Giorno per giorno – 30 Novembre 2018

Carissimi,
“Mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini. Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono” (Mt 4, 18-20). Il vangelo di oggi, motivato dalla festa dell’apostolo Andrea, ce ne racconta la chiamata da parte di Gesù, mentre era al lavoro, col fratello Simone, in riva al mare di Galilea. Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci dicevamo che se noi si era lì, e se da così tanti anni ci si ritrova insieme, è perché, in una maniera o nell’altra, tutti abbiamo sentito un giorno una chiamata simile. L’evangelista Giovanni ci racconta un particolare, che forse ci aiuta a capire meglio la pronta obbedienza con cui Andrea e Simone, come anche l’altra coppia di fratelli, Giacomo e Giovanni, hanno deciso di seguire Gesù. Andrea aveva già conosciuto Gesù in uno dei “ritiri” predicati da Giovanni Battista, che lo aveva additato come “agnello di Dio”. Incuriosito, con un altro discepolo, l’aveva seguito e aveva addirittura passato il giorno con lui (cf Gv 1, 36-37). Poi, tornato a casa, aveva detto a Simone: “Sai, abbiamo conosciuto il Messia”, e l’aveva condotto da lui (cf Gv 1, 40-43). Anche la nostra sequela è sempre avvenuta per interposta persona, qualcuno che, prima di noi, aveva già fatto esperienza di Gesù. Un’esperienza viva, non una semplice conoscenza teorica. Se non fosse così, infatti, avremmo smesso di seguirlo (?), come succede in molti casi, dopo la Cresima, quando finisce l’ “obbligo” del catechismo. Ma, detto questo, ci siamo chiesti se, dopo il nostro primo sì, possiamo davvero dire che, ogni giorno, siamo capaci di rinnovarlo con la stessa prontezza e totalità. E qui ci sono desolatamente cascate le braccia, anche se dobbiamo riconoscere che i vangeli ci offrono un qualche motivo di consolazione nel raccontarci la difficoltà con cui i discepoli seppero intendere ed essere fedeli al Maestro. Non ci resta, dunque, che ricominciare ogni gorno, contando sulla sua grazia, dato che, da noi, potremmo solo garantire la frana che ostinatamente siamo.

Oggi, dunque, il calendario ci porta la memoria di Andrea, pescatore ebreo e apostolo primo-chiamato. Noi ricordiamo anche Etty Hillesum, mistica ebrea e martire con il suo popolo ad Auschwitz.

Andrea era pescatore nativo di Betsaida, figlio di Giona e fratello di Simon Pietro. Fu dapprima discepolo di Giovanni Battista. In seguito, dopo aver ascoltato la testimonianza del precursore nei riguardi di Gesù (cf Gv 1, 29.36), immediatamente seguì Gesù, divenendo il suo primo discepolo. Un’antica tradizione vuole che, dopo aver predicato in molti luoghi differenti, nella Bitinia, in Macedonia e altrove, sia morto a Patrasso, nell’Acaia, crocifisso su una croce a forma di X, la prima lettera di “Cristo” nella lingua greca. Questa croce divenne così simbolo di sant’Andrea.

