Giorno per giorno – 01 Ottobre 2019

Carissimi,
“Ma i Samaritani non vollero ricevere Gesù, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio” (Lc 9, 53-56). L’intolleranza verso chi pensa o crede o agisce diversamente da noi, sta sempre lì, più o meno nascosta, pronta a esplodere in violenza fisica o verbale, nonostante la dottrina dell’amore, incondizionato, rivolto dunque anche ai nemici, che Gesù ha incarnato e che ci ha lasciato come mandato. Molti codici e la Vulgata specificano il contenuto di quel rimprovero, facendo dire a Gesù: “Voi non sapete di che spirito siete. Poiché il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime degli uomini, ma a salvarle”. Questo del resto esprime il senso di tutta la sua attività. Nessun miracolo egli ha operato per punire i suoi avversari, i peccatori o chi altro, non ha azzoppato, né accecato, né ammutolito nessuno, come, a noi, viene a volte la tentazione, non di fare (solo perché non ne abbiamo il potere), ma almeno di desiderare. È già qualcosa sapere che Dio non punisce nemmeno noi, per questi atteggiamenti. Però ci sgrida. E noi non ne trarremo tutte le conseguenze del caso?

Oggi facciamo memoria di Teresa del Bambino Gesù, “piccola” sulla strada dell’Evangelo, e Jacques Fesch, convertito, contemplativo.

Teresa Martin, nacque ad Alençon, in Francia, il 2 gennaio 1873, in una famiglia profondamente religiosa. A 14 anni, manifestò l’intenzione di seguire le sue due sorelle, Paolina e Maria, nella vita del Carmelo. Superando tutti gli ostacoli che si opponevano alla sua precoce vocazione, riuscì ad entrare nel Carmelo di Lisieux l’anno seguente (1888), dove prese il nome di Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo. Come spesso, tuttavia, accade, la realtà che incontrò era lontana da essere quella idealizzata. Vi circolavano meschinità, tiepidezza, sgarbi e storture, ma la giovanissima monaca riescì a tenersi fuori dal gioco del risentimento e della sterile polemica. Intuì che non è criticando le consorelle che sarebbe riuscita a migliorare l’atmosfera del monastero, ma accettando la scommessa di farsi santa, esigendo da sé niente meno che tutto. Con semplicità e una buona carica di auto-ironia. La “via” è quella dell’infanzia spirituale: riconoscere la propria piccolezza, abbandonandosi con fiducia alla bontà di Dio, come un bambino tra le braccia della madre. Le prove spirituali che Teresa affrontò durante la sua vita nascosta – la “notte della fede”, il vuoto spirituale, la tentazione dell’incredulità – la rendono vicina a quanti conoscono l’angoscia del dubbio e della mancanza di fede. La sua fragile salute non gli permise di resistere ai rigori della vita di clausura. La sera del 30 settembre 1897, a 24 anni, Teresa morì di tubercolosi, unendo le sue sofferenze a quelle di Cristo sulla croce.

