Giorno per giorno – 03 Giugno 2019

Carissimi,
“Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 32-33). Davanti all’affermazione avventata dei discepoli che sostengono di aver ormai tutto chiaro e di credere perciò alla sua origine divina (v.30), Gesù, guardando a loro, ma forse pensando a tutte le generazioni future, compresa la nostra, ribatte con certa sofferta ironia: Dite di credere? Eppure, tra poco fuggirete e mi lascerete solo. Ancora una volta, il fatto che il vangelo ci trasmetta questa, ai nostri orecchi, amara constatazione, è perché non la releghiamo a un episodio di allora, ma sappiamo leggerla come concreta e drammatica possibilità del nostro agire di oggi. Quando, con viltà, sedotti dai cattivi, quand’anche mediocri, maestri delle nuove ideologie, cediamo all’opinione dominante, abbandonando al loro destino gli ultimi del mondo, per i quali Gesù è Buona Notizia e nei quali egli si fa ancora presente. Tuttavia, bisogna subito aggiungere, lo stesso Gesù non disarma di fronte al nostro peccato, ma ci viene incontro con la parola del perdono e della pace, per riconquistarci a Lui, sapendo tuttavia che la nostra conversione si tradurrà per noi in persecuzioni, non da ipotetici nemici della nostra fede, ma, nel nostro contesto, da apparenti correligionari che sono in realtà, consapevoli o meno, agenti del Sistema del dominio, quel “mondo”, che Gesù sulla croce ha già e per sempre vinto. Che lo Spirito del Crocifisso risorto faccia tornare tutti a Lui, rendendoci a Lui fedeli sino alla fine!

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Carlo Lwanga e compagni, martiri in Uganda, Giovanni XXIII, il papa del Concilio, e Otto Neururer, martire sotto il regime nazista.

Carlo Lwanga e i suoi 31 compagni, cattolici e anglicani, soffrirono il martirio nel 1886, durante la persecuzione del re Mwanga, che fece numerose vittime. I martiri che ricordiamo servivano alla corte del re. Il più giovane, Kizito, aveva tredici anni. Alla fine del maggio 1886, quando Mwanga venne a sapere che molti dei suoi funzionari erano diventati cristiani, li convocò e, minaccioso, chiese loro se intendessero ostinarsi nella nuova fede. Essi risposero: Fino alla morte. La loro età era compresa tra i tredici e i venticinque anni. Carlo, responsabile dei paggi, fu il primo ad essere assassinato. Fu bruciato lentamente, a cominciare dai piedi. A Kalemba Morumba furono amputate mani e piedi: abbandonato su una collina, morì dissanguato. Andrea Kagua fu decapitato. Gian Maria fu affogato in un pantano. E così via.

Angelo Giuseppe Roncalli era nato il 25 novembre 1881 in una povera famiglia contadina a Sotto il Monte (Bergamo). Entrato in seminario a 11 anni, venne ordinato prete nel 1904 e consacrato vescovo nel 1925. In quello stesso anno venne inviato in Bulgaria come Visitatore e Delegato Apostolico. Dal 1934 al 1944 fu Delegato Apostolico in Turchia e Grecia, poi, dal 1944 al 1952, Nunzio Apostolico a Parigi. La nomina a patriarca di Venezia, nel 1953, lo sottrasse alla carriera diplomatica e lo riportò alla dimensione che più gli era consona di Pastore. Presentandosi ai veneziani disse: “Voglio essere per voi semplicemente un fratello, amabile, accostevole, comprensivo”. Ed, ogni giorno, aprì le porte della sua casa per tre ore, dalle 10 alle 13, a quanti desideravano parlargli. Durante il concistoro che seguì alla morte di Pio XII, il 28 ottobre 1958, alla vigilia dei suoi 76 anni, venne eletto papa e prese il nome di Giovanni XXIII. Quello che molti consideravano un “papato di transizione”, si rivelerà invece decisivo per il rinnovamento della Chiesa. Sua la decisione di indire un nuovo Concilio ecumenico, che lui stesso aprì l’11 ottobre 1962, e che rappresenterà una nuova Pentecoste nella vita interna della chiesa cattolica e nelle relazioni di questa con le altre chiese e con il mondo. Rilevante, coraggioso e innovatore, nel suo magistero, fu il tema della pace, a cui dedicò l’Enciclica Pacem in Terris e che seppe testimoniare con gesti profetici. Il 10 maggio 1963 ricevette il Premio Balzan, un prestigioso riconoscimento internazionale per la sua opera a favore della pace. Subito dopo, il peggiorare del male, di cui soffriva, lo costrinse a letto. Morì il lunedì dopo Pentecoste, 3 giugno, proprio nel momento in cui in piazza san Pietro terminava la celebrazione dell’Eucaristia.

