Giorno per giorno – 22 Settembre 2019

Carissimi,
“Ebbene, io vi dico: procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16, 9). È la conclusione che Gesù propone per la parabola dell’amministratore infedele. Un’amministrazione che finisce sempre per avvantaggiare alcuni (i già arricchiti e senza scrupoli) e danneggiare gli altri (che non finiscono mai di pagare i loro debiti, artificiosamente calcolati, per continuare ad arricchire i primi). Come succede in maniera sfacciata con il lavoro schiavo, la tratta di persone, e in maniera più subdola e “pulita” nelle relazioni economiche instaurate tra Nord e Sud del mondo dagli Stati o dalle multinazionali, che ne sono la mente o la longa manus. Ma anche, ahinoi, nei rapporti che ci vedono coinvolti nel nostro piccolo e nei quali arrivano sempre per avere la meglio i disonesti. Beh, mettiamo che Dio finisca per venirlo a sapere (in realtà lo sa da sempre!) e ne chieda conto. Quello che è certo è che non si lascia comprare da metodi più o meno mafiosi: tipo una ricca donazione, la costruzione di un tempio, una politica a favore delle sue chiese. Ciò che Dio loda nell’amministratore disonesto è il fatto che egli restituisca, possibilmente con gli interessi, il maltolto alle sue vittime (come successe a Zaccheo), lasciandogli quanto meno la speranza di farsele amiche. Ora, per quanto riguarda noi, riusciremo mai ad avviare e farci sostenitori di un’economia davvero solidale tra persone, classi sociali, Paesi, nazioni e Continenti? Instaurata la quale non ci sarà più bisogno di slogan fuorvianti come “Aiutiamoli a casa loro”, dato che sarà il Nord del mondo che, nel caso, avrà bisogno di essere aiutato. Stamattina, ci dicevamo che questo nuovo capitolo di relazioni, mutatis mutandis, vale ovviamente anche per il nostro personalissimo “nord”, lo spazio del nostro egoismo, che chiede di essere redento.

I testi che la liturgia di questa XXV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Amos, cap. 8, 4-7; Salmo 113; 1ª Lettera a Timoteo, cap.2, 1-8; Vangelo di Luca, cap.16, 1-13.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Comunità e Chiese cristiane.

Oggi, il calendaio ci porta le memorie di Eugenio Lyra, martire della lotta per la giustizia; e quella di Guruk Nānak, mistico e fondatore del Sikhismo.

Eugenio Lyra era nato l’8 gennaio 1947, nello Stato di Bahia. Dopo gli studi medi, desiderando diventare avvocato, si iscrisse alla Facoltà di Diritto, dove si laureò nel 1970. L’anno successivo si sposò con Lucia, sua compagna di studi, prima e, ora, di professione, ed insieme aprirono uno studio a Salvador. Iniziò allora la collaborazione con diversi sindacati, che portò il giovane avvocato a viaggiare spesso in diverse città del’entroterra bahiano. Nel 1976, la coppia maturò la decisione di traferirsi a Santa Maria da Vitória, a mille e quattrocento chilometri dalla capitale. Là fissò la sua residenza, fornendo assistenza legale ai lavoratori e lottando per la restituzione delle terre ai contadini che ne erano stati espropriati illegalmente dai grileiros. In una situazione di estrema tensione, che vedeva lo Stato di Bahia ai primi posti per numero di assassini e di episodi di violenza nei campi, questa scelta procurò presto al giovane avvocato numerosi nemici, che cercarono a più riprese di intimidirlo con minacce e persecuzioni. Pochi giorni prima della deposizione che si apprestava a fare nell’ambito della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla sottrazione di terre ai danni dei piccoli proprietari terrieri, con una documentazione, che incriminava senza ombra di dubbio i potentati locali e additava la loro impunità davanti alla legge, Eugenio Lyra fu ucciso dal pistoleiro Wilson Gusmão, il 22 settembre 1977. L’assassinio era stato commissionato per quarantamila cruzeiros dal fazendeiro Valdely Rios, dall’avvocato Alberto Nunes, e da Abílio Antunes, Cantídio de Oliveira e João da Costa da Silva, con la complicità del delegato di polizia, Eymar Portugal Sena Gomes. Lyra lasciò la giovane moglie incinta e una bimba, Mariana, che sarebbe nata quattro mesi più tardi. Morì, martire della causa del Regno, perché rifiutò di divenire complice dell’arbitrio e della violenza generate da un sistema di dominazione, d’ingiustizia e d’impunità.

