Giorno per giorno – 01 Giugno 2018

Carissimi,
“Tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe” (Mc 11, 24-25). Ci sono versetti del Vangelo che lì per lì appaiono semplici, però, se ci si sofferma a pensarci su, subito le cose si complicano. Come questa esigenza che noi si perdoni a chi ci ha ferito, se vogliamo che il Padre nei cieli perdoni a noi. Ma, allora, se il Padre condiziona il suo perdono a quello di noi, così meschini, non è poi così misericordioso come ci si vuol far credere! È quello che ci è venuto da dirci stasera, nella chiesetta dell’Aparecida. Non è semplice il perdono e Lui deve ben saperlo. E tuttavia è proprio il perdono, e solo il perdono, che ci rende simili a Lui. E che esso sia possibile, e incondizionatamente, lo ha dimostrato proprio Gesù, come Figlio, immagine del Padre, e modello di ogni uomo. Sulla croce. Come, allora, interpretare, quella condizione? Un’amica, che vive da anni l’esperienza dell’inimicizia tra i due figli, ce la spiegava così: il suo sentimento nei confronti dei due non cambia, né potrebbe cambiare, ma non viene meno però anche la sofferenza che la mancata riconciliazione mette in circolo nella relazione fra i tre. L’amore della madre chiede questa riconciliazione, in assenza della quale, la ferita continuerà in varia misura a sanguinare. Ci pare sia proprio questo ciò che Gesù vuole dire, invitandoci al perdono. Desidera che la ferita si rimargini, perché l’amore del Padre (che è lo Spirito) possa tornare a liberamente circolare. E, per ottenerlo, è solo chiederlo con fede nella preghiera.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Giustino e Compagni, martiri a Roma, Margherita Porete, mistica e martire dell’Inquisizione, e Anthony de Mello, maestro spirituale.

Giustino nacque sul finire del 1° secolo in una famiglia pagana a Flavia Neapolis (Nablus), in Samaria. In gioventù studiò a fondo la filosofia del tempo e venne, più tardi, in contatto con i testi sacri ebraici e cristiani, che lo portarono, verso l’anno 130, a farsi cristiano, ad Efeso, in Asia Minore. Lì scrisse il suo Dialogo con Trifone, con cui intese dimostrare che Gesù rappresenta il compimento in vita e in morte della Legge e dei Profeti. Trasferitosi a Roma, vi aprì una scuola di filosofia cristiana e scrisse un’Apologia in difesa della fede cristiana, che rappresentò nello stesso tempo l’avvio di un dialogo con la cultura pagana del suo tempo. Tornato a Roma, dopo alcuni viaggi in altre città dell’Impero, Giustino fu denunciato dal filosofo Crescente come “ateo”, nemico, cioè, dello Stato e dei suoi culti. Con una seconda Apologia tentò inutilmente di dimostrare la sua innocenza. Nell’anno 165 circa, il prefetto di Roma, Rustico, lo condannò alla decapitazione assieme ad altri sei compagni di fede: Caritone, Carito, Evelpisto, Ierace, Peone e Liberiano.

Margherita era nata a Valenciennes (Francia) intorno al 1250. Della sua vita sappiamo solo che scrisse un libro, Lo Specchio delle anime semplici, che la rivela tuttavia come grandissima mistica, “innamorata dello Sposo della sua anima, quel Dio-tutto-amore che a noi chiede una cosa sola: essere riamato come Lui ci ama e ci ha amato”. Il libro, sfortunatamente, non piacque al Grande Inquisitore di Francia, il domenicano Guglielmo Humbert, davanti a cui Margherita dovette comparire, accusata di eresia, nel 1308. Nel 1309, una commissione di 21 teologi, dopo aver analizzato e giudicato dell’ortodossia del libro, ordinò che fosse distrutto. La donna, arrestata, passò in carcere l’anno che la legge concedeva agli accusati affinché potessero pentirsi. Guiard de Cressonessart, un chierico che ebbe il coraggio di difenderla, fu condannato alla prigione perpetua. Il 31 maggio 1310, festa di Pentecoste, Margherita, giudicata recidiva, fu consegnata al braccio secolare. Il 1° giugno, davanti alle maggiori autorità religiose e civili, venne bruciata sulla pubblica piazza di Parigi assieme al suo libro. Il libro che si concludeva con le parole: “Solo Lui mi ama (..) Né più d’altro ho bisogno se non di quanto vuole e di quanto vale.Egli è è la pienezza. Di lui sono colma”.

