Giorno per giorno – 09 Maggio 2019

Carissimi,
“Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 44-45. 51). Stamattina, ci dicevamo, che neppure stando tutto il giorno a meditare, o meglio, contemplare, con stupore e tremore, queste parole, arriveremmo a coglierne tutta la bellezza e profondità. Se noi si era lì, nella cappella del monastero, come ogni mattina, non è tanto, allora, secondo quanto afferma Gesù, per iniziativa nostra, dato che, fosse dipeso interamente da noi, avremmo potuto decidere di fare altro, anche solo di poltrire una mezzoretta in più nei nostri letti, quanto per il fatto che si è risposto a un appello, niente meno che del Padre, che ci ha attratto fino a lí. E, se si era, come sempre, pochini, lì o altrove, è perché non si è ancora compiuta la profezia, che dice che “tutti saranno ammaestrati da Dio” – come e quando lo sa Lui -, e quindi giungeranno a Gesù, conosceranno, nel senso, cioè, di sperimenteranno, la salvezza di Dio. Che è “il pane per la vita del mondo”. La religione degli uomini consiste nel consacrarsi all’onore e alla gloria di Dio; la religione di Dio è il suo consacrarsi, spendersi, donarsi per la vita degli uomini. Solo quando avremo riconosciuto e aderito a questo, al di là di ogni simbologia religiosa, saremo nella verità, e il mondo, fatto oggetto della cura di tutti, conoscerà la pace.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Nicolaus Ludwig von Zinzendorf, riformatore religioso e sociale e quella di Luis Dalle, vescovo, amico dei poveri in Perù.

Nicolaus Ludwig von Zinzendorf nacque a Dresda il 26 maggio 1700 da una nobile famiglia austriaca protestante. Rimasto a sei anni orfano del padre, fu educato dapprima dalla nonna, Henriette Catharine von Gersdorff, e dal suo padrino di battesimo, Philipp Jakob Spener, fondatore del movimento pietista. Studiò nell’ambiente pietista di Halle, sotto la guida di August Hermann Franke, fondatore delle famose scuole di carità. Laureatosi in Legge, nel 1719, viaggiò per qualche tempo attraverso la Francia e i Paesi Bassi, dove strinse amicizia con persone di altre confessioni religiose, inclusi cattolici. Cominciò allora a pensare alla possibilità di operare in vista dell’unione tra le chiese. Stabilitosi a Dresda, dove sposò Erdmute Dorothea Reuss, da cui avrebbe avuto dodici figli, otto dei quali morti in tenera età, lavorò per qualche anno in un ufficio governativo di affari giuridici. Subentrato come proprietario nella tenuta della nonna, a Berthelsdorf, decise di mettervi in pratica le idee pietiste di Spener. Nel maggio 1722, accolse un gruppo di Fratelli Boemi, mettendo a loro disposizione una parte del terreno, che ribattezzò Herrnhut (“Pascolo del Signore”), perché potessero liberamente praticare la loro fede. Ad essi seguirono altri dissidenti religiosi, e, più tardi, lui stesso vi si trasferì con la famiglia, come predicatore laico, redigendo nel 1727 regole comuni per la comunità che si era venuta a formare. Desideroso di dare ad essa un impulso missionario, prese gli ordini religiosi nel 1734 a Tubinga e nel 1737 fu nominato vescovo moravo dal predicatore della corte di Berlino. A partire da allora, missionari furono inviati in numerose regioni di Europa, America, Asia, Africa. Lo stesso von Zinzendorf si impegnò nella fondazione di comunità in Germania, Olanda, Inghilterra, Irlanda e America. Nel 1750 fissò la sua residenza a Londra, ma, cinque anni dopo, dovette far ritorno a Herrnhut, per alcune difficoltà finanziarie della comunità. In quel periodo fu colpito da gravi lutti familiari, compresa la perdita della moglie, nel 1756. Risposatosi nel 1757 con Anna Caritas Nitschmann, dopo solo tre anni, colto da una grave malattia, morì il 9 maggio 1760. La Chiesa Morava conta oggi 700.000 fedeli, la maggior parte dei quali vive nel Terzo Mondo (200.000 nella sola Tanzania).

