Giorno per giorno – 23 Agosto 2019

Carissimi,
“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22, 37-40). È la risposta di Gesù al religioso che gli aveva chiesto quale fosse il comandamento più grande della Legge e, a dire il vero, è ciò che rispondono anche i nostri, sia pure digiuni di catechismo, quando gli si formula la domanda in termini simili. Saperlo è gia qualcosa, ma praticarlo resta comunque difficile. Credere, conoscere e amare il Signore come il Padre che Gesù ci ha rivelato, comporta necessariamente di aprirci all’accoglienza e all’amore degli altri tutti come nostri fratelli e sorelle. Negandoci a questo anche solo in relazione a qualcuno, negheremmo Dio e la sua verità, saremmo, insomma, un po’ atei. Con in più una colpa che quanti non conoscono Dio non hanno. L’affermazione dell’universale paternità di Dio e dell’altrettanto universale fraternità umana, esige che si superino le barriere di spazio e di tempo, proiettando la nostra cura e preoccupazione non solo sulla generazione a noi contemporanea, ma anche sulle generazioni future, orientandoci correttamente nelle nostre produzioni, consumi, economie e stili di vita. Amando così, avremo compiuto tutta la Legge, secondo la parola dell’apostolo Paolo (cf Rm 13, 10). Perciò, non resta che dirci: al lavoro!

Oggi è memoria di Rosa da Lima, laica domenicana e mistica, prima santa d’America. Ricordiamo anche la Fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Isabel Flores y de Oliva (tale il suo nome alla nascita) nacque a Lima il 20 aprile 1586, decima dei tredici figli di Maria Oliva e di Gaspar Flores, discendente da una nobile famiglia spagnola decaduta. La tradizione vuole che il nome le fosse cambiato in Rosa già da bambina a causa della sua bellezza. Di fronte alle difficoltà economiche familiari, fin da ragazza, Rosa contribuì come poteva con lavori di giardinaggio, durante il giorno, e di cucito, la notte. A vent’anni, desiderando consacrarsi ad una vita d’austerità, mortificazione e abbandono alla volontà di Dio, scelse di entrare nella fraternità laica dell’ordine domenicano. Si fece costruire una piccola cella sul retro della casa dei genitori e lì visse dedicando gran parte del suo tempo alla preghiera e prodigandosi nel servizio ad ammalati e abbandonati, soprattutto indigeni e negri. Raggiunse un alto grado di vita contemplativa, in cui visioni ed esperienze mistiche si alternavano a stati di tenebre spirituali. Nel 1614, già gravemente malata e sofferente, accettò la proposta di trasferirsi nella casa dei coniugi Gonzalo e Maria De la Masa, dove si fece costruire una celletta nel granaio. Morì a 31 anni, il 24 agosto 1617.

