Giorno per giorno – 17 Giugno 2019

Carissimi,
“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra” (Mt 5, 38-39). La reazione istintiva che spesso si prova nei confronti di chi ci offende o ci fa un torto e che ci porterebbe a reagire in maniera sproporzionata all’offesa ricevuta spiega la cosiddetta legge del taglione che mirava, e in qualche misura mira ancor oggi nelle legislazioni, a controllare lo spirito di vendetta e ad adeguare la risposta al danno realmente causato. E Dio volesse che anche nelle relazioni personali riuscissimo a regolarci e a “contenerci” in tal modo. Vediamo, invece, che la mentalità corrente e le legislazioni che la incarnano o la orientano suggeriscono o permettono di reagire per eccesso ad una offesa non ancora consumata, ma solo ipotizzabile, come quando praticamente si autorizza l’omicidio di chi attenta non alla vita, ma alla semplice proprietà di qualcuno. Con il plauso di molte anime buone di cosiddetti cristiani. Gesù, da sempre controcorrente, chiede ai suoi molto di più. Vuole l’impossibile. Esige ciò di cui lui darà prova nel momento decisivo della sua vita, dimostrando possibile l’esperienza del Servo del Signore di Isaia: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50, 6). La fuoriuscita dal Sistema del dominio, che produce sfruttamento, violenza, intolleranza, esclusione e morte, nasce lì, dal rifiuto di rispondere al male che ci colpisce con le sue stesse armi. Il che è apparentemente impossibile, ma non con l’aiuto della sua grazia.

Oggi facciamo memoria di Marie-Joseph Cassant, monaco trappista della “piccola via”.

Joseph Cassant era nato da una famiglia contadina il 6 marzo 1878, a Casseneuil (Francia). Fin da bambino sentì forte il fascino della liturgia e il desiderio di essere un giorno sacerdote. Purtroppo non l’aiutava in ciò la scarsa propensione agli studi, così, su consiglio del suo parroco, prese a frequentare l’abbazia trappista di Nostra Signora del Deserto, nella diocesi di Tolosa, dove chiese di entrare come novizio nel dicembre 1894. Di costituzione debole e inadatto ai lavori pesanti, riuscì, con l’aiuto di padre André Malet, suo maestro di noviziato, a fuggire la tentazione della tristezza e dello scoraggiamento, accettando i suoi limiti con pazienza e con gioia. Pronunciò i suoi voti definitivi il 24 maggio 1900, nella festa dell’Ascensione. Venendo incontro al suo desiderio di essere sacerdote, i superiori affidarono ad un suo confratello il compito della sua preparazione teologica, che, nonostante l’impegno profuso, fu seminata di difficoltà e umiliazioni. Il rapido peggioramento della tubercolosi che nel frattempo aveva contratto convinse i superiori ad accelerare i tempi dell’ordinazione, che avvenne il 12 ottobre 1902. Subito dopo di essa il giovane monaco fu inviato per qualche tempo in famiglia nella speranza che potesse recuperarsi. Ma nel dicembre successivo, senza che nulla fosse cambiato, chiese ed ottenne di fare ritorno in monastero. Trasferito in infermeria, visse gli ultimi mesi della malattia, in pieno e sereno abbandono alla volontà di Dio, apprendendo in prima persona la verità delle parole che Paolo udì da Cristo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). Padre Cassant celebrò la sua ultima Eucaristia il 31 maggio 1903. Il giorno dopo ricevette l’unzione degli infermi. Morì all’alba del 17 giugno, subito dopo la comunione durante la messa che padre André stava celebrando nella sua cella. Thomas Merton, quasi cinquant’anni dopo, scrisse di lui in termini ammirati nel suo “Le acque di Siloe”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera ai Corinzi, cap. 6, 1-10; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap. 5, 38-42.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Il 19 dicembre 1994, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava il 17 Giugno Giornata Mondiale della lotta alla desertificazione, al fine di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei governi sulla necessità di arginare tale minaccia che incombe su oltre un quarto della superficie terrestre e che, secondo le stime dell’Unccd (Convenzione Onu sulla desertificazione), potrebbe portare da qui al 2020 circa 60 milioni di persone a spostarsi dalle zone desertificate dell’Africa Sub-sahariana verso il Nord Africa e l’Europa, con conseguente prevedibilmente esplosive. Quest’anno la Giornata, che ha come tema il “Degrado del suolo e migazione” mira a esaminare l’importante legame tra il degrado del suolo e i fenomeni migratori. Lo sfacelo ambientale, unito all’insicurezza alimentare e alla povertà, rappresenta una delle principali cause di migrazione. In soli 15 anni il numero dei migranti in tutto il mondo è passato dai 173 milioni registrati nel 2000 ai 244 milioni del 2015. La celebrazione vuole anche ricordare l’importanza delle comunità locali che possono adottare pratiche sostenibili di gestione del suolo, salvaguardando il proprio ambiente e contrastando la desertificazione.

È tutto, per stasera. Non avendo sotto mano citazioni di Marie-Joseph Cassant da offrirvi, scegliamo di proporvi una citazione di Thomas Merton, trappista come lui e autore a noi caro. Tratta dal suo “New Seeds of Contemplation”, reperibile in rete, è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La nostra vocazione non è semplicemente quella di esistere, ma di cooperare con Dio nella creazione della nostra vita, della nostra identità, del nostro destino. Noi siamo esseri liberi e figli e figlie di Dio. Questo vuol dire che non dobbiamo esistere passivamente, ma partecipare attivamente alla sua libertà creatrice, nelle nostre vite e nella vita degli altri, scegliendo la verità. Per dirla meglio, siamo chiamati a condividere con Dio l’opera di creare la verità della nostra identità. … Lavorare alla nostra identità in Dio, che la Bibbia chiama “lavorare alla nostra salvezza”, è un lavoro che richiede sacrificio e angoscia, rischio e molte lacrime. Richiede molta attenzione alla realtà in ogni momento e grande fedeltà a Dio quando Egli si rivela, oscuramente, nel mistero di ogni nuova situazione. (Thomas Merton, New Seeds of Contemplation).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Giugno 2019ultima modifica: 2019-06-17T23:02:42+02:00da fraternidade
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