Giorno per giorno – 06 Agosto 2019

Carissimi,
“E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9, 29-31). Il vangelo annota che questo avvenne circa otto giorni dopo il discorso con cui Gesù aveva previsto il proprio arresto imminente e la morte che ne sarebbe seguita (cf Lc 9, 22), con la necessità per chi volesse seguirlo, di accettarne anche per loro le inevitabili conseguenze (la croce, cioè, persecuzione e morte). Cosa accadde realmente otto giorni dopo, non possiamo dirlo; cosa, cioè, abbia comportato concretamente, l’esperienza vissuta dai tre più intimi discepoli, Pietro, Giacomo, Giovanni. Ma fu certo qualcosa che, dall’alto, intese confermarne la debole fede, e ricuorarli nella sequela, oltre che illuminarli circa il suo significato più profondo. E, non per caso, il discorso che colgono snodarsi tra Gesù e le due altre presenze, Mosè (a simboleggiare la Torah), ed Elia (come sintesi di ogni profezia), riguarda proprio la morte, che tanto li aveva scandalizzati. In essa, nel mistero della Croce, come apice dell’evento di Gesù, e solo in essa, trova, per i suoi discepoli, compimento e senso ogni rivelazione dell’Antico Testamento, a riguardo di Dio e a riguardo dell’uomo. Non c’è verso di scappare, come inutilmente, tentano di fare i cristiani, nella loro maggior parte, da duemila anni a questa parte, col ridurre la croce a una pia devozione, a una sacra rappresentazione, o soltandola a piè pari, per attaccarsi alla verità della risurrezione, vista però come chiave di un successo tutto mondano, parola ultima del dominio, invece che conferma della verità della Croce come dono della vita e vittoria dell’Amore. No, non c’è proprio verso di continuare a ingannarci e ingannare.

Oggi il calendario delle Chiese d’oriente e d’occidente ricorda la Festa della Trasfigurazione di Gesù.

Istituita, probabilmente nel V secolo, nella chiesa siriaca per ricordare la dedicazione di una chiesa sul Monte Tabor, si estese successivamente alla Chiesa bizantina, nella Spagna mozarabica e nella liturgia monastica dell’Occidente. Il papa Callisto III, ne fissò la data al 6 agosto, per celebrare il fatto che in quel giorno, nel 1456, giunse a Roma la notizia della vittoria a Belgrado contro i turchi. Come dire, uno che non aveva capito nulla del mistero che celebrava. E il Buon Dio, che è misericordia infinita, per non smentirsi, non potè neanche fulminarlo. Come in un primo momento dev’esserGli venuto in mente di fare.

Il nostro calendario ci porta anche la memoria di San Paolo VI, il papa del Concilio.

La sera del 6 agosto 1978 moriva, a Castelgandolfo, il papa Paolo VI. Nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897, Giovanni Battista Montini, dopo aver prestato per molti anni i suoi servizi in Vaticano, fu nominato arcivescovo di Milano, il 1º novembre 1954, e poi eletto papa, il 21 giugno 1963, succedendo così a Giovanni XXIII. Alieno da ogni culto della personalità e, a livello personale, profondamente umile e schivo, seppe nondimeno condurre a termine il Concilio e avviare l’applicazione delle delibere conciliari, nonostante gli ostacoli e le incomprensioni che gli venivano da diversi fronti. Importante fu il suo contributo alla causa dell’ecumenismo e del dialogo, soprattutto con le Chiese orientali (storico fu il suo abbraccio con il Patriarca Athenagoras di Costantinopoli, a Betlemme, nel 1964) e con la Chiesa anglicana. Viaggiò molto per incontrare da vicino l’umanità al cui servizio si era votato. Né sempre ci riuscì, come inevitabilmente accade quando i governi si mettono di mezzo a fare da schermo a realtà scomode. Per loro. Scrisse numerose encicliche, tra cui ricordiamo qui l’Ecclesiam suam e la Populorum progressio, in cui denunciava l’iniquità dell’attuale modello di sviluppo, identificandosi con le speranze e le lotte dei poveri. Al card. Luciani, che gli sarebbe successo sulla cattedra di Pietro aveva confidato un giorno: “Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio non già perché io abbia qualche attitudine o io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualcosa per la Chiesa e sia chiaro che Cristo, non altri, la guida e la salva. Il Papa ha le pene, che gli provengono anzitutto dalla propria insufficienza umana, quale ad ogni istante si trova di fronte e quasi in conflitto con il peso enorme e smisurato dei suoi doveri e della sua responsabilità. Ciò arriva talvolta sino all’agonia”. Paolo VI è stato canonizzato da papa Francesco il 14 ottobre 2018.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività che celebriamo e sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap.7, 9-10.13-14; Salmo 97; 2ª Lettera di Pietro, cap.1, 16-19; Vangelo di Luca, cap. 9, 28-36.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

