Giorno per giorno – 13 Luglio 2018

Carissimi,
“Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani” (Mt 10, 16-18). La sequela di Gesù, se è presa sul serio, non si rivela un cammino facile, dato che è portata a confrontarsi costantemente con quanti fanno della ricerca e dell’esercizio del potere a proprio vantaggio la logica del loro agire nel mondo, e, in un mondo di lupi, l’agnello pare proprio essere destinato a soccombere, anche se, prudentemente, non se la va a cercare. La testimonianza di una maniera diversa di stare al mondo, basata su mitezza, nonviolenza, dialogo, accoglienza, basta per preoccupare i detentori del potere reale e i loro sostenitori, e a scatenarne le reazioni, non sempre necessariamente violente nei mezzi cui si fa ricorso, ma egualmente volte a silenziare le voci fastidiose che richiamano la verità del vangelo, la buona notizia ai poveri, in cui Gesù ha riassunto tutto ciò che ci basta sapere di Dio. “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (v. 22). “A causa del suo nome”, che significa, appunto “Dio-salva”. Senza se e senza ma. A costo di perdere, di perdersi. Sapendo che, dove il Sistema, irridendo, dice: “perduto”, Dio dice: “salvato”, di chiunque abbia dedicato la sua esistenza per la salvezza di chi vedeva, la sua, messa a repentaglio. A servizio di chi abbiamo messo la nostra, di esistenza?

Oggi facciamo memoria di Carlos Manuel Rodríguez Santiago, laico al servizio del rinnovamento liturgico, di Rodolfo Ricciardelli, prete al servizio dei poveri, e di Arturo Paoli, piccolo fratello del Vangelo.

Carlos Manuel Rodríguez Santiago era nato a Caguas (Portorico) il 22 novembre 1918, in una famiglia di cinque figli, frutto del matrimonio tra Manuel Baudilio Rodriguez e Herminia Santiago. Di essi, due figlie si sarebbero sposate, una sarebbe divenuta carmelitana e un altro benedettino. Carlos, aggredito quand’era dodicenne da un cane lupo, riportò gravi ferite, che gli causarono una colite ulcerosa, da cui non sarebbe mai guarito. Al termine del liceo trovò occupazione come impiegato; tentò di intraprendere gli studi universitari, senza per altro riuscire a completarli, a causa della malattia. Sull’onda del movimento liturgico che si era venuto affermando nei primi decenni del XX secolo, divenne un suo profondo cultore e propagatore, dedicandosi a letture specializzate in materia, curando traduzioni, scrivendo articoli, e creando infine, nell’ateneo di San Juan di Portorico, un Centro universitario cattolico per lo studio e l’approfondimento della liturgia. Decisivo nei suoi interessi accademici, ma assai più nella sua vita spirituale, fu sempre il tema del Mistero Pasquale, che lo portò, prima ancora del rinnovamento liturgico promosso dal Concilio Vaticano II, a evidenziare l’importanza di esso e della sua celebrazione nella vita della comunità cristiana, e di sottolineare la necessità di aprire la liturgia alla comprensione e alla partecipazione del laicato. Quando nel 1962, la malattia degenerò in tumore, confessò al fratello benedettino di non essere pronto a morire. Seguirono mesi di grandi sofferenze fisiche e una prolungata “notte dello spirito”, in cui Dio sembrava del tutto assente. Solo poco prima di morire ritrovò la serenità e la pace con Dio. Si spense il 13 luglio 1963, a soli 45 anni. È il primo beato della chiesa portoricana.