Oggi ricordiamo anche la fondazione, avvenuta ad Amsterdam, il 23 agosto 1948, del Consiglio Ecumenico delle Chiese. L’inizio del movimento ecumenico moderno viene fatto risalire alla Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo (1910), durante la quale molte giovani Chiese avanzarono con forza profetica la richiesta ai missionari di predicare il Vangelo e non le divisioni tra le grandi confessioni storiche. Per rispondere a tale sfida, nacquero movimenti come l’International Missionary Council (Consiglio missionario internazionale), il movimento Faith and Order (Fede e costituzione), il movimento Life and Work (Vita e azione, detto anche Cristianesimo pratico), che, sempre in ambito protestante, si proposero di favorire l’ecumenismo rispettivamente nei campi dell’evangelizzazione, in quelli teologico dottrinali e in quelli della vita pratica e delle problematiche sociali. I leader di varie chiese cristiane decisero nel 1937 di istituire un Consiglio Mondiale di Chiese, basato sulla fusione di Fede e Costituzione e Vita e Lavoro (Life and Work). La formazione ufficiale fu purtroppo ritardata, a causa della Seconda Guerra Mondiale, fino al 23 agosto 1948. Delegati di 147 chiese si incontrano ad Amsterdam per dare il via alla fusione dei due movimenti, poi concretizzatasi nell’incontro di Lund del 1950. Ulteriori fusioni portarono ad includere, nel 1961, il Consiglio Missionario Internazionale, e, dieci anni più tardi, il Consiglio Mondiale di Educazione Cristiana. Oggi il CEC riunisce 349 chiese, denominazioni e comunità di chiese, in più di 110 Paesi e territori del mondo intero che rappresentano più di 560 milioni di cristiani, comprese la maggioranza delle chiese ortodosse, gran parte delle chiese anglicane, battiste, luterane, metodiste e riformate, così come molte chiese unite e indipendenti. La chiesa cattolica, pur membro a piento titolo di Fede e Costituzione, partecipa al CEC solo come osservatrice. Oggi la maggioranza delle chiese che ne fanno parte proviene da Africa, Asia, Caribe, America Latina, Medio Oriente e Pacifico. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese si definisce come “una comunità di chiese in cammino verso l’unità visibile in una sola fede e una sola comunione eucaristica, espressa nel culto e nella vita comune in Cristo. Fa in modo di avanzare verso questa unità, che Gesù implorò per i suoi seguaci, perché il mondo creda (Gv 17,21)”. Questa è, dunque, per noi, una giornata di preghiera perché si avvicini il giorno in cui si veda compiuto l’ultimo desiderio di Gesù: Che tutti siano una cosa sola. E perché si possa essere, se non è pretendere troppo, segno per il mondo.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Ruth, cap.1, 3-6. 14b-16.22; Salmo 146;Vangelo di Matteo, cap.22, 34-40.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.
Oggi le religioni dell’India celebrano Krishna Janmashtami (o Krishnashtami), il Natale di Krishna, una delle divinità più amate nell’Induismo, venerato come avatar (manifestazione, incarnazione) del dio Vishnu. La leggenda vuole che Krishna sia nato per mettere fine al regno del tirannico sovrano di Mathurā, il suo zio materno Kamsa, che sarà infatti da lui ucciso, a significare la sconfitta di ogni malvagità. La festa è preceduta da un giorno di digiuno. Giunta mezzanotte, una statuetta del neonato Krishna è lavata, rivestita di gioielli e vestiti nuovi, adagiata in una culla e adorata. Durante il giorno, le donne usano modellare con pasta di farina di riso delle impronte di piedi di bambino che mettono poi per terra verso l’entrata di casa, e che stanno a simboleggiare l’ingresso del bambino Krishna in quella che sarà la sua casa adottiva.
La tragedia degli incendi che divampano da giorni distruggendo vaste estensioni della foresta amazzonica, come anche altrove, è sotto gli occhi di tutti, così come la comprovata incapacità di farvi fronte dell’azione di governo del figuro tragicamente ridicolo che ci ritroviamo come presidente della repubblica, per definire il quale si moltiplicano gli aggettivi – inetto, impostore, pazzo, criminale, posseduto, e quant’altro – , senza che però questo serva riesca ancora a mobilitare le forze che consentano di porre un argine al rapido declino in atto del Paese, delle sue istituzioni, della sua democrazia. Sul tema degli incendi in atto, vi proponiamo, nel congedarci, il documento rilasciato, ieri, col titolo “Levantamos la voz por el Amazonas” dalla presidenza del Consiglio episcopale dell’America Latina. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Consapevoli dei terribili incendi che consumano grandi porzioni di flora e fauna in Alaska, Groenlandia, Siberia, Isole Canarie e in particolare in Amazzonia, noi, Vescovi dell’America Latina e dei Caraibi vogliamo esprimere la nostra preoccupazione per la gravità di questa tragedia che non è solo di impatto locale, nemmeno regionale, ma di proporzioni planetarie. La speranza per l’imminenza del Sinodo amazzonico, convocato da papa Francesco, è ora offuscata dal dolore di questa tragedia naturale. Ai fratelli indigeni che abitano questo amato territorio, esprimiamo tutta la nostra vicinanza e uniamo la nostra voce alla loro per invocare al mondo solidarietà e pronta attenzione al fine di fermare questa devastazione. Lo strumento di lavoro sinodale avverte già profeticamente: “Nella foresta amazzonica, di vitale importanza per il pianeta, si è scatenata una profonda crisi causata da una prolungata ingerenza umana, in cui predomina una “cultura dello scarto” (LS 16) e una mentalità estrattivista. L’Amazzonia è una regione con una ricca biodiversità; è multi-etnica, pluri-culturale e pluri-religiosa, uno specchio di tutta l’umanità che, a difesa della vita, esige cambiamenti strutturali e personali di tutti gli esseri umani, degli Stati e della Chiesa. Questa realtà supera l’ambito strettamente ecclesiale amazzonico, interessando tanto la Chiesa universale quanto il futuro di tutto il pianeta” (Instrumentum laboris per il sinodo dell’Amazzonia, preambolo). Esortiamo i governi dei paesi amazzonici, in particolare del Brasile e della Bolivia, le Nazioni Unite e la comunità internazionale ad adottare serie misure per salvare il polmone del mondo. Quello che succede all’Amazzonia non è solo un problema locale ma di portata globale. Se l’Amazzonia soffre, il mondo soffre. Ricordando le parole di Papa Francesco, vorremmo ” chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!” (Omelia dell’inizio del ministero petrino, 19 marzo 2013). (Consejo Episcopal Latinoamericano, Levantamos la voz por el Amazonas).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Agosto 2019ultima modifica: 2019-08-23T22:22:52+02:00da fraternidade
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