Giorno per giorno – 09 Ottobre 2019

Carissimi,
“Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione” (Lc 11, 2-4). E così la richiesta che, nella formulazione anteriore – “non indurci in tentazione” – faceva piú problema a coloro che, pur senza conoscere quanto aveva scritto in proposito san Giacomo, nutrivano l’intima convinzione che “Dio non tenta nessuno al male” (Gc 1, 13), ora è superata. Qui da noi, lo è da decenni, dato che essa suona: “non lasciarci cadere nella tentazione”, ad evitare la concezione veterotestamentaria, ma di cui vi è traccia qua e là anche nel Nuovo Testamento, che Dio non solo intenda ogni tanto metterci alla prova – e in questo caso sarebbe una sorta di misura pedagogica per aiutarci a crescere -, ma prenda proprio l’iniziativa di dare a qualcuno una spinta, come scriveva Paolo ai Tessalonicesi: “Per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità” (2Ts 2, 11-12). Per tentazione, in ogni caso, sembra si debba proprio intendere quella che riguarda l’opzione fondamentale tra il Vangelo del Regno, annunciato ai poveri, in vista della loro liberazione, e il cedimento allo spirito del mondo che ci rende schiavi degli istinti egoisti. Consapevoli della nostra fragilità e delle astuzie messe in atto dal Sistema, per minare l’unità della Chiesa nella testimonianza che è chiamata a rendere al Signore Gesù, chiediamo a Dio di non lasciarci soccombere e di farci dono della fedeltà al suo mandato.

Oggi la Chiesa fa memoria del Patriarca Abramo, Padre di tutti i credenti nel Dio unico.

Primo dei Patriarchi e fondatore del monoteismo ebraico, confidando nella parola di Dio, emigrò con sua moglie Sara nella terra di Canaan (Gen 12, 1ss). Come segno della sua alleanza con Dio, gli fu ordinato, quando era già vecchio, di circoncidersi (Gen 17,10) e, secondo il racconto biblico, fu dopo questo che Sara diede miracolosamente alla luce un figlio, Isacco (Gen 21,2). Una delle dieci prove di fedeltà a cui Dio sottopose Abramo fu la richiesa che gli offrisse in sacrificio proprio Isacco (Gen 22,2). L’episodio, che nell’esegesi ebraica è designato como la ’Aqedah (la legatura), è ricco di interpretazioni suggestive. Abramo è considerato il “guardiano della Torah”, ancor prima che essa fosse stata rivelata da Dio. A lui si deve la pratica della preghiera ebraica del mattino (Gen 19,27). Benevolo e compassionevole, intercedette presso Dio perché Sodoma fosse risparmiata, nonostante la malvagità dei suoi abitanti, chiedendogli quanti uomini giusti fosse sufficiente trovarvi per evitarle la distruzione. Partito da cinquanta, quando arrivò a dieci, ritenne giusto non insistere oltre (Gen 18, 23 ss). Sembra che il minian, il numero minimo di dieci uomini necessario per il culto pubblico, si fondi proprio su questa tradizione. Abramo morì a 175 anni e fu sepolto nella caverna di Macpela (Gen 25,7ss). Gode di una grande considerazione, oltre che nell’ebraismo, anche nel cristianesimo e nell’islamismo, che vedono in lui la figura perfetta del credente, che fonda gli ideali etici e culturali di queste tre religioni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Giona, cap.4, 1-11; Salmo 86; Vangelo di Luca, cap.11, 1-4.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti operano in vista della pace, della giustizia e della fraternità tra i popoli, quale che sia la fede religiosa o la filosofia di vita professata.

Da ieri sera, al tramonto, i nostri fratelli ebrei sono entrati nel 10 del mese di Tishri, quando si celebra Yom Kippur, il “Giorno del Perdono”, Shabbat shabbaton, il “Sabato dei sabati”, la maggior festività giudaica, quella di cui il libro del Levitico dice “In quel giorno si compirà il rito espiatorio per voi, al fine di purificarvi; voi sarete purificati da tutti i vostri peccati, davanti al Signore” (Lv 16, 30). È durante questa festa, che, nel kodesh ha-kodashim, il “Santo dei santi” del Tempio, per una sola volta durante l’anno, il sommo sacerdote, pronunciava il Nome di Dio (Jhwh), invocando per tutto il popolo il perdono dei peccati. L’intera giornata, ancora oggi, è caratterizzata dall’astensione da ogni tipo di lavoro, dal digiuno e dalla preghiera che, in sinagoga, dura quasi senza interruzione da mattina a sera. L’augurio che ci si scambia oggi è: “G’mar Hatimah Tovah” letteralmente “Un buon sigillo finale”, intendendo: “Possa tu essere inscritto nel Libro della Vita”. Amen!

È tutto per stasera. E noi, prendendo spunto dalla festa di Yom Kippur, vi proponiamo un fioretto, situato nel contesto di tale solennità, che ha come protagonista Rabbi Moshe Löb di Sasow. Tratto da “I racconti dei Chassidim” (Garzanti) di Martin Buber, è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La vigilia del Giorno del Perdono, all’ora in cui si doveva recitare Kol Nidrè, tutti i chassidim erano raccolti nella sinagoga e attendevano il Rabbi. Il tempo passava ed egli non veniva. Una delle donne disse a se stessa: “Ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che cominci, e io mi sono così affrettata, e il mio bambino è rimasto solo in casa, voglio andare a vedere se si è svegliato e in pochi minuti sarò qui di nuovo”. Corse a casa, ascoltò alla porta, era silenzio. Adagino premè la maniglia, mise dentro la testa, e vide che il Rabbi era lì e teneva in braccio il bambino, il cui pianto l’aveva richiamato mentre andava alla sinagoga. Aveva giocato con lui e aveva cantato fino a che s’era addormentato. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-09T22:42:49+02:00da fraternidade
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