Rodolfo Ricciardelli era nato il 29 maggio 1939 a Buenos Ayres, da una famiglia di origine italiana, e fu ordinato prete il 22 settembre 1962. Dopo l’ordinazione chiese e ottenne di poter essere prete-operaio e lo restò fino al novembre 1969, quando gli fu affidata la cura pastorale della parrocchia di Santa María Madre del Pueblo, la prima parrocchia fondata in una baraccopoli, nella villa 1-11-14 del barrio Bajo Flores, alla periferia di Buenos Aires. Nel 1967, intanto, assieme ad altri due preti, Héctor Botán e Miguel Ramondetti, aveva fondato il Movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo, che si proponeva di dar seguito e rendere effettivo il rinnovamento introdotto dal Concilio Vaticano II, in ordine soprattutto all’opzione di una chiesa povera per i poveri, e di rispondere positivamente al più recente Messaggio di 18 vescovi del Terzo Mondo” (di cui nove erano brasiliani, con alla testa dom Helder Câmara e nove di altri paesi, ma nessuno argentino), che, condannando i regimi capitalisti e comunisti, come contrari ai precetti evangelici, affermavano essere dovere dei cristiani di “mostrare che il vero socialismo è il cristianesimo vissuto nella condivisione dei beni e nell’uguaglianza di tutti”. Benché in pochi mesi il Movimento avesse riunito centinaia di sacerdoti, non durò però a lungo, a causa delle divisioni interne insorte, riflesso di quelle che, in quegli stessi anni, attraversavano la base popolare, peronista e non, che avrebbe conosciuto di lì a poco, gli anni bui e gli orrori della dittatura del generale Videla (1976-1983). Durante quegli anni e in quelli seguenti, padre Rodolfo, che vide numerosi amici sequestrati, torturati e uccisi, continuò incessantemente, come altri “curas villeros”, la sua missione in povertà tra la gente più povera della villa 1-11-14. Un tumore al midollo, affrontato con pazienza e serenità esemplari, ne accompagnò gli ultimi anni di vita e lo portò alla morte il 13 luglio 2008. L’allora arcivescovo di Buenos Aires, card. Bergoglio, e numerosi vescovi ne celebrarono le esequie.

Arturo Paoli era nato il 30 novembre 1912, a Lucca, dove visse la sua infanzia e adolescenza. Maturata la vocazione sacerdotale, dopo gli studi in Lettere a Pisa e la laurea all’Università Cattolica di Milano, entrò nel seminario di Lucca nel 1937, e fu ordinato presbitero nel 1940. Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipò alla Resistenza, collaborando attivamente alla rete di sostegno agli ebrei in fuga dalla persecuzione nazifascista. L’impegno gli varrà il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni” da parte dello Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme. Dal 1949 al 1954 fu a Roma assistente della Gioventù di Azione cattolica. Dimesso dall’incarico per incompatibilità coi metodi di Luigi Gedda, allora Presidente dell’associazione, fu nominato cappellano sulle navi che portavano gli emigranti in Argentina. L’incontro, in uno di questi viaggi, con Jean Saphores, un Piccolo Fratello di Gesù, che gli morirà tra le braccia, lo spinse ad entrare nella giovane congregazione religiosa ispirata a Charles de Foucauld e fondata da René Voillaume poco tempo prima. Visse il periodo di noviziato a El Abiodh, in Algeria, dove ritrovò, per un certo periodo, il suo vecchio amico Carlo Carretto, anch’egli passato dalla dirigenza dell’Azione cattolica alla vita dei picoli fratelli nel deserto del Sahara. Dopo la professione religiosa, lavorò ad Orano come magazziniere in un deposito del porto, secondo lo stile di vita della Fraternità. Nel 1957 rientrò in Italia, stabilendosi a Bindua, in Sardegna, dove avviò una nuova Fraternità tra i lavoratori della miniera di piombo e zinco di Monte Agruxau. Durerà poco. Visto di malocchio dalle gerarchie ecclesiastiche, partì nel 1960 per l’Argentina, Saranno quarantacinque anni di Sudamerica, spesi tra Argentina, fino al 1973, Venezuela, fino al 1983, e Brasile, fino al 2006, quando rientrerà definitivamente in Italia. Sempre al servizio dei più poveri, sfidando i potenti, denunciando l’idolatria assassina del mercato, dando il suo contributo all’elaborazione, ma soprattutto alla testimonianza di una teologia fatta e vissuta dal basso, in compagnia dei poveri, in vista della loro liberazione e della creazione di un mondo riconciliato e fraterno, o come piaceva dire a lui, per “amorizzare il mondo”. Al rientro in Italia, pur legato alla comunità dei Piccoli Fratelli del Vangelo di Spello, si stabilì nella sua città natale, nella casa diocesana di San Martino in Vignale, sulle colline sopra Lucca, intitolata al Beato Charles de Foucauld, dove si è spento la notte del 13 luglio 2015. A chi gli aveva domandato tempo prima cosa pensasse di trovare “oltre la soglia”, aveva risposto così: “Vedi, oggi pomeriggio, un caro amico mi accompagnerà a fare una passeggiata. Io non sto mica a chiedergli dove andremo, non sto mica a farmi spiegare cosa troverò. Così penso all’incontro con Dio. È un amico. E io mi fido di lui”. Già.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Osea, cap.14, 2-10; Salmo 51; Vangelo di Matteo, cap.10, 16-23.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

