Giorno per giorno – 01 Luglio 2019

Carissimi,
“Vedendo Gesù una gran folla attorno a sé, ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: Maestro, ti seguirò dovunque tu vada. Gli rispose Gesù: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 18-20). Stamattina, abbiamo cercato di rileggere questo vangelo sulla scorta di ciò che avviene, di questi tempi, lì da voi, ma non solo. Spesso sfiorando o finendo in tragedia. “Passare all’altra riva”, è da infinite generazioni, variamente coniugato, il paradigma, consegnatoci dall’Esodo, di ogni processo di liberazione. Che porta a identificare nell’altra riva la terra promessa, il paese che ci permetta di vivere e far vivere i nostri. L’America, come è ancora per molti. Ma la terra promessa non è, in questo caso, solo il compimento dei nostri desideri (o bisogni) più immediati: è la terra sognata da Dio per noi, “altra” rispetto a quella da noi sperimentata, nelle “sicurezze” (le tane e i nidi), povere, anche quando paiono ricche, e nelle relazioni parentali o tribali, che, ovunque si sia, insistono a trattenerci al di qua di “quella” riva. Dentro il Sistema. I poveri che si affollano su imbarcazioni improvvisate alla ricerca dell’altra riva, sono allora in qualche modo immagine, o parabola, di una chiesa, fattasi povera con il Povero, di cui ha accettato di porsi al seguito, abbandonando ogni illusoria sicurezza e rinunciando a relazioni identitarie o ipoteche culturali, che ne ostacolino l’avventura. Il che non sarà semplice (lo vedremo nel vangelo di domani), dovendo affrontare l’ostilità dei poteri e dei loro segugi (raffigurati dal mare). Ma per cui sarà valsa la pena, dato che ci condurrà sulla via della libertà. Nella Sua verità.

Oggi il nostro calendario ci porta le memorie di padre Tullio Maruzzo, frate minore, e Luis Obdulio Arroyo Navarro, catechista, martiri in Guatemala; e di Shimon Ben ‘Azzaj, maestro in Israele.

I fratelli gemelli Marcello e Daniele Maruzzo erano nati il 23 luglio 1929 a Lapio, frazione di Arcugnano (Vicenza), nella famiglia di Angelo Maruzzo e di Augusta Rappo. Desiderosi entrambi di abbracciare la vita religiosa nell’ordine francescano, fecero il loro ingresso in noviziato, nell’agosto 1945, nell’isola di S. Francesco del Deserto (Burano, Venezia). Marcello prese il nome di Tullio e suo fratello quello di Lucio. Il 17 agosto 1946 fecero la loro prima professione religiosa e, al termine del ciclo di studi, il 21 giugno 1953 furono ordinati sacerdoti dall’allora patriarca di Venezia, card. Roncalli. Poi, a distanza di pochi anni uno dall’altro, i due fratelli chiesero ed ottennero di recarsi missionari in Guatemala, dove p. Tullio giunse nel dicembre del 1960, subito assegnato alla parrocchia di Cristo Re, a Puerto Barrios, capoluogo della provincia d’Izabal. Povero, semplice, pacifico, nei venti anni successivi, svolse il suo ministero, visitando i numerosi villaggi affidati alla sua cura pastorale, disseminati sulle montagne circostanti, imparando a conoscerne per nome tutti gli abitanti, le loro storie, i loro bisogni, le loro sofferenze. In tempi difficili, che conoscevano lo sfruttamento e le soperchierie dei latifondisti nei confronti di contadini poveri e braccianti, la crescente repressione del governo e la violenza armata degli squadroni della morte. In questo contesto, P. Tullio si propose di aiutare i contadini a legalizzare la proprietà delle terre che lavoravano, mettendo tra l’altro a loro disposizione i consulenti giuridici della Caritas. Cominciarono allora le minacce e gli avvertimenti. I superiori, temendo per la sua vita, trasferirono p. Tullio alla parrocchia del Sacro Cuore di Quiriguá. Era il 14 maggio 1980 e il frate, pur addolorato e contrario alla decisione, obbedì. Tali precauzioni, tuttavia, non servirono a nulla. La sera del 1º Luglio 1981, dopo una riunione dei Cursillos de cristiandad, a cui aveva partecipato, padre Tullio, con il catechista e terziario francescano Luis Obdulio Arroyo Navarro, accompagnò a casa in macchina alcuni cursillistas che abitavano lontano dal centro. Sulla via del ritorno, alle ventidue e trenta, l’imboscata: un gruppo di paramilitari bloccò il veicolo, ne fece scendere i due occupanti, che furono crivellati sul posto. Padre Tullio venne subito riconosciuto dai suoi parrocchiani come ‘martire’ e ‘santo’ e tale è venerato dalla gente fino ad oggi. Entrambi sono stati beatificati il 27 ottobre 2018.

