Giorno per giorno – 11 Agosto 2018

Carissimi,
“Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi in ginocchio, gli disse: Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell’acqua; l’ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo” (Mt 17, 14-16). Perché mai, se Gesù ha dato ai suoi “il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità” (Mt 10, 1), nel momento in cui si chiede loro di esercitarlo, falliscono? Gesù lo spiegherà con la loro poca fede (v.20). Eppure, noi si sa di persone con una fede assolutamente ammirevole, qui tra noi, ma non solo tra noi, che non ottennero la cura desiderata. Dove trovare un’applicazione di questa parola, nel nostro quotidiano, senza scivolare troppo facilmente nel miracoloso o nello straordinario? Forse una prima risposta, come ci dicevamo stasera a casa di dona Lourença e seu Vidal, la si potrebbe trovare nel verbo usato, tradotto un po’ troppo frettolosamente con “guarire”, quando lo stesso termine greco presenta invece una più varia gamma di significati, come, per esempio, “prendersi cura” o “servire”. E, forse, è proprio questo che ci è chiesto, in primo luogo. Dato che prendersi cura di qualcuno è già cominciare a guarirlo (la cui radice germanica “warian” significa, per altro, “difendere”, “proteggere”) dal male. La fede, per esserci, si basa proprio su questo: assumere il progetto di salvezza che è Gesù come nostro proprio progetto di vita. Mettere in fuga gli spiriti immondi, espellere i demoni, utilizzando un linguaggio più vicino alle nostre categorie di pensiero, consisterà allora nello scacciare ogni elemento di divisione e di contrapposizione, che ci allontani dal Dio della vita, dai nostri fratelli, dalla natura nostra madre, e da noi stessi. L’importante è cominciare a prendere coscienza di tutto questo: i risultati si vedranno, quanto più sapremo testimoniare e diffondere questa fede incarnata nella nostra maniera d’essere.

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria di Chiara d’Assisi, povera per essere libera; John Henry Newman, pastore buono che seppe andare controcorrente; Maurice Zundel, profeta della povertà di Dio; e Yves de Montcheuil, prete, resistente, martire.

Chiara Offreduccio, nata nel 1193, era figlia di una nobile famiglia d’Assisi. A 18 anni, ascoltando l’omelia del suo concittadino Francesco, fu spinta a seguire l’esempio dei “fratelli minori”, consacrandosi ad una vita di povertà. Lottando con determinazione contro l’opposizione dei familiari, assieme ad Agnese, sua sorella più giovane, e altre compagne, Chiara andò ad abitare nell’oratorio di san Damiano. Era l’inizio delle “povere dame”, che sceglievano di dedicarsi alla preghiera, ad assistere gli ammalati e ad aiutare poveri ed emarginati, adottando una regola di vita di estrema austerità e di assoluta povertà, individuale e collettiva. Chiara morì all’alba dell’11 agosto 1253.

John Henry Newman era nato a Londra il 21 febbraio 1801 da John Newman e Jemima Fordrinier, entrambi appartenenti a famiglie di tradizione riformata. Battezzato nella chiesa anglicana, dopo gli studi a Oxford, fu, nel 1824, ordinato presbitero. Negli anni successivi, assieme ad altre figure di prestigio, diede vita al Movimento di Oxford, con il proposito di riformare la vita della Chiesa d’Inghilterra. Il 9 ottobre 1845, dopo un lungo periodo di riflessione, decise di passare alla Chiesa cattolica. Nel 1847, a Roma, fu ordinato presbitero nella congregazione dei preti dell’Oratorio di san Filippo Neri. Al tempo del Concilio Vaticano I (1869-1870), Newman giudicò inopportuna la definizione dell’infallibilità pontificia. Ma, quando, in Inghilterra, ci fu chi osservò che questo dogma rendeva i cattolici cittadini inaffidabili, affermò che in nessun modo l’obbedienza dovuta al papa, avrebbe minato il principio della responsabilità morale dell’individuo. La sua comprensione della storicità della dottrina, la sua difesa della laicità, il suo approccio non scolastico alla teologia, il suo spirito di tolleranza, la sua affermazione della separazione tra chiesa e stato, la sua celebrazione dei dirittti della coscienza, tutti questi valori concordano in profondità con la moderna sensibilità cattolica. Nominato cardinale nel 1879 da papa Leone XIII, morì ad Edgbastion l’11 agosto 1890.

Maurice Zundel era nato il 21 gennaio 1897 a Neuchâtel, in Svizzera. Una profonda esperienza mistica all’età di 14 anni gli farà percepire in Maria il sacramento dell’amore materno e verginale di Dio, che senza sosta dona, senza voler mai arrivare a possedere l’altro. A questo e ad uno straordinario amore per i poveri comincerà da subito a conformare la sua vita. Entrato in seminario a Friburgo, fu ordinato sacerdote nel 1919, e, subito dopo, venne mandato come vicario nella parrocchia di san Giuseppe a Ginevra. Qui assunse subito posizioni coraggiose e innovatrici su temi ecclesiali, sociali ed economici, suscitando l’inevitabile ostilità degli ambienti più conservatori del clero. Fu così che il suo vescovo, mons. Besson, pensò bene di inviarlo a Roma, a riciclare la sua teologia nella facoltà tomista dell’Angelicum. Negli anni seguenti Zundel si recò, come predicatore itinerante, a Parigi, poi nuovamente in Svizzera, a Bruxelles, a Londra, al Cairo e a Beirut. Fu in quegli anni che Zundel scoprì la figura di Francesco d’Assisi e la sua povertà, che lo confermarono nella sua passione per uno stile di vita povero ed essenziale, e per la cura e l’attenzione nei confronti degli ultimi. Uomo di una curiosità insaziabile e di una cultura enciclopedica, prese l’abitudine di dormire tre ore per notte, studiando senza sosta per meglio comprendere il mondo. Nel 1972, Paolo VI lo chiamò in Vaticano a predicarvi il ritiro quaresimale. All’inizio del 1975 un’embolia lo rese muto fino alla morte, avvenuta il 10 agosto dello stesso anno.