Ogni anno, in questa data, noi ricordiamo anche l’evento terribile della bomba atomica sganciata su Hiroshima, il 6 agosto 1945. Segno del potenziale distruttivo che sta nelle mani dell’uomo, della sua capacità di negare il dono di Dio. Idolo dell’odio e della guerra. E richiamo, perciò alla responsabilità che grava su ognuno di noi per la salvaguardia della pace nel mondo. E perciò del mondo.

Oggi sono diciassette anni che funziona la Chácara Paraíso, per il recupero/trasfigurazione dei nostri amici tossicodipendenti. L’equipe di quanti vi lavorano ha celebrato sobriamente la ricorrenza, con Dom Eugenio, nel pomeriggio, a casa di Edna e Isaias, approfittando dell’occasione per fare una valutazione complessiva sulle attività svolte. Che Dio ci mantenga fedeli in questa missione!

Oggi è stata anche la festa della nostra comunità di Fé e Luz, che, proprio per questo, si chiama “Noi… la Sua tenda”: riunisce in una famiglia persone con deficit intellettuale, ma con grande capacità di amare e di ricevere amore, i loro famigliari e i loro amici e amiche di ogni età. Qualcosa come venticinque anni fa, un nostro amico stipulava in questo giorno la sua prima alleanza con Lui. Di cui non si è ancora pentito. Come vedete, abbiamo un certo numero di motivi per rallegrarci e per pregare.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda, offrendovi un brano dell’Enciclica Populorum Progressio di San Paolo VI (noi, nel nostro piccolo, assieme a molti altri che Roma ci ha copiato, l’avevamo canonizzato da tempo). Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il bene comune esige dunque talvolta l’espropriazione se, per via della loro estensione, del loro sfruttamento esiguo o nullo, della miseria che ne deriva per le popolazioni, del danno considerevole arrecato agli interessi del paese, certi possedimenti sono di ostacolo alla prosperità collettiva. Affermandolo in maniera inequivocabile, il concilio ha anche ricordato non meno chiaramente che il reddito disponibile non è lasciato al libero capriccio degli uomini, e che le speculazioni egoiste devono essere bandite. Non è di conseguenza ammissibile che dei cittadini provvisti di redditi abbondanti, provenienti dalle risorse e dall’attività nazionale, ne trasferiscano una parte considerevole all’estero, a esclusivo vantaggio personale, senza alcuna considerazione del torto evidente ch’essi infliggono con ciò alla loro patria. Necessaria all’accrescimento economico e al progresso umano, l’introduzione dell’industria è insieme segno e fattore di sviluppo. Mediante l’applicazione tenace della sua intelligenza e del suo lavoro, l’uomo strappa a poco a poco i suoi segreti alla natura, favorendo un miglior uso delle sue ricchezze. Mentre imprime una disciplina alle sue abitudini, egli sviluppa del pari in se stesso il gusto della ricerca e dell’invenzione, l’accettazione del rischio calcolato, l’audacia nell’intraprendere, l’iniziativa generosa, il senso della responsabilità. Ma su queste condizioni nuove della società si è malauguratamente instaurato un sistema che considerava il profitto come motore essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia, la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto, senza limiti né obblighi sociali corrispondenti. Tale liberalismo senza freno conduceva alla dittatura, a buon diritto denunciata da Pio XI come generatrice dell’ “imperialismo internazionale del denaro”. Non si condanneranno mai abbastanza simili abusi, ricordando ancora una volta solennemente che l’economia è al servizio dell’uomo. Ma se è vero che un certo capitalismo è stato la fonte di tante sofferenze, di tante ingiustizie e lotte fratricide, di cui perdurano gli effetti, errato sarebbe attribuire alla industrializzazione stessa dei mali che sono dovuti al nefasto sistema che l’accompagnava. Bisogna, al contrario, e per debito di giustizia, riconoscere l’apporto insostituibile dell’organizzazione del lavoro e del progresso industriale all’opera dello sviluppo. (Paolo VI, Populorum Progressio, 24-26).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Agosto 2019ultima modifica: 2019-08-06T22:15:47+02:00da fraternidade
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