È tutto, per stasera. Arturo Paoli fu titolare per dieci anni, dal 1982 al 1992, sulla rivista Nigrizia, della rubrica “Lettera dall’America Latina”. Nel congedarci, scegliamo di proporvi il brano di una di queste lettere, apparsa col titolo “Il dolore di donna Faustina”, nel giugno del 1990. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il centro di potere economico e politico celebra trionfalmente l’annessione di nuove province, mentre la periferia si fa sempre più anemica. II sistema economico-politico ed ecclesiastico funzionano con una simmetria eccezionale. La partecipazione popolare, esigenza affiorata nella evoluzione delle ideologie dell’epoca moderna, è illusa con la distribuzione di cariche senza potere, perché il centro possa decidere senza disturbi e pensare il suo progetto senza interventi estranei. II potere si è condensato in un centro imperialistico, senza curare la periferia languente. Eppure il sistema della lontananza è una decisione dove vedo splendere la sapienza dello Spirito Santo. Né il sistema economico-politico né il sistema ecclesiastico possono intuire il mondo nuovo e le nuove identità che nascono in periferia. Mi sento nell’epoca della venuta di Cristo: quando Gerusalemme pullulava di dottori della legge e di servitori di un potere unico che aveva la sua sede a Roma, alla periferia, sulle rive del Giordano, un profeta scarno convocava la gente a prepararsi a un grande avvenimento, visibile per loro, sconosciuto al centro: quelli del centro non avrebbero mai potuto capirlo perché l’interesse della legge e la preoccupazione di difendere il potere li aveva distratti dalla persona e resi incapaci di leggere i segni dei tempi. Le decisioni che vengono dal centro sono assolutamente vuote di popolo, non sanno nulla delle sue necessità, della sua cultura, delle sue aspirazioni e, in fondo, della sua relazione concreta col Dio dell’alleanza. Questa estraneità mi ha fatto disperare molto tempo; ora mi dà gioia, perche vedo che questa distanza è necessaria a far rispuntare una cultura e una identità che parevano distrutte dalle invasioni del quindicesimo secolo; ma non è vero, hanno resistito al tempo, sono rimaste intatte sotto la cenere degli incendi…. Forse non vedrò cambi rivoluzionari nelle relazioni dentro la Chiesa e dentro la società politica; ma so che nella storia è rinchiusa una energia indistruttibile che aumenta progressivamente: “Quando queste cose cominceranno ad accadere, drizzatevi e alzate la testa perché la vostra liberazione e vicina” (Lc 21,28). (Arturo Paoli, Il dolore di donna Faustina).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Luglio 2018ultima modifica: 2018-07-13T22:42:34+02:00da fraternidade
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