Giorno per giorno – 05 Novembre 2018

Carissimi,
“Quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14, 13-14). Una volta di più, lo sguardo è rivolto alla vita della comunità, della chiesa di tutti i tempi. Dato che è così facile cedere alla tentazione di privilegiare, nell’invito a farne parte, ricalcando così, la società del peccato, chi è ricco e potente, per averne a tempo debito un qualche ritorno. La scelta preferenziale dei poveri nasce [anche] da qui, come da ogni pagina di vangelo. Gli altri, se vogliono, si accomodino, sempre che si inseriscano in questa stessa logica. Il tutto, poi, sia fatto, non in vista della ricompensa nella risurezione dei giusti, perché sarebbe pur sempre, in questo caso, una scelta interessata, ma solo, per la gioia di dare e di darsi – “sarai beato perché non hanno da ricambiarti” -, la ricompensa finale, è solo un’informazione aggiuntiva, che nulla accresce a quella gioia. Ma noi, viviamo davvero di questa gioia?

Oggi il calendario ci porta le memorie di Bernhard Lichtenberg, presbitero e martire del totalitarismo nazista; del Card. Jules-Géraud Saliège, pastore e “giusto tra le nazioni”, e di Giorgio La Pira, il sindaco santo.

Bernhard Lichtenberg era nato, il 3 dicembre 1875, a Ohlau, cittadina della Bassa Slesia, allora in Prussia (oggi Oława, in Polonia). Desideroso di seguire la vocazione sacerdotale, terminata la scuola superiore, entrò in seminario e, dopo gli studi teologici, fu ordinato prete, nel 1899. Inviato a svolgere il suo ministero a Charlottenburg, un quartiere di Berlino, trovò modo di impegnarsi anche nel partito cattolico. Durante la prima guerra mondiale fu cappellano militare e questa esperienza lo portò ad integrare, nell’immediato dopoguerra, l’Associazione per la pace dei cattolici tedeschi. Dal 1920 al 1930 fu membro del parlamento regionale. Nel 1932 Lichtenberg fu chiamato a ricoprire l’incarico di rettore della Cattedrale di Sant’Edvige. Nel 1933, quando il regime nazista assunse il potere in Germania, egli si fece portavoce delle istanze avanzate dalla comunità ebraica di Berlino. In netto contrasto con la maggior parte delle istituzioni politiche e sociali del suo tempo, riteneva che fosse dovere vincolante del prete cattolico intervenire in soccorso di chiunque si trovasse in pericolo di vita, indipendentemente dal suo credo religioso. La sua opera di sensibilizzazione nei confronti della popolazione ebraica assunse un carattere più istituzionale nell’agosto 1938, quando Lichtenberg venne messo a capo dell’Ufficio di Soccorso dell’episcopato di Berlino, che si dedicò, tra l’altro, ad organizzare l’emigrazione di molte persone di origine ebraica. Quanto accadde nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, la famosa Kristallnacht, passata sotto silenzio da tutte le Chiese, vide invece la denuncia puntuale, chiara e pubblica di Lichtenberg dal pulpito di Sant’Edvige. Da quella sera e fino al giorno del suo arresto, il prete continuò a predicare impavido a favore degli ebrei e delle altre vittime del regime, denunciandone le deportazioni e le misure volte a criminalizzare chi si accingesse ad aiutarli. Il 23 ottobre 1941, in seguito ad una perquisizione della sua canonica e del sequestro di alcuni appunti per l’omelia della domenica successiva, fu arrestato sotto l’accusa di attività sovversiva. Durante l’interrogatorio, Lichtenberg rifiutò di ritrattare quanto aveva scritto. Affermò con chiarezza che la visione dell’uomo e della storia presente nell’ideologia nazista era inconciliabile con il cristianesimo che egli, come prete cattolico, era tenuto ad opporvisi con tutte le forze. Nel maggio 1942, il tribunale distrettuale di Berlino lo condannò a due anni di reclusione. Rinchiuso nel carcere di Tegel, rifiutò di sottoscrivere la proposta della Gestapo che concedeva la libertà in cambio del giuramento di astenersi dal predicare per tutta la durata della guerra. Il servizio di sicurezza nazista ordinò allora il suo internamento nel campo di concrentramento di Dachau. Nel corso della deportazione, sfiancato dai tormenti sofferti, morì, presso la cittadina di Hof, il 5 novembre 1943. Aveva sessantotto anni. È stato beatificato da Giovanni Paolo II, il 23 giugno 1996, e dichiarato “Giusto tra le nazioni” dallo Yad Vashem, il 7 luglio 2004.

