti i suoi sforzi alla creazione di un centro di formazione per la promozione di microimprese, come soluzione al problema della disoccupazione. Nel distretto di Aguablanca, un conglomerato di 23 quartieri totalmente trascurato dalle autorità, senza luce, acqua e fognature, dove frequenti erano inondazioni, incendi ed epidemie, aveva organizzato la parrocchia di El Vergel, come primo nucleo di un’organizzazione popolare che venne via via rafforzandosi. La sera del 10 aprile 1985, tornando con due laici da una riunione al Centro parrocchiale, fu accolto dall’imboscata di una pattuglia dell’esercito. Cinque proiettili lo raggiunsero al cervello. Resterà più di sei mesi in coma, venendo a mancare il 26 ottobre. Aveva 49 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera Ai Romani, cap. 8, 1-11; Salmo 24; Vangelo di Luca, cap.13, 1-9.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. E, dato che, come accennavamo più sopra, si sono conclusi oggi i lavori del Sinodo per l’Amazzonia, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura un brano del documento finale diretto dai Padri sinodali a papa Francesco. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’ascolto del clamore della terra e del grido dei poveri e dei popoli dell’Amazzonia con cui camminiamo ci chiama a una vera conversione integrale, con una vita semplice e sobria, il tutto alimentato da una spiritualità mistica nello stile di San Francesco d’Assisi, esempio di conversione integrale vissuta con gioia e godimento cristiano. Una lettura orante della Parola di Dio ci aiuterà ad approfondire e scoprire i gemiti dello Spirito e ci incoraggerà nell’impegno di prenderci cura della “casa comune”. Come Chiesa di discepoli missionari, imploriamo la grazia di questa conversione che “comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda” (Laudato Si’ 217); una conversione personale e comunitaria che ci impegna a relazionarci armoniosamente con l’opera creatrice di Dio, che è la “casa comune”; una conversione che promuova la creazione di strutture in armonia con la cura della creazione; una conversione pastorale basata sulla sinodalità, che riconosca l’interazione di tutto il creato. Conversione che ci porta ad essere una Chiesa in uscita che entri nel cuore di tutti i popoli amazzonici. (Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica, Documento finale al Santo Padre Francesco, 17-18)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-26T22:36:44+02:00da fraternidade
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