Giorno per giorno – 21 Gennaio 2019

Carissimi,
“Gesù disse loro: Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno” (Mc 2, 19-20). Stamattina, ci dicevamo che Gesù non si riferiva soltanto, né soprattutto, al giorno in cui lui sarebbe stato messo a morte, quanto piuttosto al venir meno, lungo i tempi, di quel che la sua presenza significava e significa, da lui riassunto nell’espressione “regno di Dio”. Che è quando le relazioni umane manifestano il regnare di Dio, sotto il segno dell’accoglienza, del servizio gratuito, del dono di sé. E concludevamo che questi nostri tempi, qui da noi, certo, ma non solo, ci dicono allora che “lo sposo è stato tolto” e che perciò è tempo di digiunare. Ricordando che il digiuno gradito al Signore, secondo le parole del profeta Isaia, consiste nello “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo”, e ancora “nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i propri parenti” (Is 58, 6-7). Ed è questo tipo di digiuno che riporta tra di noi la presenza dello sposo. E l’allegria che ne deriva.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Agnese, martire a Roma, di Massimo il Confessore, e di Mons. Gerardo Valencia Cano, pastore, profeta e martire della liberazione dei poveri in Colombia.

Dodicenne romana del III secolo, allo scoppio di una delle numerose persecuzioni contro i cristiani, nonostante la defezione di molti fedeli, Agnese seppe restare fedele a Cristo, rifiutandosi di sacrificare agli idoli e di cedere alle voglie del potente di turno. La memoria del suo martirio è molto antica: già nel 354 se ne celebrava l’anniversario presso la sua tomba, sulla Via Nomentana.

Massimo era nato a Costantinopoli da una ricca famiglia, verso il 580. Per qualche anno fu segretario dell’Imperatore Eraclio ma, assai presto, nel 613, lasciò la vita di corte per farsi monaco nel monastero di Crisopoli (Scutari). Nel 624 la minaccia persiana che incombeva sui territori imperiali lo costrinse ad abbandonare il monastero e a trasferirsi a Creta, poi a Cipro e, in seguito, nei pressi di Cartagine, in Africa. Scrisse numerose opere sulla preghiera, la carità e l’ascesi e, a partire dal 634, s’impegnò nella lotta contro le eresie monofisite e monotelite. Dopo la conquista araba dell’Africa, Massimo si spostò in Magna Grecia e, nel 646, a Roma. In quest’epoca entrò in polemica con il giovanissimo imperatore Costante II che, per risolvere le annose diatribe teologiche, che dividevano la cristianità e minacciavano l’unità dell’impero, aveva emesso un editto, Typos – Regola di Fede, con cui proibiva ai cristiani di parlare dell’unica o della duplice volontà di Cristo. Che, a dire il vero, la maggior parte dei cristiani, neppure sapeva di cosa si trattasse. Ma, era comunque roba seria. Fu convocato in Laterano un sinodo, che fece sue le posizioni espresse in materia da Massimo e dal papa Martino, e non mancò di criticare le disposizioni dell’ Imperatore. Mal gliene colse a tutti e due. Costante II li fece infatti arrestare e deportare entrambi. Non solo, ma, in un successivo processo, a Massimo e a due suoi discepoli, Anastasio monaco e Anastasio apocrisario, per lo stesso motivo, fu tagliata la lingua e amputata la mano destra. Massimo morì in esilio, sul mar Nero, nel 662.

