Giorno per giorno – 15 Luglio 2018

Carissimi,
“Allora Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6, 7-9. 12-13). Questo stesso vangelo, nella versione che ne dà l’evangelista Matteo, l’avevamo ascoltato già qualche giorno fa, e oggi la liturgia ce lo ha riproposto in questa, di Marco, durante l’Eucaristia celebrata con Dom Eugenio, nella chiesa del monastero, dove sta accompagnando un ritiro di religiosi e religiose, provenienti da tutto il Brasile. Il tema della povertà è, per Gesù, strettamente legato a quello della missione.Come a dire che è quella che dice la verità di questa. Papa Francesco vi insiste spesso e, se non si vuole fare della chiesa una fiera delle vanità, tanto sul piano della vita, quanto su quella della liturgia, bisognerà tornare a rifletterci seriamente e ad agire di conseguenza. Mettersi al passo degli ultimi, dei poveri, perché, almeno in chiesa e in compagnia della gente di chiesa, non si sentano fuori posto e colgano la verità e la bellezza della prima delle beatitudini: Beati voi, poveri, di qualunque fede, popolo e cultura, perché in mezzo a voi regna, anzi, serve, Dio. E noi, seguaci del suo Figlio, ve lo testimoniamo, rinunciando agli idoli del consumo, condividendo il poco o il tanto che abbiamo, lavorando con voi perché diminuiscano ingiustiza, sfruttamento, oppressione, miseria e fame. Cercando di essere lievito, perché questi ideali crescano e si affermino tra la gente e fiorisca e fruttifichi la speranza di nuove e più umane, perché fraterne, forme di convivenza.

I testi che la liturgia di questa XV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Amos, cap.7, 12-15; Salmo 85; Lettera agli Efesini, cap.1, 3-14; Vangelo di Marco, cap.6, 7-13.

Oggi il nostro calendario ecumenico ci ricorda Bonaventura di Bagnoregio, mistico, teologo e pastore della Chiesa, Rodolfo Lunkenbein e Simão, martiri della Chiesa della camminata, qui in Brasile; e i Martiri ebrei e musulmani della Prima Crociata a Gerusalemme.

Giovanni Fidanza (che assumerà più tardi il nome di Bonaventura) nacque a Civita di Bagnoregio (Viterbo), nel 1217. Entrato a 22 anni nell’ordine dei frati minori, fu per molto tempo professore all’Università di Parigi. Eletto ministro generale dell’Ordine, riusci a conciliare le esigenze di una vita evangelica con il minimo di strutture necessarie ad una famiglia religiosa in espansione. Eletto cardinale e vescovo di Albano, ricevette, assieme a Tommaso d’Aquino, l’incarico di preparare il Concilio di Lione nel 1274. Egli pose al centro della vita cristiana la stessa vita storica di Gesù, individuandone il centro nella sua passione e morte per amore. La frase, forse, più bella che ricordiamo di lui, è quella che rivolse a frate Egidio, il discepolo di Francesco, che gli chiedeva come avrebbe potuto salvarsi lui che non sapeva nulla di teologia: “Se Dio dà all’uomo soltanto la grazia di poterlo amare, questo basta… Una vecchierella può amare Dio anche più di un maestro di teologia”. Noi si sarebbe stati portati a dire: più di qualunque maestro di teologia. Morì il 15 luglio del 1274.

Rodolfo Lunkenbein era nato il 1o di aprile 1939, a Doringstadt (Germania). Divenuto salesiano andò a vivere tra gli indios bororo, nel Mato Grosso. Fu assassinato il 15 luglio 1976, quando il villaggio fu attaccato da un gruppo di 60 latifondisti armati, che intendevano vendicarsi con gli indigeni per problemi legati alla terra. Assieme a padre Rodolfo, fu assassinato il cacicco Simão e feriti molti altri. Rodolfo, vivendo in mezzo agli indios, cercò con loro di riscattare la speranza di vita della tribù. Di fatto, prima del suo arrivo nel villaggio, le donne bororo avevano deciso di non procreare più, decretando così l’estinzione della tribù. Erano già sei anni che non nasceva un bambino. Quando, tuttavia, furono celebrate le esequie di Rodolfo e dell’indio Simão, si potevano già contare numerosi bambini.

