Giorno per giorno – 05 Maggio 2018

Carissimi,
“Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 18-20). Il mondo è qui inteso come il sistema del dominio, che è l’opposto del Regno, il progetto di Dio per la felicità dell’uomo, annunziato e incarnato da Gesù. Nella misura in cui i cristiani assumano sul serio la testimonianza della buona notizia di Gesù dell’indefettibile amore di Dio per la sua creazione e per un’umanità chiamata a riscoprire, sotto il segno della sua universale paternità, le ragioni che riuniscono in comunione fraterna i diversi popoli, religioni e culture, inevitabilmente si attireranno l’odio e le persecuzioni da parte delle forze di un sistema che vive in una logica di competizione, sopraffazione, sfruttamento, rapina, violenza e morte. Forze esterne all’uomo, ma anche interne, ove si ceda alle sirene dell’ideologia che in vario modo punti a distoglierci dai valori che ci costituiscono figli e figlie nel Figlio, e perciò fratelli tra noi, per asservirci ad una visione che ripropone lo schema diabolico di antagonisti e nemici, dove ciascun gruppo o individuo lotta per trarre il massimo vantaggio a danno dell’altro. Sono le istruzioni che Gesù ha lasciato prima di congedarsi dai suoi, perché anche noi ne facessimo tesoro.

Oggi, le Comunità cristiane di questo Continente fanno memoria di Isaura Esperanza, “Chaguita”, catechista e martire in El Salvador, e di Barbara Ann Ford, religiosa statunitense, martire della solidarietà con il popolo guatemalteco.

Le poche notizie che abbiamo su Isaura Esperanza le sappiamo dal Martirologio latinoamericano. Chaguita, così la chiamavano, era catechista, faceva parte della Legione di Maria ed era membro della Commissione popolare di Villa Dolores, nella capitale salvadoregna. La sera del 5 maggio 1980, stava impastando la farina per preparare il pane, nella sua casa. All’improvviso entrarono quelli delle brigate di sicurezza, in civile, obbligando tutti a sdraiarsi per terra. Poi, furono su di lei e la crivellarono di colpi. Non contenti, quando già era morta, ne calpestarono il cadavere. E se ne andarono.

Barbara Ann Ford era una religiosa delle Suore della Carità di New York. Nata nel 1939, era giunta in Guatemala nel 1978, per lavorare con le popolazioni più povere e indifese del Paese. Negli ultimi tempi di vita, stava lavorando per impiantare a Lemoa, nel dipartimento del Quiché, un progetto di salute mentale, nel quale le vittime dei crimini di guerra, per lo più indigeni maya, potessero raccontare ciò che si erano portati dentro fino ad allora: le drammatiche esperienze vissute nei 36 anni di sanguinosa repressione, che aveva causato trasferimenti forzati in massa, sequestri, torture e il massacro di oltre 200.000 persone. Hermana Barbara aveva anche collaborato con Mons. Gerardi, assassinato il 26 aprile 1998, nella stesura del Rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Guatemala, che provava la responsabilità diretta dell’esercito per oltre il 90% degli omicidi compiuti in quegli anni. Il 5 maggio 2001, la religiosa si era recata nella Capitale per acquistare uno scaldabagno per la missione di Lemoa, quando fu avvicinata da sconosciuti che le spararono a bruciapelo e si impadronirono dell’auto, su cui viaggiava, abbandonandola, per altro a pochi metri di distanza dal luogo del delitto e fuggendo poi a piedi. In un primo momento la polizia tentò inutilmente di depistare le indagini, attribuendo il delitto a un fallito tentativo di furto.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.16, 1-10; Salmo 100, Vangelo di Giovanni, cap.15, 18-21.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Oggi sarebbe il compleanno di due filosofi che, in maniera diversa, hanno segnato profondamente l’avventura del pensiero e dell’azione del nostro tempo: Karl Marx, bicentenario, essendo nato il 5 maggio 1818, e Søren Kierkegaard, nato il 5 maggio 1813. Ed è una pagina di quest’ultimo che, nel congedarci, vi proponiamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per poter realizzare l’unità con l’uomo, bisogna che Dio diventi uguale all’uomo. Così Egli apparirà uguale al più povero. Ma il più povero non è forse colui che deve servire gli altri? Quindi Dio si mostrerà in “figura di servo” (Fil 2,7). Ma questa figura di servo non è assunta da Dio come quando il re si traveste col mantello di un povero, che per questo mal gli si adatta e tradisce il re; non è assunto come il leggero mantello di Socrate, che quasi tessuto di nulla nasconde e insieme manifesta. Essa invece è la sua vera figura: perché questa è l’insondabile essenza dell’amore, di voler essere – non per scherzo ma sul serio e per davvero – uguale all’amato. […] Eccolo, Egli è qui presente, – Dio. Dove? Lì; non lo vedi? Egli è Dio, eppure non ha dove posare il capo (Lc 9, 58) e non osa posarlo su alcun uomo per non doverlo scandalizzare. Egli è Dio, eppure il suo passo è più cauto che se lo portassero gli angeli, non perché il suo piede non inciampi (Mt 4, 6; Sal 90, 12), ma per non abbattere gli uomini nella polvere, cioè perché non si scandalizzino di lui. Egli è Dio, eppure il suo sguardo si posa preoccupato sul genere umano (Mt 9, 36), poiché il fragile stelo dei singoli può essere infranto con la velocità di un filo d’erba. Quale vita, puro amore e puro dolore: voler esprimere l’unità dell’amore e non essere compreso! dover temere la perdizione di tutti, e non poter a questo modo salvarne neppure uno! Puro dolore mentre i giorni e le ore sono colmi del dolore del discepolo che si confida a lui! Ecco, come sta Dio sulla terra, reso uguale al più povero per via del suo amore onnipotente! […] Ma la figura di servo non era un mero abbigliamento esteriore. Perciò Dio dovette tutto soffrire, sopportare tutto, sperimentare tutto: la fame nel deserto, la sete nei tormenti, essere abbandonato nella morte (Mt 27, 46), assolutamente come il più povero – Ecce Homo! (Gv 19, 5). Perché la sua sofferenza non è soltanto la sofferenza della morte, ma tutta questa vita è una storia di sofferenza: questo è l’amore che soffre, l’amore che dà tutto, l’amore ch’è perfino bisognoso. Mirabile abnegazione! Anche al più umile dei discepoli Egli domanda preoccupato: “Ora, mi ami tu davvero?” (Gv 21, 15). Perché Egli sa dove minaccia il pericolo e conosce anche che ogni maniera più facile sarebbe per lui un inganno, anche se il discepolo non lo comprendesse. Qualsiasi altra rivelazione sarebbe per l’amore un inganno, perché si dovrebbe o compiere un mutamento nel discepolo (ma l’amore non muta l’amato, ma se stesso) e nascondergli che ciò era necessario, oppure con imperdonabile leggerezza continuare a ignorare che ogni comprensione non era che illusione (è questa la non-verità del paganesimo). (Søren Kierkegaard, Briciole di fiosofia).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Maggio 2018ultima modifica: 2018-05-05T22:47:12+02:00da fraternidade
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