Giorno per giorno – 11 Novembre 2018

Carissimi,
“In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12, 43-44). Giovedì sera, a casa di Né e Djari, preparando questo Vangelo, ricordavamo ancora una volta che la vedova di cui dice il racconto è, per così dire, una delle quattro teologhe di Gesù. Le altre essendo, la prima, sua madre, da cui nel Magnificat, aveva appreso l’amore di Dio per i poveri; la seconda, la suocera di Pietro, che, guarita da ogni febbre [di potere], insegnò che Dio è servizio; la terza, la donna siro-fenicia, che lo istruì sull’ecumenismo di Dio, che non fa distinzione di popoli, fedi e religioni. Oggi, questa vedova, che getta nel tesoro del tempio, “tutto quanto aveva per vivere” (il testo originale porta “tutta la sua vita”) dice la cosa più grande, più alta, più profonda del Dio di Gesù: il dono di sé, fino all’ultimo spicciolo, per esprimersi in termini monetari. O, fino all’ultimo respiro, a tutto ciò che si è e si ha. Che è quanto avrebbe fatto da lì a poco lo stesso Gesù. La solidarietà dei poveri – sacramento del Povero che è Dio – è il più vero e piú grande miracolo, diceva stamattina padre Geraldo nell’omelia. Noi non arriveremo mai a viverlo pienamente, dovremo limitarci a contemplarlo e a scimmiottarlo. Lui, loro, che è e sono dono e grazia, capiranno e completeranno ciò che ancora vi manca.

I testi che la liturgia di questa XXXII Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap.17, 10-16; Salmo 146; Lettera agli Ebrei, cap.9, 24-28; Vangelo di Marco, cap.12, 38-44.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Il nostro calendario ci porta oggi due belle memorie: Martino di Tours, pastore e difensore dei deboli, e Sören Kierkegaard, filosofo appassionato di Cristo.
Sister Mary Antona Ebo, F.S.M. scomparsa oggi ,

Martino nacque in Pannonia (l’attuale Ungheria), nella famiglia di un ufficiale dell’esercito romano nell’anno 330 circa. Giovanissimo si arruolò anche lui nella cavalleria imperiale, e prestò servizio in Gallia. È a questo periodo che potrebbe risalire, se fosse storico, l’episodio del mantello diviso in due per aiutare un mendico a proteggersi dal freddo. Nel 356, divenuto cristiano, decise di lasciare l’esercito, dicendo: “Finora ho servito fedelmente Cesare, adesso lasciatemi servire Cristo”. Accusato di viltà dai suoi ex-commilitoni (i cappellani militari non c’erano ancora a dar loro man forte!), si offrì di restare privo di armi nel bel mezzo di una battaglia. Si diresse poi alla città di Poitiers, dove divenne collaboratore del vescovo Ilario che, nel 360 lo ordinò presbitero. L’anno successivo fondò a Ligugé il primo monastero della Gallia e, nel 371, fu eletto vescovo di Tours. Intraprese un’opera di evangelizzazione piuttosto rozza nelle forme e poco rispettosa delle tradizioni religiose delle campagne, ma seppe, in compenso, conquistarsi il favore delle popolazioni contadine, prendendone le difese nei confronti dell’esoso fisco romano. Reagì inoltre duramente all’uso invalso in quel tempo, di condannare a morte gli eretici. La popolarità che conquistò fu così grande che, alla sua morte, l’8 novembre del 397, la sua salma fu contesa tra gli abitanti di Poitiers e quelli di Tours. La memoria si celebra nell’anniversario della sua sepoltura.

Søren Kierkegaard nacque il 5 maggio 1813, a Copenhagen, in Danimarca. Quando già era un giovane e brillante filosofo, la sua ricerca del senso divino dell’esistenza lo portò a rinunciare all’ideale di sposare Regina Olsen, non volendo esporla all’angoscia della sua ricerca spirituale, né accettando che il matrimonio fosse ad essa di ostacolo. Vittima di ogni genere di aggressività, a causa della sua aspra critica della cultura europea e della filosofia hegeliana allora dominante, soleva dire che il suo tempo si caratterizzava per l’ingenua accettazione di idee borghesi, calate dall’alto, senza alcun serio questionamento. Essere cristiano, per lui, significava seguire concretamente la prassi di Gesù. Il cristianesimo è, pertanto, di una serietà tremenda. E tuttavia dopo duemila anni “tutto è diventato superficiale” e la più sottile e pericolosa delle eresie è quella di “fingere o scherzare al cristianesimo”, come fanno disinvoltamente tanti cattolici e protestanti. Tanto che, affermava, è, oggi, paradossalmente “più difficile divenire cristiani quando già lo si è, che quando non lo si è”. Søren Kierkegaard morì l’11 novembre 1855.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad una una preghiera di Søren Kierkegaard, tratta dal suo “Il giglio nel campo e l’uccello nel cielo. Discorsi 1849-1851” (Donzelli Editore). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Signore Gesù Cristo! Tu che certamente non sei venuto al mondo per condannare, sei stato però, essendo l’amore che non fu amato, il giudizio di condanna sul mondo. Noi ci chiamiamo cristiani, diciamo di non sapere da chi andare se non da te. Ahimè, da chi allora dovremmo andare se, proprio a causa del tuo amore, anche su di noi cadesse la condanna di amare poco? Da chi, oh sconforto, se non da te, da chi, oh disperazione, se tu non volessi accettarci con misericordia, perdonando il nostro grande peccato contro te e contro l’amore, noi che amando poco abbiamo peccato molto! (Søren Kierkegaard, Il giglio nel campo e l’uccello nel cielo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Novembre 2018ultima modifica: 2018-11-11T22:27:47+01:00da fraternidade
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