Il 15 luglio 1099, Goffredo di Buglione con l’esercito crociato entrava vittorioso in Gerusalemme. In tre giorni, secondo le cronache del tempo, circa settantamila tra ebrei e musulmani furono massacrati o catturati e venduti come schiavi in Italia. Un testimone oculare, Raimondo di Aguilers, scriverà: “Si vedevano mucchi di teste, di mani, di piedi. Nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava nel sangue fino alle ginocchia e alle briglie”. Cinque mesi dopo il massacro, in città vi erano ancora cadaveri da bruciare.

Ed è tutto, per stasera. La memoria dei nostri martiri ci suggerisce di proporvi, nel congedarci, un brano del teologo della liberazione Ignacio Ellacuría, tratto dal suo libro “Conversione della Chiesa al Regno di Dio” (Queriniana). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’amore di Dio verso gli uomini e degli uomini verso Dio è un elemento essenziale e peculiare del cristianesimo. La rivelazione nel Figlio incarnato di Dio Padre che ama il mondo sino al punto di consegnargli il suo stesso Unigenito, è uno dei punti essenziali del messaggio cristiano; ma è parimenti essenziale la convinzione che l’amore di Dio passa attraverso gli uomini. Sono due dimensioni che si intrecciano e che sgorgano dal mistero centrale dell’incarnazione storica del Figlio tra gli uomini. Il farsi uomo del Figlio affinché gli uomini raggiungano definitivamente il loro essere figli di Dio, ha un significato fondamentale nel messaggio cristiano: il Dio lontano passa attraverso l’uomo vicino per mediare e comunicare la propria presenza. Questo uomo è, innanzi tutto, Gesù; però Gesù ha incorporato in sé tuttti gli uomini, ed è questo corpo totale di Cristo quello che presenta la mediazione adeguata affinché Dio si renda evidente agli uomini e perché gli uomini accedano a Dio. L’umanizzazione della divinità è il cammino che la rivelazione ci ha mostrato per conseguire la divinizzzione dell’umanità. Prescindere da questa mediazione o spiritualizzarla, strappandole il suo corpo storico, sarebbero due modi efficaci di negare il valore storico dell’incarnazione del Verbo. Questa unione dell’amore per l’uomo e dell’amore per Dio è stata espressa in tutto il Nuovo Testamento, anche se ha in Giovanni la sua speciale risonanza. Giovanni si preoccupa con insistenza per i ‘segni’ che annunciano la divinità di Gesù e la cui ‘significazione’ deve prolungarsi in un sano equilibrio tra sacramento attuante e predicazione evangelica. Egli è il teologo del Verbo fatto carne e della manifestazione in lui dell’amore del Padre, a partire dal quale la vita eterna, la dimensione escatologica della salvezza, si è fatta ormai visibile tra gli uomini in un processo che avanza verso il culmine della rivelazione di Dio e della divinizzazione del mondo degli uomini; un processo che implica uno scontro e un giudizio di questo mondo nel quale si oggettivizzano i poteri del male. In sintesi, l’ordine supremo di Dio è eloquente: “che noi crediamo nel nome di suo Figlio Gesù Cristo e che ci amiamo l’un l’altro”; e questo amore deve manifestarsi in forme ben concrete: “se uno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e gli chiude il proprio cuore, come può essere in lui l’amore di Dio?” (1 Gv 3, 23. 17). (Ignacio Ellacuría, Conversione della Chiesa al Regno di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Luglio 2018ultima modifica: 2018-07-15T22:25:58+02:00da fraternidade
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