Giorno per giorno – 29 Maggio 2018

Carissimi,
“In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna” (Mc 10, 29-30). È la risposta di Gesù a Pietro, che chiede cosa sarà di lui e dei compagni, che, al contrario del ricco di cui abbiamo letto ieri, hanno lasciato tutto per seguire il Maestro. “Riceverete il centuplo”. Maria Ferreira, tempo fa, applicava questo vangelo all’esperienza che si vive in comunità. A volte può costituire un sacrificio lasciarsi alle spalle casa e famiglia, con i problemi e le preoccupazioni che vi si affrontano, ma anche con i momenti lieti che esse propiziano, e tuttavia, nei nostri incontri, scopriamo che la casa, come anche la famiglia, di ognuno di noi diventa la casa e la famiglia di tutti. E, lì, nella Parola che ci riunisce, e grazie allo Spirito che agisce, troviamo che si rafforza la rete di affetti e si moltiplica così l’energia che ci permette di tener testa al meglio alle difficoltà e alle sfide che ci fronteggiano nella vita e nelle lotte di ogni giorno. Certo, poi, c’è un significato anche più forte e radicale in quel “lasciare tutto”, menzionato da Pietro, con la specificazione che Gesù vi aggiunge: “a causa mia e a causa del vangelo”. Dove il vangelo è la “buona notizia” per i poveri. Non è chiesto dunque uno spogliamento e un ascetismo fine a se stesso, ma come era stato detto al ricco, uno spogliarsi in vista da quella condivisione, attraverso cui si instaurano le relazioni nuove del regno, segnate dalla sequela di Gesù. Così, anche per la nostra gente, che di beni materiali ne ha pochi, la chiamata verrà a significare che ogni relazione nei confronti di beni e persone, dovrà essere vissuta nella superiore e più ampia prospettiva del vangelo di Gesù, come dono gratuito di sé (che è il bene maggiore di cui disponiamo), in atteggiamenti concreti di disponibilità, solidarietà e servizio.

Oggi, il martirologio latinoamericano ricorda Raimundo Ferreira Lima, il “Gringo”, martire della Riforma Agraria. Il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria della morte/ascensione di Bahá’u’lláh, fondatore della religione Baha’i.

Raimundo Ferreira Lima era membro attivo della Commissione Pastorale della Terra, nella diocesi di Conceição do Araguia, nel sud del Pará, ed era anche leader del Sindacato dei lavoratori agricoli. Conosciuto come il “Gringo”, era nato il 27 giugno 1937. Quando fu assassinato, il 29 maggio 1980, stava tornando da São Paulo, dove si era recato per impegni legati al suo lavoro sindacale, Ripetutamente minacciato di morte da parte di alcuni latifondisti della regione, a causa della difesa di sem-terra e posseiros, attuata dal sindacato e dalla CPT, Gringo non arretrò mai di fronte al pericolo. Sequestrato nella pensione in cui aveva deciso di passare la notte, ad Araguaína (oggi nello Stato di Tocantins), per riposarsi prima di riprendere il viaggio che l’avrebbe riportato a casa, a São Geraldo do Araguaia, fu portato in una strada fuori città e fu finito a colpi di pistola. Gringo lasciava la moglie ventinovenne, Oneide, e sei figli, il minore dei quali di soli pochi mesi. Oltre tremila persone presero parte ai suoi funerali, presieduti dal Vescovo e celebrati nella piazza della cattedrale de Araguaia. Intere famiglie arrivarono in barca, navigando, sul fiume, fino a trecento chilometri, e altri arrivarono a piedi, camminando per tre giorni, solo per accompagnare un’ultima volta colui che era stato la loro autentica “voce”. Mandanti ed esecutori del delitto restarono impuniti.

