Giorno per giorno – 28 Gennaio 2019

Carissimi,
“In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna” (Mc 3, 28-29). “Tutto sarà perdonato ai figli degli uomini”: parola di Gesù, e perciò di Dio. Sì, ma a questo punto, ci si diceva stamattina, cosa ci stanno a fare la Legge e i trattati di morale, e tutti coloro che spendono la loro vita a compilare interminabili liste di peccati o a minacciare castighi, se i colpevoli poi non saranno puniti. Già. Forse basterebbe che non ci si andasse giù con troppa leggerezza, che si suggerisse, per esempio, il fatto che ciò che è additato come peccato, lo è in vista della vita e della felicità dell’uomo, per liberarlo, perciò, non per opprimerlo. E si cominciasse col dargliene l’esempio. Comunicandogli l’allegria del Vangelo (“Evangelii Gaudium”), per dirla con papa Francesco. Dimostrandogli così che è il peccato ad essere tutto sommato una cosa triste. Per questo così facile da perdonare. E tuttavia, aggiunge Gesù, c’è una bestemmia che, finché dura, non può essere perdonata. Una bestemmia che neppure suona come tale. Dato che è dire o pensare che ciò che è in vista della liberazione dell’uomo dal male, da ogni male, è opera del diavolo (“Scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni”, dicevano gli scribi di Gesù). o di chi di volta in volta si pensa essere la sua manifestazione. Come quando dicevano di dom Helder Câmara o di mons. Romero, o del card. Evaristo Arns, che erano comunisti. O altre amenità del genere dette del papa o di quant’altri. E sono solo testimoni della Buona Notizia che è Gesù. Che egli ci faccia sempre più tali. Amen.

Due sono le memorie di oggi, per la prima delle quali confessiamo di nutrire un vero e proprio debole, a causa della simpatia del personaggio. Si tratta di Rabbi Sússja di Hanipol, mistico ebreo e folle di Dio, che ricordiamo con Tommaso d’Aquino, frate domenicano, teologo e dottore della Chiesa.

Meshulam Sussja era nato nel 1718 nei pressi di Tarnow, in Galizia (nell’attuale Polonia). Discepolo di Rabbi Dov Bär, il grande Magghid (predicatore) di Mesritsch e fratello di Rabbi Elimelech di Lisensk, fu uno dei primi maestri del chassidismo. Raccontano che, nonostante frequentasse volonterosamente le lezioni del Magghid, non riuscì mai a seguirne una, perché quando il Maestro prendeva il passo della Scrittura che intendeva commentare e cominciava con le parole: “E Dio disse”, Sussja era subito rapito fuori di sé e cominciava a muoversi e a saltare così selvaggiamente che bisognava condurlo fuori dall’aula, calmandosi solo quando la lezione giungeva alla fine. Tanta era la passione per il solo nome di Dio. Fu sempre uomo semplice, modesto e pieno di misericordia con tutti. Alla morte del Magghid, fu ad abitare ad Hanipol, dove una cerchia di discepoli si riunì intorno a lui. La comunità si ampliò, quando, alla morte del fratello Elimelech, molti dei discepoli di quest’ultimo lo scelsero come loro rabbi. Alla sua morte, i due figli gli successero come maestri chassidici. I suoi insegnamenti sono raccolti nel Menorat Zahav. Lasciò detto: “Nel mondo a venire non mi si chiederà: Perché non sei stato Mosé o Abramo?. Mi si chiederà: ‘Perché non sei stato Sussja?”. A significare l’irripetibilità della vocazione a cui ciascuno di noi è chiamato. Morì il 28 gennaio 1800 (2 shevat 5560 per il calendario ebraico). Sulla sua tomba furono scritte queste parole: “Uno che servì Dio in amore, che si rallegrò delle sofferenze, che strappò molti al peccato”.

Tommaso nacque sul finire del 1225, nel castello di Roccasecca, nella famiglia del conte d’Aquino. Dopo la prima formazione alla scuola dei benedettini di Montecassino, all’età di 18 anni, nonostante l’opposizione della famiglia, entrò nell’ordine dei Predicatori. Completò la sua formazione a Colonia, alla scuola di Alberto Magno, e, successivamente, a Parigi, dove divenne docente di filosofia e teologia. Scrittore e predicatore fecondo, scrisse oltre venti tomi ponderosi, dallo stile brillante, profondità di argomentazione, chiarezza di pensiero. La sua opera più celebre resta la sua Summa Theologiae. Morì il 7 marzo 1274, nel monastero cistercense di Fossanova, mentre si stava recando al concilio di Lione, convocato dal papa Gregorio X. Tre mesi prima di morire, nel 1273, aveva avuto un’esperienza mistica, dopo la quale non scrisse più nulla, confessando che tutto ciò che aveva scritto era solo paglia rispetto a ciò che gli era stato rivelato in quell’occasione.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap. 9, 15.24-28; Salmo 98; Vangelo di Marco, cap. 3, 22-30.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le religioni del subcontinente indiano: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Dal 2009, qui in Brasile, si celebra oggi la Giornata Nazionale di Lotta contro il Lavoro schiavo. La data fu scelta, a ricordo, di quattro funzionari del Ministero del Lavoro, assassinati nel 2004, mentre appuravano una denuncia di lavoro schiavo nella zona rurale di Unaí, in Minas Gerais. In Brasile questo attacco alla dignità della persona conta ancora migliaia di vittime. Secondo indagini dell’Osservatorio sociale, negli ultimi quindici anni sono state sottratte a questa condizione più di 38.000 persone in diverse regioni del Brasile. Si stima che ogni anno vengano immesse nel ciclo di lavoro schiavo qualcosa come 25.000 persone. Tre fattori contribuiscono direttamente al perdurare di questo drammatico fenomeno: avidità, povertà, impunità. Nella situazione attuale, determinatasi col golpe dell’anno scorso, contrastare efficacemente tale fenomeno diventa anche più difficile.

È tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi a un’aneddoto che ha per protagonista il nostro Rabbi Sussja. È tratto da “I racconti dei Chassidim” (Garzanti) di Martin Buber ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Quando Rabbi Israele di Rižin, falsamente accusato, era in prigione, raccontò: “Una volta dal cielo fu manifestato a Rabbi Zussia che egli doveva portare sulla retta via un gabelliere che abitava in un villaggio non lontano da Hanipol ed era un gran peccatore. Subito egli si diresse in quel luogo e trovò l’uomo che vendeva acquavite ai contadini. Egli cercò di convincerlo a smettere un momento e a dire una preghiera. Ma il gabelliere si fece sempre più impaziente, e poiché Rabbi Zussia, nonostante il suo rifiuto, non cessava di ammonirlo e alla fine insistendo gli metteva la mano sul braccio, egli afferrò l’importuno, lo spinse nel cortile e gli chiuse dietro la porta. Faceva un freddo atroce e il Rabbi tremava in tutte le sue membra. Allora vide per terra una vecchia ruota di carrozza e se l’appoggiò sul corpo. Subito essa divenne una ruota del carro celeste e lo scaldò magnificamente. Così lo trovò il gabelliere. Quando egli vide il sorriso beato sulle labbra di Rabbi Zussia, conobbe in un attimo la verità della vita e già, con passo incerto, stupito di se stesso, era sulla vera via”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Gennaio 2019ultima modifica: 2019-01-28T22:56:33+01:00da fraternidade
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