Yves de Montcheuil nacque nel 1900 a Paimpol (Francia). A diciassette anni entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù e nel 1922, compiuto il servizio militare, cominciò i suoi studi di filosofia, dando in tal modo seguito al lungo processo di iniziazione che caratterizza questa famiglia religiosa. Completò la sua formazione con uno straordinario lavoro personale, approfondendo soprattutto la filosofia di Maurice Blondel, ma anche quella di Kant, Bergson e di altri, spesso piuttosto trascurati negli ambienti clericali. Questo gli consentì di acquisire una cultura di una tale varietà e apertura da sorprendere ogni volta i suoi uditori. A partire dal 1930 intraprese i suoi studi di teologia. Ordinato prete, nel 1936 fu nominato professore all’Institut Catholique di Parigi, dove dispensò un insegnamento solido, chiaro, senza artifici. Contemporaneamente prese a dedicare le sue cure pastorali a studenti, professori, gruppi di preghiera, nonché alla JOC e all’Azione cattolica femminile. Durante la guerra entrò in resistenza spirituale, partecipando attivamente all’elaborazione dei quaderni di “Témoignage chrétien”, denunciando apertamente l’antisemitismo come incompatibile con il cristianesimo, chiamando i cristiani a ridestare le loro coscienze e a non aver paura di testimoniare la loro fede. Nel 1944 si unì alle formazioni partigiane del Vercors. Dopo un attacco nazista, avendo scelto di restare in una grotta ad accudire i feriti, assieme a medici e infermieri, fu con questi catturato, imprigionato a Grenoble e fucilato, la notte tra il 10 e l’11 agosto 1944. Dopo la guerra, il teologo e futuro cardinale De Lubac, che ne era stato amico e ammiratore, contribuì a farne conoscere il pensiero teologico, anticipatore di molte visioni del Concilio Vaticano II. Scrisse: “Una vita salvata da un gesto di viltà, è peggiore della morte, è al di sotto della morte”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Abacuc, cap.1,12-2,4; Salmo 9; Vangelo di Matteo, cap.17, 14-20.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Per stasera è tutto. Noi vi si lascia alla lettura di un brano di Maurice Zundel, tratto dal suo libro “Il volto di Dio nel quotidiano” (Edizioni Messaggero Padova). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gesù è insieme il Figlio di Dio e il Figlio dell’uomo, ciò vuol dire che egli è l’Uomo in un senso unico. Uomo non lo è come noi, ma è il suo nome proprio. Egli è colui che contiene tutta l’umanità nella sua persona, perché in lui l’umanità non ha frontiere. Ognuno di noi è un membro infimo, un granello di polvere in questa grande moltitudine. Cristo invece è colui che contiene tutta l’umanità nella sua umanità. Non è un uomo, ma è l’Uomo, per questo in lui “Uomo” è un nome proprio. Per noi essere uomo significa essere un esemplare tra i miliardi di uomini che vivono sulla terra. Noi siamo un uomo, mentre Gesù Cristo è l’Uomo. Nella sua persona egli contiene tutta la specie umana, tutta la storia umana. Se è uomo in tale potenza unica, è perché è aperto sul versante di Dio in una maniera unica, è perché il suo io è Dio. Nostro Signore non è l’uomo di un popolo, di un tempo, di un’epoca. È l’uomo universale che porta nella sua vita tutta l’umanità, che ricapitola nella sua storia tutta la storia, che è il contrappeso d’amore e che bilancia tutte le colpe umane. A causa di ciò nostro Signore guarda l’umanità nel suo insieme e assume in sé tutti gli uomini di questa umanità, senza escludere nessuno. E se noi vogliamo seguire Gesù Cristo, se vogliamo essere suoi discepoli, dobbiamo entrare nella cattolicità di Gesù Cristo. Gesù è cattolico perché abbraccia tutta l’umanità, e se noi diventiamo suoi discepoli, se vogliamo diventare ciò che lui è, non possiamo andare verso di lui che abbracciando con lui tutta l’umanità, tutta la storia e tutto l’universo. Se invece vogliamo assorbire Gesù Cristo nella nostra vita, se vogliamo ridurre Gesù Cristo ai rapporti che noi abbiamo con lui, allora egli diventa un idolo. Il vero Cristo, aperto a tutta l’umanità, che porta tutta la storia, possiamo raggiungerlo solo se apriamo il nostro cuore senza frontiere, senza limiti a tutta l’umanità. (Maurice Zundel, Il volto di Dio nel quotidiano).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Agosto 2018ultima modifica: 2018-08-11T22:43:54+02:00da fraternidade
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