Esther (Etty) Hillesum era nata il 15 gennaio 1914 a Middelburg (Olanda), figlia di un metodico e rigoroso professore di lingue classiche, Louis, e di una donna passionale e caotica, Rebecca Bernstein, entrambi ebrei. Etty e i suoi fratelli, Misha e Jaap, erano tutti straordinariamente dotati, lei appassionata di filosofia e letteratura, il secondo promettente pianista e l’ultimo con precoci disposizioni sul piano scientifico. L’intera famiglia sarebbe stata sterminata ad Auschwitz. La giovane donna, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, fece, nel gennaio del 1941, l’incontro decisivo della sua vita con Julius Spier, allievo di Gustav Jung, uno psicologo dalla personalità affascinante, di cui Etty fu prima paziente e assistente e poi compagna. L’incontro si rivelò decisivo per l’evoluzione e la maturazione spirituale di Etty. Negli anni della guerra, dopo aver lavorato per un breve periodo in una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam, Etty chiese il trasferimento a Westerbork, il campo di “smistamento” dove transitavano migliaia di ebrei olandesi destinati alla deportazione. Lavorò nell’ospedale del campo – con alcuni rientri ad Amsterdam – dall’agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 Novembre 1943 (il 3 Kislev 5704, secondo il calendario ebraico). Lasciò scritto nel suo Diario, “uno dei vertici della letteratura olandese” e documento di un cammino interiore di un’intensità sconvolgente: “Non penso più che si possa migliorare qualcosa nel mondo, senza aver fatto prima la nostra parte dentro di noi”. E ancora: “La mancanza di odio non implica necessariamente l’assenza di un’elementare indignazione morale. Io so che chi odia ha le sue buone ragioni, ma perché dovremmo scegliere sempre la via più facile? Nel lager ho percepito con tutta me stessa che anche il più piccolo atomo di odio aggiunto a questo mondo, lo rende ancora più inospitale”. Sì, essere capaci di soffrire “insieme”, aggiungere a questo mondo un po’ di amore e bontà.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’apostolo Andrea e sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.10, 9-18; Salmo 19; Vangelo di Matteo, cap.4, 18-22.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Oggi compirebbe (anzi, li compie, anche se ai piani superiori) centosei anni, Arturo Paoli, essendo nato in quel di Lucca il 30 novembre 1912. Alla vigilia di quella che oggi è la memoria di Charles de Foucauld, la cui vicenda avrebbe segnato la sua vita e, come forse nessun altra, la spiritualità del nostro tempo e dalla cui intuizione sarebero nate le diverse famiglie dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle. Noi vogliamo celebrarne la ricorrenza, con le parole con cui concludeva il suo (forse ultimo) libriccino “La pazienza del nulla” (Charelettere): “L’osservare ogni uomo che viene a questo mondo e ogni realizzazione umana illuminata dalla luce della Verità è fonte di gioia permanente. Sarei potuto divenire facilmente un cristiano ringhioso e intransigente, uno di quelli che un antico maestro chiamava “i cristiani al vetriolo”. E invece mi ha reso spettatore felice delle infinite apparizioni della verità nella complessità della storia e nelle infinite creazioni di quell’essere che non finirá mai di stupirci: l’uomo. Perciò ho detto sopra che quella luce relativizza tutto e assolutizza tutto. Perché ogni esperienza umana è relativa e nello stesso tempo contiene questo frammento d’infinito, l’oro, sia pure infinitesimo, nascosto in una manciata abbondante di sabbia”.

Per stasera è tutto e noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una pagina di Etty Hillesum. Datata martedì mattina [28 luglio 1942], è tratta dal suo “Diario 1941-1943” (Adelphi). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Lascerò che la catena di questa giornata si svolga anello dopo anello, io stessa non ci metterò mano ma avrò fiducia. Lascerò a te le tue decisioni, mio Dio. Stamattina ho trovato uno stampato nella cassetta per le lettere e in quella busta ho intravvisto un foglio bianco. Ero molto tranquilla, ho pensato: il mio ordine di partenza, peccato, ora non ho neanche più il tempo di preparare il mio zaino. Dopo un po’ mi sono resa conto che le mie ginocchia tremavano. Era un modulo per il personale del Consiglio Ebraico. Per ora non ho neanche un numero di identificazione. Farò quei pochi passi che ritengo di dover fare, magari dovrò aspettare a lungo, mi porterò Jung e Rilke, spero di poter lavorare molto, oggi. E se, in futuro, non sarò più in grado di ricordare tante immagini, mi rimarranno sempre questi ultimi due anni, e risplenderanno all’orizzonte della mia memoria come un bellissimo paese, che una volta era la mia patria e che è sempre ancora mio. La giornata di ieri mi ha dato tanto coraggio, ho capito che Dio rinnova sempre le mie forze. Mille fili mi legano ancora qui. Dovrò strapparli a uno a uno e caricare tutto a bordo, così non lascerò indietro niente quando dovrò partire, porterò tutto dentro di me. Ci sono dei momenti in cui mi sento come un uccellino nascosto in una grande mano protettiva. Ieri il mio cuore era come un uccello preso in trappola, ora è di nuovo libero e vola indisturbato dappertutto. Oggi c’è il sole. Preparo i miei panini e mi metto in cammino. Più tardi sarò il cronista delle nostre vicissitudini. Le comporrò in una lingua nuova e le conserverò in me stessa, se non avrò la possibilità di scriverle. Diventerò apatica e rivivrò, cadrò a terra e mi rialzerò, e forse, molto più tardi, mi capiterà di avere intorno uno spazio tranquillo che sarà tutto mio, e allora ci rimarrò anche un anno se sarà necessario – fintanto che la vita tornerà a zampillare, e mi verranno le parole giuste per testimoniare ciò che dovrà essere testimoniato. (Etty Hillesum, Diario 1941-1943).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Novembre 2018ultima modifica: 2018-11-30T22:31:01+01:00da fraternidade
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