Jacques Fesch era nato a Saint-Germain-en-Laye, il 6 aprile 1930, figlio, come si dice, di buona famiglia. Ma, anche, una testa calda. Irrequieto, indisciplinato, ribelle, finì con l’essere espulso da scuola. A diciassette anni incontrò Pierrette Polack, dalla relazione con la quale nascerà una figlia, Veronica, e che, raggiunta la maggior età, deciderà, piuttosto riluttante, di sposare, nel giugno del 1951. Terminato il servizio militare, Fesch scoprì che lavorare non era proprio la sua vocazione. In compenso amava spendere. Un giorno, un amico gli prospettò l’idea di un’avventura per mare, in una vita libera da impegni, doveri, convenzioni. Ma, ci voleva una barca e la barca costava tanto. Si poteva comunque rimediare con una rapina. Fu così che il 18 febbraio 1954, a Parigi, prese quella che gli sembrava la decisione giusta: assaltare l’agenzia di cambio di un tale Sylberstein. Senza troppo successo, però, perché, questi fece a tempo a chiamare la polizia. Fesch fuggì, ma, per fermare l’agente che lo inseguiva, gli sparò e lo uccise. Senza che questo gli evitasse di essere arrestato, subito dopo. Il carcere fu, in ogni caso, la sua via di Damasco. Fu lì, infatti, che incontrò, improvvisamente e imprevistamente, Dio. Della ricchezza di questo incontro ci lasciò testimonianza nel diario steso negli ultimi mesi di vita. Fu condannato a morte il 6 aprile 1957. Pochi giorni prima dell’esecuzione, dopo aver letto “Storia di un’anima” di Teresa di Lisieux, aveva scritto: “Che graziosa piccola santa, come ci è vicina! Attraverso la ‘piccola via’, bisogna che giunga ad elevarmi. Offrire le più piccole cose che non sono troppo dure. Come il mio tabacco”. Ricordando poi che la santa aveva pregato intensamente per la conversione di un tal Pronzini, condannato a morte, scrisse ancora: “Ha salvato l’anima di un condannato a morte. Il mio caso è troppo simile al suo perché non se ne occupi”. Avrebbe voluto morire il 3 ottobre, giorno in cui allora si celebrava la memoria di Teresa di Lisieux. Fu ghigliottinato invece il 1º Ottobre 1957. Qualche anno più tardi, però, con la riforma del calendario, la memoria della santa fu fatta coincidere con la data liturgica della sua morte, sicché i due finirono per ritrovarsi accomunati. Con reciproca soddisfazione, presumibilmente.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Zaccaria, cap.8, 20-23; Salmo 87; Vangelo di Luca, cap.9, 51-56.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Oggi, se ci fosse il vecchio Pedro (ma, a suo modo, c’è), avremmo ricordato la sua professione monastica, avvenuta nel 1945, il giorno della memoria della piccola Teresa (che a quel tempo era celebrata il 3 di ottobre): i due, nonostante le apparenze che li facevano così irrimediabilmente diversi, avevano tutto a che vedere l’uno con l’altra. E soprattutto con Quello che li aveva sedotti. Complimenti, Pedro! Se, per il mistero della comunione dei santi, ti resta del tempo libero, dai un’occhiata giù alla tua gente di Goiás. E ai suoi amici.

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Teresa di Lisieux, tratto dallo Scritto autobiografico C. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gesù non vuole che io reclami ciò che mi appartiene; ciò dovrebbe sembrarmi facile e naturale, poiché niente è mio. Ai beni della terra ho rinunciato per il voto di povertà, non ho dunque il diritto di lamentarmi se mi viene tolta una cosa che non mi appartiene, e debbo invece rallegrarmi quando mi accade di sentirla, la povertà. In altri tempi mi pareva di non essere attaccata a nulla, ma da quando ho capito le parole di Gesù, vedo che, all’atto pratico, sono molto imperfetta. Per esempio, delle cose necessarie per dipingere nessuna è mia, lo so bene; ma se, mettendomi all’opera, trovo pennelli e pitture tutti sottosopra, se un regolo o un temperino sono spariti, la pazienza è lì lì per abbandonarmi e devo prendere il coraggio a due mani per non richiedere con una certa amarezza gli oggetti che mi mancano. Bisogna bene, a volte, chiedere le cose indispensabili, ma facendolo con umiltà non si manca al comandamento di Gesù, anzi, si agisce come i poveri, i quali tendono la mano per ricevere ciò che loro è necessano: se vengono respinti, non se ne meravigliano, nessuno deve loro niente. Ah, quale pace inonda l’anima quando s’innalza al di sopra dei sentimenti della natura! Non esiste gioia paragonabile a quella che gusta il vero povero di spirito. Se chiede con distacco una cosa necessaria, e non soltanto questa cosa gli viene rifiutata, ma addirittura cercano di prendere quello che ha, egli segue il consiglio di Gesù: “Abbandonate anche il vostro mantello a colui che vuol litigare per avere il vostro vestito”. Abbandonare il proprio mantello è, mi sembra, rinunziare ai propri ultimi diritti, considerarsi come la serva, la schiava delle altre. Quando si è lasciato il proprio mantello è più facile camminare, correre, perciò Gesù aggiunge: “E chiunque vi forzi a fare mille passi, fatene duemila di più con lui”. Così non basta dare a chiunque mi chieda qualche cosa, bisogna che io vada incontro ai desideri, che mi mostri molto grata ed onorata di rendermi utile, e se prendono una cosa a mio uso, non debbo mostrare di rimpiangerla, ma al contrario sembrar felice di esserne sbarazzata. Madre cara, son ben lontana dal praticare quello che comprendo, tuttavia il solo desiderio che ne ho, mi dà la pace. (Teresa di Lisieux, Scritto autobiografico C, 297-298).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Ottobre 2019ultima modifica: 2019-10-01T22:33:00+02:00da fraternidade
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