Giorno per giorno – 15 Agosto 2019

Carissimi.
“Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi” (Lc 1, 51-53). È la professione di fede di Maria, in un’epoca in cui nulla lasciava intravvedere il realizzarsi di qualcosa di simile. È la professione di fede di una Chiesa gravida in ogni tempo del Messia Gesù, annuncio di liberazione, salvezza, riscatto e redenzione dalla condizione in cui il Principe del Sistema-mondo, l’idolo dell’accumulazione, dell’egoismo, della rapina, della ricchezza, riduce la massa sempre crescente degli impoveriti. Di cui il canto di Maria è come il manifesto programmatico, che avrà come esito, se fatto proprio, l’innalzamaento delle masse umiliate allo statuto che è loro proprio della figliolanza di Dio, in un salto di civiltà che non avviene più solo sul piano dell’avere, anche se lo comprende, ma sul ribaltamento radicale delle categorie dell’essere, dove ci si realizza nel perdersi, si guadagna nel dare, si vive nel morire per l’altro, risorgendo ogni volta alla vita di Dio. L’assunzione di Maria che celebriamo oggi rimanda all’estremo e definitivo innalzamento degli ultimi, cui possiamo partecipare a partire dalla nostra solidarietà con loro. Per dirla con l’immagine del profeta: “In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle genti afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: Vogliamo venire con voi, perché abbiamo compreso che Dio è con voi” (Zc 8, 23). Altro che lasciarli affogare in mare, perpetuando per loro e per noi l’inferno generato dal Sistema.

La festa odierna dell’Assunzione di Maria trae probabilmente origine da una celebrazione di Maria madre di Dio, sorta a seguito del Concilio di Efeso (431 d.C.). Alla fine del VI secolo, l’imperatore Maurizio impose la festa della Dormizione di Maria a tutto l’impero bizantino. Qualche decennio più tardi, un papa orientale, Sergio I, l’introdusse a Roma. Ma ci volle un altro secolo, prima che il termine “dormizione” fosse sostituito da quello di “assunzione”.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della solennità odierna (che noi celebreremo però domenica) e sono tratti da:

Libro dell’Apocalisse, cap.11, 19a; 12, 1-6a. 10ab; Salmo 45; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.15, 20-27; Vangelo di Luca, cap.1, 39-56.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Oggi il calendario ci porta anche le memorie di Basilio, il beato, folle per Cristo, e di Isidore Bakanja, martire in Africa.

Basilio era nato in un sobborgo di Mosca da genitori contadini, nel 1468. Adolescente, per un po’ di tempo, aveva fatto il calzolaio. Fino a quando percepì chiara la vocazione della strada. E lasciò tutto. Da allora, quale che fosse il clima e la stagione, soleva, con il caldo e con il freddo, vagare ignudo per le strade di Mosca e recarsi a pregare nelle chiese, rendendo testimonianza con gesti coraggiosi allo spirito di Cristo. Raccontano che non esitava ad appropriarsi delle merci esposte nei negozi, per distribuirli ai poveri e che lanciava pietre contro i palazzi dei ricchi che facevano pubblica esibizione della loro devozione, mentre si inginocchiava davanti alle abitazioni di chi godeva di cattiva fama, dicendo: “I diavoli assediano le residenze dei potenti, mentre gli angeli piangono sulle case dei miserabili e dei peccatori”. Giunse a sfidare lo zar Ivan il Terribile, chiedendogli: “Perché ti astieni dalla carne degli animali e continui a bere sangue umano?”. Morì il 2 agosto 1552 e fu sepolto con tutti gli onori nella nuova cattedrale nel centro di Mosca. Vale la pena osservare che, per le chiese orientali che conservano l’antico calendario giuliano, tale data coincide con il nostro 15 agosto.

