Giorno per giorno – 05 Giugno 2018

Carissimi,
“Gli mandarono alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?” (Mc 12, 13-14). Partendo da un questionamento concreto – il pagamento del tributo a Cesare – , il vangelo di oggi ci propone in filigrana altre domande: cosa segna il confine tra il lecito e l’illecito? Quali decisioni prendere nelle situazioni concrete? Cosa orienta le nostre scelte? Come comportarsi in politica? Come reagire all’arbitrio del potere? La risposta di Gesù – “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (v.17), che, a prima vista, può sembrare un modo per tirarsi d’impaccio su un tema che poteva, quale che fosse l’opinione espressa, pregiudicarlo, o presso i governanti o presso il popolo che lo seguiva, costituisce, in realtà, un richiamo a stabilire un ordine di priorità. Fuori di ogni ipocrisia. Ora, per chi dice di seguire Gesù e di credere in Dio, la priorità non può che essere quella che Gesù esprimerà un po’ più avanti nel vangelo, ricordando quale sia il duplice comandamento che deve orientare il nostro comportamento, in ogni situazione della realtà umana: “amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi” (cf Mc 12, 30-31). Il giudizio che daremo sul Cesare di turno, e la lealtà che saremo chiamati a prestargli, saranno perciò vincolati al come e a favore di chi egli esercita il suo potere, se in funzione della vita e del benessere di tutti o a vantaggio e beneficio di pochi, contro i più. Sapendo che l’obiezione di coscienza che in determinati casi saremo chiamati ad esercitare, non sarà senza conseguenze, a livello personale e di chiesa. È il prezzo da pagare.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di André Trocmé, profeta di pace e nonviolenza.

André Trocmé era nato il 7 aprile 1901 a Saint-Quentin (Francia), da genitori calvinisti. La drammatica esperienza della prima guerra mondiale, con i suoi orrori e assurdità, ebbe una risonanza ancora più grande nella sua famiglia che, di origine franco-tedesca, vide la fitta rete di parentela schierata su fronti opposti. Questo contribuì a maturare nel nostro giovane una forte vocazione pacifista. Dopo gli studi al Seminario di Parigi, Trocmé si recò negli Stati Uniti per completare i suoi studi teologici. Lì incontrò Magda Grilli (1901-1996), una ragazza fiorentina, che egli sposò nel 1926, e da cui ebbe in seguito quattro figli, Nelly, Jean-Pierre, Jacques, e Daniel. Ordinato pastore, svolse per otto anni il suo ministero a Maubeuge e Sin-le-Noble, due cittadine nel nord della Francia. Lì cominciò a predicare l’evangelo della pace e della nonviolenza che, all’epoca e in quell’ambiente, suonava come parola piuttosto ostica e inusuale. Nel 1934 gli fu affidata la cura pastorale di Le Chambon-sur-Lignon, che negli anni successivi sarebbe divenuta un polo di attrazione per un gran numero di rifugiati francesi ed ebrei che sfuggivano la persecuzione nazista. Nel febbario 1943, lui e il suo collega pastore, Edouard Theis, furono arrestati e inviati in campo di concentramento, ma inaspettatamente, dopo quattro settimane, vennero rilasciati. Alla fine della guerra si calcolò che la rete di solidarietà creata dai due pastori con la popolazione locale era riuscita a salvare almeno cinquemila ebrei. Trocmé dedicò gli anni successivi alla lotta per la pace e la riconciliazione. Dal 1948 al 1960, fu segretario europeo di Fellowship of Reconciliation, la maggior organizzazione pacifista interreligiosa esistente. La sua Casa della Riconciliazione, un centro internazionale per la pace operante a Versailles, fece di lui uno dei leader più significativi della lotta nonviolenta, assieme a Martin Luther King, Jr., Toyohiko Kagawa, e Gandhi. André Trocmé morì a Ginevra il 5 giugno 1971, poche settimane prima dell’attribuzione da parte dello Yad Vashem del titolo di Giusto tre le nazioni, per l’attivitá di salvataggio della popolazione ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera di Pietro, cap.3, 12-15a. 17-18; Salmo 90; Vangelo di Marco, cap.12, 13-17.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Dal 1972 l’Onu ha fatto di questa data la Giornata Internazionale dell’Ambiente. Cominciamo col non sprecare acqua, col spegnere una luce di troppo, col ritrovare il gusto di andare a piedi o in bicicletta, col piantare un albero, se abbiamo un pezzettino di terra, col prenderci cura della raccolta differenziata dei rifiuti, con l’appoggiare i movimenti ecologisti, con il sollecitare una politica ambientalista dai nostri partiti, governi, amministrazioni. “Il tuo pianeta ha bisogno di te!”. Cioè di noi.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di André Trocmé, tratta dal suo “Jesus and the Nonviolent Revolution” (Plough Publishing House), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La tentazione a usare la violenza accompagnò Gesù fino alla sua morte. Poche ore prima del suo arresto giunse al punto di ribaltare le sue prime istruzioni sulla povertà e la mansuetudine. “Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una”. Quando i discepoli dissero: “Signore, ecco qui due spade”, egli rispose: “Questo basta” (Lc 22, 36. 38). Oltre a queste due misere armi umane, Gesù sapeva di poter contare sull’aiuto di dodici legioni di angeli pronte ad intervenire da un momento all’altro. Fu solo dopo una profonda lotta interiore, dopo la vera agonia morale nel Getsemani, che Gesù finì per respingere il ricorso alla violenza. Gesù non fu un teorico della nonviolenza. Egli vinse la violenza con una successione di decisioni quotidiane e una serie di atti redentivi. In ogni occasione, egli scelse liberamente la via della nonviolenza invece che quella della resistenza armata. Il rifiuto di Gesù ad usare la forza non era perciò dovuto ad un qualche sogno campato in aria di un mistico che cercava di dimenticare le concrete realtà di questo mondo. Egli non ignorava la condizione umana. La sua via era un viaggio passo dopo passo attraverso gli ostacoli, i valichi di montagna, le insidie e i dirupi della storia. Gesù ha tracciato un nuovo cammino nella durezza delle realtà umane, un sentiero che ha percorso per primo, portando sulle sue spalle la croce e tutte le esigenze del regno di Dio: giustizia sociale, trasformazione radicale, impegno alla verità e rigenerazione personale. Questi sono i materiali con cui costruisce il regno di Dio. Di conseguenza, il castigo richiesto da parte dei farisei ipocriti, del geloso Sinedrio, del vile Pilato e della folla volubile ricadde su di lui. Gesù deliberatamente scelse di essere crocifisso. Egli si assunse la responsabilità dell’apparente fallimento della sua missione. Ma il suo sacrificio non fu una capitolazione. Perché da quell’evento, nessun uomo, nessuna nazione, nessun partito, nessun capo di stato, credente o non credente, può dimenticare Cristo. Nessuno può onestamente ignorare il fatto che è stato lo stesso Dio ad essere stato inchiodato alla croce con le nostre ingiustizie e i nostri crimini. (André Trocmé, Jesus and the Nonviolent Revolution).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-05T22:53:47+02:00da fraternidade
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