Otto Neururer era nato il 25 marzo 1882 a Pillet, un piccolo villaggio del Tirolo (Austria), dodicesimo figlio di una famiglia di mugnai e contadini. Dopo gli studi in seminario, fu ordinato prete nel 1907, dedicandosi negli anni successivi all’attività pastorale in diverse parrocchie e all’insegnamento della religione. Nel 1932 fu nominato parroco a Götzene, nei pressi di Innsbruk e seppe farsi amare come pochi dai fedeli, che gli riconoscevano uno zelo e una dedicazione non comuni. Quando nel 1938, la Germania nazista realizzò l’annessione dell’Austria, accadde l’incidente che avrebbe mutato il corso della sua vita. Una ragazza, che era stata chiesta in sposa da un uomo di trent’anni più vecchio di lei, membro del partito nazista e fanatico sostenitore delle teorie razziste di quel partito, si era rivolta al prete per chiedere consiglio e lui l’aveva portata a riflettere sull’incongruenza per una giovane cristiana di dire sì a una tale unione. La ragazza seguì il consiglio, ma l’uomo per vendetta denunciò il parroco alla Gestapo, “per aver impedito un matrimonio tedesco”. Padre Neururer venne arrestato il 15 dicembre 1938 e rinchiuso in carcere ad Innsbruck, poi, l’anno successivo, fu trasferito nel campo di concentramento di Dachau e successivamente a quello di Buchenwald, in Germania. In tutto questo tempo, egli non cessò di sostenere e confortare i suoi compagni di sventura. Quando i suoi carcerieri scoprirono che aveva segretamente istruito nella fede e battezzato un altro prigioniero, lo segregarono nel bunker del campo, poi lo appesero a testa in giù, lasciandolo morire lentamente, il 3 giugno 1940.

I testi che la liturgia odierna propona ella nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.19, 1-8; Salmo 68; Vangelo di Giovanni, cap.16, 29-33.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Prendendo spunto dalla memoria di S. Giovanni XXIII, vi offriamo in lettura una sua preghiera. La troviamo nel libro “Preghiamo con Giovanni XXIII. Dialoghi e invocazioni a Dio del Papa buono”, a cura di Battistina Capalbo (Paoline) ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Guardate, Signore, a questi vostri figli, sacerdoti, suore e laici, che lasciano ogni cosa, per rendere testimonianza alla vostra parola ed al vostro cuore. Siate per ciascuno di essi “il protettore potente, il forte presidio, il riparo contro gli ardori, il rifugio contro il sole di mezzogiorno, l’aiuto per non inciampare, il soccorso nelle cadute”. Sosteneteli nei momenti difficili; reggete le loro forze, consolate i loro cuori, coronate di spirituali conquiste il loro lavoro. Essi non cercano umani successi, o beni caduchi: ma solo il vostro trionfo e il bene delle anime. La vostra immagine crocifissa, che li accompagnerà per tutta la vita, parli loro di eroismo, di abnegazione, di amore, di pace: sia loro di conforto e di guida, di luce e di forza, affinché, per mezzo loro, il vostro Nome benedetto si diffonda ognor più nel mondo, ed essi, attorniati da un numero sempre più grande di vostri figli, possano a voi cantare l’inno della riconoscenza, della gloria e della redenzione. (Giovanni XXIII, La tua immagine crocifissa).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Giugno 2019ultima modifica: 2019-06-03T22:07:12+02:00da fraternidade
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