Figlio di Iyonzwa e di Inyuka, Bakanja era nato, verso il 1885, a Bokendela-Mbilankamba, nella regione di Mbandaka, provincia dell’Equatore, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo. Giovanissimo era partito per Coquilhatville alla ricerca di lavoro ed era stato presto contrattato come manovale. Entrato in contatto con la missione di Bolokwa Nsimba, animata da due monaci trappisti, chiese di istruirsi nella fede e di diventare cristiano. Il 6 maggio 1906 fu battezzato e nello stesso giorno volle ricevere lo scapolare del Carmelo. Scaduto il contratto di lavoro, Isidore tornò per un po’ di tempo al paese d’origine, spostandosi successivamente a Busira e infine a Ikili, dove fu assunto da un colono bianco, tale Van Cauter, uomo rozzo e violento che detestava gli africani convertiti al cristianesimo e di cui Bakanja dirà: “Il bianco non amava i cristiani. Non voleva che portassi lo scapolare. Si arrabbiava quando pregavo…”. E quando il bianco si arrabbia sono botte. O meglio, frustate. Che non bastano, tuttavia, a fare desistere il giovane negro dal parlare ai suoi compagni del Vangelo di Gesù e dall’insegnar loro a pregare. L’odio e il fanatismo di Van Cauter tuttavia alla fine prevalsero. Le piaghe causate dalle battiture provocarono una setticemia che non fu più possibile contrastare. Il 24 e 25 luglio 1909, dopo sei mesi di sofferenze atroci, Bakanja ricevette la visita dei suoi missionari, p. Gregoire Kaptein e p. Georges Dubrulle. Si confessò, ricevette la unzione dei malati e il viatico. Disse loro che perdonava chi gli aveva fatto del male e che avrebbe pregato per lui dal cielo. La domenica, 15 agosto, i cristiani si riunirono nella casa dove Bakanja aveva trovato ospitalità, a Ngomb’Isongu. Troppo bello per lui, incontrare nuovamente la sua comunità. Riuscì perfino ad alzarsi, guardandosi intorno raggiante. Ma fu solo per poco. Tornato a letto, entrò in agonia e spirò.

È tutto, per stasera e noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura il brano di una riflessione di Paolo Farinella sulla solennità odierna. La troviamo nel suo sito (ricchissimo, una vera e propria enciclopedia, che vi consigliamo), ed è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nessun evangelista testimonia che il Risorto sia apparso a sua Madre e questo ha un grande senso nella logica del vangelo e della fede di Maria. Tutte le apparizioni sono finalizzate o al dubbio dei beneficiari o alla missione o all’insignificanza dei testimoni (per es. le donne a quel tempo giuridicamente incapaci). La fede di Maria era già dentro il cuore della risurrezione del Figlio, e immaginiamo che, quando ella quando apprese la notizia della risurrezione, sia stata la sola a rimanere imperturbata, magari con un lieve sorriso sulle labbra. Ancora una volta, in ascolto della parola di Dio, letta negli eventi, Maria comprende il senso delle Scritture prima ancora che il Figlio le spieghi nello stesso giorno ai discepoli di Èmmaus (cf Lc 24, 27.32). Per lei, che non ha bisogno dei cinquanta giorni di purificazione e formazione, il giorno di Pasqua coincide con il giorno di Pentecoste (cf Gv 19,30) che trasforma la Chiesa in luogo di scambio e di accoglienza, come avviene ai piedi della croce, nel segno della Madre che accoglie il discepolo e del discepolo che “la prese nella sua casa” (Gv 19,27). Lo Spirito di Pentecoste, che trasforma gli apostoli (cf At 2), non si è mai allontanato da Maria, perché la sua ombra la possedeva già fin dal giorno dell’Annunciazione (cf Lc 1,35) come la nube della Gloria di Dio aveva posseduto la tenda della Dimora nel deserto (cf Es 40,34-35). Quel corpo che aveva in sé i segni della maternità, ora, nel giorno della morte, porta il sigillo della vittoria: il corpo del Figlio da lei tessuto nel suo profondo, risorgendo da morte, esige che anche il corpo della Madre condivida la stessa vittoria e la stessa gloria. Dire pertanto “dogma dell’Assunzione” e dire “dogma della maternità divina di Maria”, in fondo, è la stessa cosa. (Paolo Farinella, Attualizzazione della solennità dell’Assunta).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Agosto 2019ultima modifica: 2019-08-15T22:34:50+02:00da fraternidade
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