Bahá’u’lláh, il cui nome alla nascita era Husain’Alí, nacque il 12 novembre 1817 a Teheran, nella famiglia di Mirzá Buzurg-i-Nurí, facoltoso ministro della corte dello Sciá. Nel 1835, il giovane Husain sposò ‘Asíyih Khánum, da cui ebbe tre figli, ‘Abdu’l-Bahá, Bahíyyih e Mihdí. Rinunciando a seguire le orme paterne, scelse di dedicare tempo ed energie a diverse attività filantropiche, tanto da venir soprannominato “Padre dei poveri”. Nel 1844 aderì alla religione predicata dal Bab, ma le persecuzioni scatenate dal clero persiano contro la nuova fede, culminate nella messa a morte del suo fondatore, portarono presto anche alla sua incarcerazione. Fu durante la detenzione nella prigione di Siyah-Chal (il Buco Nero), che Bahá’u’lláh ricevette l’insegnamento della “sapienza di tutto ciò che è stato”. Bandito dalla sua patria, dopo un breve soggiorno a Bagdad, visse per circa due anni tra le montagne del Kurdistan. Nel 1856 ritornò a Baghdad. Il 21 aprile 1863, nel giardino del Ridvan, Bahá’u’lláh rese noto ai suoi seguaci di essere il Promesso preannunciato dal Báb e dalle altre sacre scritture. Qualche settimana dopo fu costretto a lasciare Baghdad per Costantinopoli e successivamente inviato, in domicilio coatto, ad Adrianopoli (l’attuale Edirne). Da qui, negli anni seguenti, scrisse una serie di lettere ai capi del mondo della Sua epoca, esortandoli ad avviare politiche di giustizia, a procedere ad un generale disarmo e a riunirsi per formare una specie di federazione di nazioni. Nel 1868, sempre su pressione dei suoi oppositori, Bahá’u’lláh con i suoi fu inviato ad Akká, colonia penale nella Palestina Ottomana, dove avrebbe trascorso il resto della sua vita e dove scrisse la sua opera maggiore, il Kitab-i-Aqdas (Il Libro Santissimo), in cui traccia le leggi essenziali ed i principi su cui i suoi seguaci devono basarsi. Bahá’u’lláh morì il 29 maggio 1892.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Pietro, cap.1, 10-16; Salmo 98; Vangelo di Marco, cap.10, 28-31.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali dell’Africa Nera.

Per i seguaci del Buddhismo Theravada (concentrati principalmente nei Paesi del Sud e Sud-est asiatico), il plenilunio del secondo mese (del loro calendario) coincide con la festa di Vesak che celebra contemporaneamente la nascita, l’illuminazione e il trapasso di Siddharta Gautama Buddha. La tradizione vuole infatti che il principe Siddharta sia nato nel giorno di luna piena del mese lunare di Vesak dell’anno 623 a.C. e che, nello stesso giorno, trentacinque anni dopo, abbia raggiunto la sua illuminazione, per poi morire (o, più correttamente, passare nel suo paranirvana), nel plenilunio di Vesak dell’anno 543 a.C. Data a partire dalla quale viene calcolata l’era buddhista. In questo giorno, i buddhisti si recano ai loro templi, dove ascoltano gli insegnamenti del Buddha, attraverso la proclamazione delle Sacre Scritture. In molti luoghi è costume chiudere le celebrazioni, al tramonto, con una grande processione luminosa, che simbolizza il cammino verso l’illuminazione.

E, per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una preghiera di Bahá’u’lláh. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gloria a Te, mio Dio! Il potere della Tua potenza mi è testimone! Non ho dubbi che se, per meno d’un batter d’occhi, i santi afflati del Tuo tenero amore e le brezze del Tuo munifico favore smettessero di alitare sulle cose create, l’intera creazione perirebbe e tutti coloro che sono in cielo e in terra sarebbero totalmente annichiliti. Magnificate siano, dunque, le meravigliose prove del Tuo potere trascendente! Magnificata la possanza della Tua eccelsa forza! Magnificata la maestà della Tua grandezza che tutto pervade e l’influenza vivificante del Tuo volere! Tale è la Tua grandezza che se Tu concentrassi negli occhi di uno dei Tuoi servi gli occhi di tutti gli uomini ed entro il suo cuore comprimessi tutti i loro e gli facessi vedere, dentro di sé, tutto ciò che hai creato con la Tua forza e plasmato col Tuo potere, e poi egli riflettesse per tutta l’eternità sui regni della Tua creazione e sull’ampiezza delle Tue opere, sicuramente (quel Tuo servo) scoprirebbe non esservi cosa creata che non si trovi all’ombra del Tuo soggiogante potere e non sia vivificata dalla Tua onnicomprensiva sovranità. Guardami, dunque, mio Dio, prosternato nella polvere dinanzi a Te, confessare la mia impotenza e la Tua onnipotenza, la mia povertà e la Tua ricchezza, la mia effimerità e la Tua eternità, la mia assoluta pochezza e la Tua infinita gloria. Riconosco che non v’è altro Dio all’infuori di Te, che non hai né pari né compagni, che nessuno Ti è eguale o rivale. Nella Tua intangibile altezza sei stato, dall’eternità, eccelso al di sopra della lode di chiunque non sia Te e, nella Tua unicità e nella Tua gloria trascendenti, continuerai per sempre a essere affrancato da glorificazioni d’altri che il Tuo Essere. (Bahá’u’lláh, Preghiere e meditazioni, LVIII, 4-5).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Maggio 2018ultima modifica: 2018-05-29T22:57:08+02:00da fraternidade
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