Luis Dalle, “Lucho”, era nato in Francia nel 1922, in una famiglia di quindici figli, di cui tre divennero preti, due religiosi e due religiose. Nel 1944, fu inviato nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, da cui fu liberato ridotto in fin di vita. Fu un’esperienza tremenda, in cui sperimentò sulla propria pelle cosa significa essere privato di tutti i diritti umani. Missionario francese della Congregazione dei Sacri Cuori, nel 1947, fu inviato in Perù, dove svolse il suo ministero dapprima a Lima, e poi, a partire dal 1968, nel Sud Andino. Nel 1972 venne nominato vescovo della Prelazia di Ayaviri. Profondo conoscitore della realtà peruviana e ecclesiale, “Lucho” seppe inserirsi con molta semplicità tra le popolazioni indigene del Sud andino, valorizzandone la cultura e rivendicando i loro diritti e la loro dignità calpestati quotidianamente. Visse con passione i cambiamenti proposti da Medellín e Puebla, come lettura latinoamericana del Concilio Vaticano II. Morì a 60 anni, il 9 maggio, in un incidente stradale: il vecchio autobus, carico di contadini, su cui viaggiava, cadde in un precipizio. Morì anonimamente, come uno qualunque della sua gente, spogliato del suo anello pastorale, della camicia e dei sandali, corpo irriconoscibile, in paziente attesa con gli altri di essere riconosciuto, due giorni dopo, nell’obitorio di Arequipa. Ma Lui l’aveva riconosciuto da subito. Perché era in compagnia dei suoi poveri.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.8, 26-40; Salmo 66; Vangelo di Giovanni, cap.6, 44-51.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Oggi, da voi, viene celebrata la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. La data prescelta ricorda il sacrificio della vittima forse più nota, Aldo Moro, ma il ricordo si estende a tutte le innumerevoli vittime indiscriminate dello stragismo nero – perfettamente coerente con i presupposti ideologici dei suoi autori e ispiratori – e a quelle per lo più “mirate” dell’odio demente delle Br e delle formazioni emule. Che, con la “appropriazione indebita” dei valori della Resistenza e dell’antifascismo, riuscì a pregiudicare, più di quanto non abbiano fatto i suoi avversari, lo sviluppo democratico del vostro Paese. La celebrazione intende restituire alle vittime lo spazio dovuto nella vita pubblica della Comunità, riflettendo sulla stagione drammatica di quegli anni, e insieme ricordando, certo, gli inimitabili esempi morali di alcuni, ma anche le vite semplici spese nel lavoro al servizio della famiglia e della collettività, e nel coltivare gli affetti dei più.

Il nove di maggio, noi si ricorda sempre, il compleanno di alcune persone che ci sono particolarmente care. Tra loro, un amico prete, di cui ripetiamo spesso che, se la presenza fisica quasi scompare, tanto è minuto, tanto più corposa e viva è la Presenza che egli si porta dentro e manifesta. Di lui, nel congedarci vi proponiamo il brano di un articolo, che troviamo sotto il titolo “La preghiera e la vita. Intuizioni e fraintendimenti”, nel sito “Sulla soglia”. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Noi, in giornate orfane della campanella dei monaci, siamo chiamati a inventare nuovi modi di stare davanti a Dio, non in fuga o a dispetto della vita, ma interpretando la vita. Una preghiera non contro i ritmi quotidiani, ma secondo i ritmi del quotidiano. Penso al moto di genialità che portò in tempi antichi a inventare la “preghiera di Gesù”. Ci si era accorti che il ritmo fondamentale, quella musica che ci portiamo dentro, è il respiro. E nacque così l’invocazione: “Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me”, modulata secondo il ritmo del respiro. E se oggi scoprissimo altri ritmi e su quelli inventassimo il nostro stare davanti a Dio e diventasse questa un’arte, un’arte da passarci gli uni gli altri? […] Modulare la preghiera sulla vita. Faccio alcuni esempi. Ma solo per accendere la fantasia. La preghiera – che so io – nel ritmo di una madre che sta con Dio mentre culla il bambino e, cullando, chi sa, nel cuore va mormorando parole del Primo Testamento: “Può forse una madre dimenticare il suo piccolo? Anche se fosse, dice Dio, io non mi dimenticherò di te”. E continua a cullare. O la preghiera della donna mentre sta affaccendata ai fornelli. Chi sa che nel cuore non culli la memoria del Gesù della brace. Brace accesa dal Signore risorto sulle sabbie estasiate del litorale e pesce arrostito a ristoro di discepoli sfiniti da una notte di pesca sul lago. Stare con Dio, chissà, nella colonna delle auto ferme, ferme e insofferenti, in attesa di un evento che schiuda, e avvertire nel segreto un’attesa ancora più radicale, l’attesa della venuta del Signore. Stare con Dio quando esci di casa o quando ritorni e nel cuore il riaccendersi delle parole del salmo: “Il Signore è il tuo custode e la tua ombra, il Signore custodirà il tuo entrare e il tuo uscire. Ora e per sempre” (Salmo 121). Stare con Dio quando ti trema il cuore e più non sai né chi sei né dove vai, lontano da chi, lontano da dove? E il salmo a rassicurarti che, nella più lontana delle lontananze, Dio ti attende, lui che, dice il salmo “ti ha plasmato nel più profondo, ha creato le tue viscere, ti ha tessuto nel seno di tua madre” (Salmo 139). Che la presenza sia nelle cose? Me lo chiedo. E che attenda solo di essere risvegliata in preghiera? (Angelo Casati, La preghiera e la vita).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Maggio 2019ultima modifica: 2019-05-09T22:52:03+02:00da fraternidade
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