Shimon ben ‘Azzaj, maestro del 2° secolo, fu reso famoso dalla sua pietà e bontà. Se Hillel aveva insistito sul fatto che il precetto fondamentale della Torah era : “Ama il tuo prossimo come te stesso”, Ben ‘Azzaj insegnò che c’è un principio ancora maggiore che deve guidarci nelle relazioni interpersonali. Basandosi sul testo di Genesi: “Questo è il libro della genealogia di Adamo. Quando Dio creò l’essere umano, lo fece a somiglianza di Dio (Gen 5,1)”, diceva che questo comporta che l’obiettivo fondamentale della Torah è di insegnarci a trattare tutti gli esseri umani con lo stesso rispetto e considerazione che dobbiamo a Dio. Insegnava che non possiamo nutrire disprezzo per niente e per nessuno. Ogni cosa, anche la più piccola e insignificante, è infatti santificata dalla presenza di Dio e, per ciò che riguarda le persone, anche se fossimo in presenza di un grande peccatore, noi non sappiamo ciò che Dio ha in serbo per lui. La sua passione per lo studio della Legge era così forte che tralasciò di sposarsi, dimenticando così di mettere in pratica il primo precetto della Legge, che è quello di generare figli. Ma Il Signore lo avrà perdonato. Dicono gli antichi saggi d’Israele che, da quando morì Ben ‘Azzaj, non apparve mai più sulla terra anelito eguale per lo studio della Torah.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.18, 16-33; Salmo 103, 1-11; Vangelo di Matteo, cap. 8, 18-22.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Bene, per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi al commento di una sentenza di Shimon Ben ‘Azzaj, che troviamo nel libro “Detti di Rabbini, Pirqè Avot, con i loro commenti tradizionali” (Edizioni Qiqajon). Che è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“[Ben ‘Azzaj dice]: La ricompensa di un precetto è un precetto”. Così hanno detto i nostri maestri, il cui ricordo è in benedizione: Il Santo – sia benedetto – non ha dato in potere dell’uomo né il male né il bene, ma soltanto la scelta, come sta scritto: “Scegli la vita” (Dt 30, 19). Una volta che egli ha fatto la sua scelta, se si ritrova a camminare su una via buona, il Signore è con lui, e quando compie un precetto è aiutato a compierne un altro, perché da se stesso non avrebbe nessuna capacità di fare il bene. In questo senso si dice: “La ricompensa di un precetto è un precetto”. Ma non – Dio ce ne guardi – che questa sia la ricompensa stessa del precetto, altrimenti quale ricompensa avrebbe? E anche se compisse molti precetti, a che gli servirebbe? La cosa non sta affatto così, ma la ricompensa del precetto rimane per il mondo a venire. Solo vuol dire che il frutto del precetto è il preceto, e chi mangia i frutti dei precetti in questo mondo, è aiutato a compierne ancora altri. Ma la riserva più abbondante rimane per il mondo che viene. (Rabbi Jonà). (Detti di Rabbini).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle dela Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Luglio 2019ultima modifica: 2019-07-01T22:11:09+02:00da fraternidade
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