Anthony De Mello era nato il 4 settembre del 1931 a Santa Cruz, un sobborgo di Bombay, in India, da Franck e Louisa Castelino, una coppia cattolica originaria di Goa, colonia portoghese sulla costa sud-occidentale dell’India. Dopo aver compiuto gli studi in una scuola retta dai gesuiti, ottenne, nel 1947, di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù. Dal 1952 al 1955 completò, in Spagnia, i suoi studi di filosofia, e, il 23 marzo 1961, a Bombay, fu ordinato sacerdote. Ripartito, per gli Stati Uniti, studiò psicologia a Chicago e, sulla via del ritorno in patria, fece a Roma, nel 1965, la sua professione solenne. Per tre anni fu direttore del noviziato del suo Ordine. Poi, lasciato l’incarico, fondò l’Istituto di Spiritualità e Terapia pastorale, nell’università di Nobili, a Poona, più tardi ribattezzato Istituto di Sadhana e trasferito a Lonavia. Nel maggio 1987, si recò a New York, negli Stati Uniti, per una serie di seminari sulla spiritualitá. Colpito da infarto, morì il 1° Giugno. Suo fratello Bill lo ricorderà con queste parole: “Il poeta indiano Rabindranath Tagore ha scritto un giorno: Dio vuole un tempio fatto d’amore, / ma gli uomini portano pietre. Penso che Tony abbia capito che la fede e il dogma sono semplici pietre, se non c’è amore verso i propri simili. Fino alla fine della sua vita, Tony è rimasto fedele alla Chiesa e alla sua cara Compagnia di Gesù. Lui aveva avuto l’ispirazione di fare della Chiesa cattolica una vera Chiesa cattolica, che riunisse tutti le persone, cristiane, non cristiane e perfino agnostiche come me. Tony mi ha fatto capire che nei grandi pascoli di Dio, c’è un recinto col cartello “Per gli agnostici”, dove io sono benvenuto e amato. E ci sono recinti per persone di ogni fede, dove ciascuno è benvenuto e amato. Tony adorava di trovarsi in mezzo a cristiani, induisti, buddisti, musulmani, agnostici e atei. Tony de Mello era davvero il fratello di tutti e di ciascuno e il mio in particolare”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Pietro, cap. 4, 7-13; Salmo 96; Vangelo di Marco, cap.11, 11-25.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Anche, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Anthony de Mello, tratta dal suo libro: “Il canto degli uccelli. Frammenti di saggezza nelle grandi religioni” (Paoline). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per anni sono stato un nevrotico. Ero ansioso, depresso ed egoista. E tutti continuavano a dirmi di cambiare. E tutti continuavano a dirmi quanto fossi nevrotico. E io mi risentivo con loro, ed ero d’accordo con loro, e volevo cambiare, ma non ci riuscivo, per quanto mi sforzassi. Ciò che mi faceva più male era che anche il mio migliore amico continuava a dirmi quanto fossi nevrotico. Anche lui continuava a insistere che cambiassi. E io ero d’accordo anche con lui, e non riuscivo ad avercela con lui. E mi sentivo cosi impotente e intrappolato. Poi, un giorno, mi disse: “Non cambiare. Rimani come sei. Non importa se cambi o no. Io ti amo così come sei; non posso fare a meno di amarti”. Quelle parole suonarono come una musica per le mie orecchie: “Non cambiare. Non cambiare. Non cambiare… Ti amo”. E mi rilassai. E mi sentii vivo. E, oh meraviglia delle meraviglie, cambiai! Ora so che non potevo cambiare davvero finché non avessi trovato qualcuno che mi avrebbe amato, che fossi cambiato o meno. È così che mi ami, Dio? (Anthony De Mello, Il canto degli uccelli).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle dela Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-01T22:25:01+02:00da fraternidade
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