Giorno per giorno – 21 Ottobre 2019

Carissimi,
“Uno della folla gli disse: Maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità. Ma egli rispose: O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? E disse loro: Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni” (Lc 12, 13-15). Evidentemente il tipo era vittima di un sopruso da parte del fratello, che gli negava la sua parte di eredità. A questo si riducono spesso i rapporti tra fratelli, resi così succubi dell’inimicizia, invece che testimoni di quell’amore fraterno, che Dio, in forza della sua paternità universale, vorrebbe caratterizzasse le relazioni tra gli umani. Per questo Gesù si nega a farsi arbitro (“divisore” nel testo greco, di divisore ne basto uno, il diavolo, che ha lo stesso significato) in una contesa che non dovrebbe esistere, perché mossa da quel desiderio smodato di beni capace di uccidere la fraternità. La logica del Regno che egli è venuto a portare la enuncerà, una volta di più, poco più avanti nel discorso: “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma” (v. 33). Che, poi, per un tempo, fu la regola della comunità primitiva, secondo quanto scrive lo stesso Luca negli Atti degli Apostoli: “Chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (At 2, 45). Ma i cristiani, lungo il tempo, sembrano essersene scordati, tanto nei rapporti famigliari, quanto, e assai più, nei confronti di coloro che, dalla società, sono considerati estranei, stranieri, di cui, spesso, il Sistema ha rapinato le risorse, che permetterebbero loro di vivere degnamente nelle loro terre, e che sono costretti a mendicare le briciole, ospiti indesiderati, alle porte dei briganti che li hanno lasciati privi di tutto. Il monito di Gesù ai suoi seguaci suona così più attuale che mai: “Tenetevi lontani da ogni cupidigia”. Se, dove e quando ci riusciremo, nascerà comunione.

Oggi, il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria dei Martiri ebrei dei pogrom nell’Impero russo.

Al fallimento della prima rivoluzione russa, nel 1905, fecero seguito in numerosi distretti dell’impero russo, dalla Polonia all’Oceano Pacifico, violenti pogrom contro la popolazione ebraica. Devastazioni e massacri di questo genere si erano già avuti nei quarantanni precedenti e, in tempi più ravvicinati, nel 1903, a Kišinev (oggi Chișinău, in Moldavia). Sebbene tali “spedizioni punitive” fossero accreditate come reazioni spontanee della popolazione verso gli usi religiosi ebraici, esse furono in realtà largamente sfruttate dal governo per convogliare verso l’intolleranza religiosa e l’odio etnico la protesta di contadini e lavoratori salariati sottoposti a dure condizioni di vita. Si calcola che negli ultimi dieci giorni di ottobre vi furono una cinquantina di “grandi” pogrom e circa seicento “piccoli” pogrom. I più sanguinosi si ebbero a Bogopol, Aleksandrovsk, Jusovka, Golta, Mariupol, Tomsk, Olviopol, ma soprattutto a Odessa, dove i morti furono almeno 800, migliaia i feriti, e migliaia le case di ebrei distrutte o saccheggiate. Testimoni oculari dichiararono che “gli autori delle devastazioni, brutalmente e indiscriminatamente, picchiavano, mutilavano e assassinavano ebrei inermi, uomini, donne e bambini. Scagliavano le loro vittimi fuori dalle finestre, violentavano, squarciavano il ventre alle donne gravide, massacravano bambini davanti ai loro genitori”. I pogrom erano spesso pubblicizzati con volantini di questo tenore: “Cari fratelli, nel nome del nostro Salvatore che ha versato il suo sangue per noi e nel nome del nostro amatissimo zar pieno di attenzioni per il suo popolo, gridiamo: “abbasso i Jid!”, addosso a questi aborti infami, a queste sanguisughe avide di sangue! Venite in nostro aiuto, lanciatevi sugli sporchi Jid, siamo già numerosi”. Furono gli ultimi pogrom nella Russia zarista che preferì optare negli anni successivi per la tattica dell’agitazione a freddo. Nel decennio 1906-1916 furono pubblicati 2837 libri ed opuscoli a carattere antisemita e il contributo finanziario dello zar Nicola II (canonizzato dalla Chiesa ortodossa nell’anno 2000) superò i 12 milioni di rubli.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.4, 20-25; Salmo (da Lc 1, 69-75); Vangelo di Luca, cap.12, 13-21.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

“L’ottavo giorno terrete la santa convocazione e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco. È giorno di riunione; non farete alcun lavoro servile” (Lv 23, 36). Per i nostri fratelli ebrei oggi, 22 di Tishri, è Sheminì ‘Atzeret (l’ottavo [giorno] dell’adunanza). In Israele coincide con la Festa di Simchat Torah (la Gioia della Legge), che, nelle comunità della diaspora è invece celebrata domani. In questo giorno durante il Mussaf, l’ufficio supplementare previsto dalla Bibbia per i sabati e le feste, viene introdotta la preghiera per la pioggia, che sarà ripetuta tutti i giorni, fino a Pasqua, nell’Amidà (“in piedi”), la preghiera per eccellenza della liturgia sinagogale. Quanto a Simchat Torah, ci proponiamo di riparlarne domani.

È tutto, per stasera. Prendendo spunto dall’odierna festa ebraica di Sheminì ‘Atzeret, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura un aneddoto ambientato in tale contesto. Tratto da “I racconti dei Chassidim” (Garzanti) di Martin Buber, è, per ogggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Una volta, l’ottavo giorno della Festa delle Capanne, una gran gioia regnava alla tavola del Rabbi di Czortkov. Egli chiese ridendo: “Perché la gente si rallegra tanto? Hanno bevuto un bicchierino?”. “Per bere”, gli fu risposto, “non vi è stato ancora tempo, siamo rimasti a lungo nella sinagoga e poi ci siamo subito seduti alla tavola del Rabbi. Ci rallegriamo semplicemente per la festa e perché siamo dal Rabbi”. “Vero è”, disse egli, “che non appena quelli di Israele avvertono anche una piccola oncia di rivelazione, subito li invade una gran gioia”. E dopo un poco proseguì: “Io dico che questa generazione, in cui Dio si nasconde a noi, è migliore di quella del deserto. A quella fu concessa la grande rivelazione, poiché, com’è noto, allora una serva vedeva di piú che più tardi il profeta Ezechiele, e avevano potenti forze spirituali, e il loro maestro era Mosè. Ma ora è il grande occultamento, e le forze sono poche, eppure quando si sente una piccola oncia di rivelazione si è esaltati e lieti. Perciò io dico: questa generazione è migliore di quella del deserto”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-21T22:10:29+02:00da fraternidade
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