Jules-Géraud Saliège era nato a Mauriac il 24 febbraio 1870. Ordinato prete nel 1895, divenne, due anni più tardi, rettore del Seminario Maggiore di Saint-Flour, dove resterà fino al 1914, quando partì per il fronte come cappellano militare. Dopo la Guerra, nell’ottobre 1925 fu nominato vescovo di Gap e, nel dicembre 1928, arcivescovo di Tolosa. Il 12 aprile 1933, poco dopo l’ascesa al potere di Hitler, avvenuta nel gennaio dello stesso anno, mons. Saliège, prese pubblicamente le difese degli ebrei minacciati dall’avanzata del nazismo. Il 19 febbraio 1939 ricordò la condanna, da parte della Chiesa, del razzismo, un errore che PioXI, nella Lettera Enciclica Mit Brennender Sorge aveva dichiarato fondamentalmente contrario agli insegnamenti del Vangelo. Schierato inizialmente, come la quasi totalità dei vescovi francesi, a favore del governo collaborazionista del maresciallo Petain, se ne allontanò decisamente a partire dal marzo 1941, condannandone i principi totalitari e la deriva antisemita. Parrocchie e istituzioni religiose furono da allora sollecitati a ospitare e nascondere gli ebrei perseguitati, a falsificare documenti di identità e redigere falsi certificati di battesimo, a organizzare la fuga dei ricercati in Spagna attraverso i sentieri dei Pirenei. Il 23 agosto 1942 con una Lettera Pastorale che recava la perentoria postilla: “Da leggersi in tutte le chiese senza commenti”, il card. Saliège condannava una volta di più gli orrori a cui si doveva assistere. Sfuggito, il 9 giugno 1944, all’arresto e alla deportazione, per le precarie condizioni di salute che ne impedirono il trasporto, dopo la liberazione fu acclamato come “primo resistente della città” nella piazza del Campidoglio. Ricevette la Croce dell’ “Ordine della Liberazione”. Il Memoriale Yad Vashem gli diede il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni” (Hasid Ummot Ha-‘Olam), per le molte vite di ebrei che salvò. Creato cardinale il 18 febbraio 1956, morì il 5 novembre dello stesso anno.

Giorgio La Pira nacque il 9 gennaio 1904 a Pozzallo, in Sicilia, da Gaetano La Pira e Angela Occhipinti, primogenito di sei figli. Giovane studente di Diritto, all’università di Messina, visitava le vecchie baracche della città, portando cibo, medicine, vestiti. Laureatosi a pieni voti, nel 1926, dopo un corso di specializzazione, in Austria, in Diritto Romano, fu chiamato a insegnare all’Università di Firenze. Nel 1928 divenne membro dell’Istituto secolare dei Missionari della Regalità di Cristo, pronunciando i voti religiosi. Nel capoluogo toscano conobbe presto e divenne amico di mons. Elia Della Costa e di don Giulio Facibeni. L’amicizia che contemporanemente instaurò con mons. Montini lo portò a incontrare don Raffaele Bensi, che scelse come suo direttore spirituale. In quegli anni continuò e approfondì il suo impegno sociale, divenendo, durante la dittatura fascista, un coraggioso difensore dei diritti della persona umana. Nell’immediato dopoguerra, eletto Deputato alla Costituente, contribuì, con Moro, Dossetti, Basso, Calamandrei, Togliatti, alla formulazione dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, affermando le libertà civili e religiose, il diritto al lavoro, il valore della persona umana. Eletto nel 1951 sindaco di Firenze, avviò una politica, le cui priorità erano l’affermazione del diritto alla salute, alla casa, al lavoro e l’instancabile ricerca del dialogo, della pace e dell’amicizia tra i popoli. Abitando, finché la salute glielo permise, in una cella del convento domenicano di san Marco, lavorò senza sosta per abbattere i muri della sfiducia, dell’odio, dell’inimicizia. Incontrò i maggiori leader mondiali dell’epoca, parlando ai cuori e alle menti di tutti, durante le crisi più difficili degli anni 50 e 60. Morì il 5 novembre 1977.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Filippesi, cap.2, 1-4; Salmo 131; Vangelo di Luca, cap.14, 12-14.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi a un testo di Giorgio La Pira, tratto da un articolo dal titolo “La difesa della povera gente”, pubblicato sulla rivista Cronache Sociali, nel 1950. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La disoccupazione massiccia e permanente non è un “episodio” della vita economica: gli studi e le ricerche statistiche ne hanno ormai mostrato le cause e la connessione con l’intero sistema economico e finanziario: e come può il sistema economico essere stabilizzato, a dati livelli di produzione e di occupazione, se lo Stato – il solo capace di far questo – non lo voglia e, se necessario, non ne assume organicamente – mediante la spesa “compensatrice” – la “cura” in ossequio alla sua funzione integratrice? È proprio il caso di richiamare la funzione che in diritto romano ha il diritto pretorio rispetto al diritto civile: quod praetores introduxerunt juris civilis corrigendi gratia, vel adiuvandi gratia, vel supplendi gratia. (D. 1, 2, 7). Il Padre H. M. Hering, op mostra in un recente articolo (Charité d’hier, justice d’aujourd’hui) come lo Stato contemporaneo vada necessariamente assumendo compiti nuovi che erano prima affidati alla carità privata (tutto il vasto campo dell’assistenza sociale ed ora, organicamente, quello della disoccupazione). Ma la parola Stato non deve spaventare: è suscettiva di vaste analisi: non significa necessariamente né la burocrazia imbelle, né la distruzione di ogni vita personale, propulsiva: può e deve, invece, significare l’intervento organico, rapido, stimolativo integratore, dell’iniziativa umana! È lo stato nuovo, con lettera maiuscola se volete: uno stato proporzionato alla velocità attuale, sempre in crescita dell’azione umana: lo Stato fatto davvero per la persona umana: si sa, c’è da cambiare parecchio nell’attuale arteriosclerotica struttura statale. (Giorgio L Pira, La difesa della povera gente).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Novembre 2018ultima modifica: 2018-11-05T22:40:31+01:00da fraternidade
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