Guru Nānak era nato il 15 aprile 1469 a Rāi Bhōi dī Talwandī (oggi Nankana Sahib, nei pressi di Lahore, in Pakistan), figlio di Mehta Kalyan Das Bedi e di Tripta Devi. Dimostrò sin da ragazzo una forte inclinazione alla vita meditativa, preferendo a tutto la compagnia di asceti indù e musulmani. Si dice che egli abbia incontrato a Benares il mistico Kabir, che avrebbe avuto non poca influenza sui suoi sviluppi futuri. All’età di diciotto anni sposò Mata Sulakhanī, da cui ebbe due figli: Lakhmī Dās e Srī Cand. Durante la giovinezza Nānak visse nella città di Sultānpur, dove lavorò come magazziniere alle dipendenze del nababbo Daulat Khān Lodī, ma, trentenne, in seguito ad un’esperienza mistica, lasciò ogni cosa e, assieme ad un suonatore musulmano di nome Mardāna, intraprese un lungo viaggio che lo portò a diversi luoghi santi sia indù che musulmani. Lungo il cammino impartiva col canto i propri insegnamenti. Predicava il superamento della troppo facile esteriorità a cui si riduce la pratica religiosa nelle diverse tradizioni, ed esortava a preferire un culto devozionale rivolto nell’intimo del cuore al Signore supremo, che egli diceva essere l’anām , il “senza-nome”, dato che sono infiniti i nomi con cui gli uomini si sono rivolti a Lui. Ma, proprio per questo, egli è anche semplicemente Nām, il “Nome, o anche Sat-nām, il “Vero Nome”, che si dà a conoscere attraverso l’ordine divino del creato (Hukam), la Parola interiore (Sabad), il Maestro (Guru) – che è in primo luogo il Signore stesso con le sue ispirazioni, ma anche chi è chiamato ad esserne interprete -, la Verità (Sac). Solo la Parola di Dio, la sua Grazia, consente all’uomo di liberarsi dalla prigione del suo egoismo (haumai). Verso il 1520, Guru Nānak ricevette in donazione una terra sulle rive del fiume Rāvi, dove fece costruire un villaggio che chiamò Kartārpur (“città del Creatore”), nel distretto di Narowal, in Punjab (Pakistan). Lì trascorse i suoi ultimi anni di vita, allontanandosi solo per brevi viaggi, al fine di visitare esponenti di altre correnti religiose. Il grande numero di discepoli che vi affluì costituì la prima comunità Sikh. Un discepolo di nome Lahnā ricevette da Guru Nānak il nuovo nome di Angad e fu da lui designato come suo successore. Compiuta la sua missione Guru Nānak si spense il 22 settembre 1539.

Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un canto di Guru Nānak, che troviamo nel libro “Canti religiosi dei Sikh” (Rusconi), edito a cura di Stefano Piano, e che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un uomo può leggere e studiare tanti libri da riempire dei carri; / può leggerne e studiarne tanti da caricare una nave; / può leggerne e studiarne tanti da riempire una voragine; / può leggerne per anni e anni e tutti i mesi dell’anno; / può leggere per tutta la vita, può leggere finché ha fiato. / Solo una Parola conta: tutto il resto non è che orgoglio, non son che chiacchiere vane! (Guru Nānak, Par par gaddī laddīahi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Settembre 2019ultima modifica: 2019-09-22T22:22:39+02:00da fraternidade
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