Gerardo Valencia Cano era nato, il 26 Agosto 1917, nella famiglia di dieci figli di Maria Cano Tobón e Juan de Dios Valencia Osorio, a Santo Domingo, municipio del Dipartimento di Antioquia (Colombia), dove la coppia possedeva una fattoria, gestendo contemporaneamente un esercizio commerciale in città. Negli anni 30, lui e il fratello Felix entrarono nel seminario dei Missionari Saveriani di Yarumal (MXY). Dopo un’interruzione forzata negli studi, dovuta alla malattia della madre, e alle sopraggiunte difficoltà economiche della famiglia, che lo portarono a lavorare nella fattoria dei nonni, per farvi in qualche maniera fronte, tornò nel seminario di Medellin, dove fu ordinato prete il 29 novembre 1942. Nel luglio 1949 fu nominato prefetto apostolico di Mitú, in Vaupés, una delle regioni più povere e abbandonate della Colombia, abitata prevalentemente da tribù autoctone, sottoposte in quegli anni agli arbitri e alle violenze dei coloni bianchi, che vi si infiltravano per saccheggiarne le ricchezze naturali. Nel 1953, a soli 36 anni, Pio XII lo nominò primo vescovo del Vicariato apostolico di Buenaventura, un territorio ad alta presenza di afrodiscendenti, oggetto di pesanti, persistenti, discriminazioni, e primo porto della Colombia. A questo popolo, volto e sembiante di Cristo, mons. Gerardo Cano si consacrò totalmente, come prete, pastore e cristiano, in tutti gli anno del suo servizio episcopale. Sviluppò una pastorale che coinvolgeva preti, religiosi e laici, organizzò le prime comunità di base che, oltre ad animare la vita delle parrocchie, promuovevano la maturazione della fede, la coscienza dei diritti, la denuncia dell’ingiustizia, la crescita dell’azione solidale tra i settori più poveri ed emarginati della popolazione. Partecipò a tutte le sessioni del Concilio Vaticano II. In patria, il suo appoggio, pur non esente da critiche, al variegato movimento dei preti di Golconda, gli procurò, come prevedibile, sulla stampa di destra del suo paese, l’appellativo di “vescovo rosso”, nonché la fama di “sovversivo” e “comunista”. Morì in un incidente aereo che nessuno investigò, il 21 gennaio 1972.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap. 5, 1-10; Salmo 110; Vangelo di Marco, cap. 2, 18-22.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddista.

È tutto anche per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione tratta dalle “Centurie sulla carità” di Massimo il Confessore, che troviamo nella “Filocalia” (Gribaudi). Ed è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se accade che un fratello sia tentato e insista a sparlare di te, tu non lasciarti portar fuori dallo stato di carità, turbato nel pensiero dallo stesso demone malvagio: e non ne sarai portato fuori se oltraggiato benedirai, calunniato penserai bene. Questa è la via della filosofia che è conforme al Cristo: e chi non la percorre, non dimora con lui. Non ritenere benevoli, anche se sembrano dir la verità, quelli che ti fanno discorsi che producono in te tristezza e odio contro il fratello: devi anzi respingerli come serpenti mortiferi, per impedire a loro di sparlare e liberare la tua stessa anima dalla malvagità. Non ferire il fratello con discorsi ambigui, per non riceverne da lui di eguali e così bandire da entrambi la disposizione di amore. Ma, piuttosto, “va’, riprendilo” (Mt 18, 15) con amorevole franchezza, affinché, sciolte le cause della tristezza, tu liberi te stesso e lui dal turbamento e dalla tristezza. Scruta la tua coscienza col masssimo rigore: non potrebbe essere per causa tua che il fratello non si è riconciliato? E non cercare di ingannare la coscienza, essa che conosce le tue cose segrete, che ti accuserà al momento della tua dipartita e ti è d’inciampo nel tempo della preghiera. Non ricordare in tempo di pace le parole dette dal fratello nel tempo della tristezza, sia che queste cose penose ti siano state dette in faccia, sia che siano state dette a un altro riguardo a te e tu le abbia sentite dopo: rischieresti, non sopportando il rancore dei tuoi pensieri, di volgerti all’odio letale contro il fratello. Un’anima razionale che nutra odio verso un uomo, non può essere in pace con Dio che ha dato i comandamenti. “Se infatti – dice – non rimettete agli uomini le loro colpe, neppure il vostro Padre celeste rimetterà a voi le vostre colpe” (Mt 6, 15). Se però quello non vuol fare la pace, tu guardati dall’odio, pregando per lui sinceramente e non sparlandone con alcuno. (Massimo il Confessore, Centurie sulla Carità, IV, 30-35).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Gennaio 2019ultima modifica: 2019-01-21T22:49:43+01:00da fraternidade
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