Giorno per giorno – 15 Aprile 2018

Carissimi,
“Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho” (Lc 24, 36-39). “Sono proprio io”, il Crocifisso è il Sono-io di Dio. Niente meno. Se da vivo, ci si poteva equivocare, e considerare Gesù un maestro, un profeta, quand’anche il piú grande, ora, non più. Quel corpo martoriato che tutto avrebbe fatto pensare essere il segno definitivo della sconfitta di una pretesa assurda, è assunto e fatto proprio da Dio stesso come sigillo palpabile della verità che egli è da sempre, mistero nascosto delle origini, ed ora rivelato alle menti dei suoi, ogni volta turbati, stupefatti, increduli “per la grande gioia”, ma anche, dobbiamo dirlo, per la grande responsabilità affidata loro. Da allora, infatti, la carta d’identità di una chiesa che si voglia sua reca inscritti come segni ineliminabili di riconoscimento le piaghe del Figlio e, in lui, quelle dei figli e figlie, gli ultimi, gli impoveriti, gli oppresssi, sfruttati, esclusi, vinti, in cui il Luogo che è Dio ci convoca per lasciarsi incontrare, e per lasciarci convertire e perdonare. E vivere così da risorti, in comunione solidale. Diversamente, ogni nostro discorso su Dio, non va oltre a oziose chiacchiere da bar.

I testi che la liturgia di questa 3ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.3, 13-15.17-19; Salmo 41; 1ª Lettera di Giovanni, cap.2, 1-5a; Vangelo di Luca, cap.24, 35-48.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Damiano di Molokai, prete, missionario e martire della carità e di Madeline Lagadec e compagni, martiri della carità e della giustizia in Salvador..

Giuseppe de Veuster era nato a Tremeloo, in Belgio, il 3 gennaio 1841 e nel 1860 era entrato nella congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, prendendo il nome di Damiano. Ancora seminarista, quando nel 1863 un fratello ammalato non potè partire missionario, chiese al superiore di poterlo sostituire. S’imbarcò il 2 novembre dello stesso anno, raggiungendo Honolulu il 19 marzo 1864, dove qualche mese dopo ricevette la sua ordinazione a presbitero. Per nove anni evangelizzò la popolazione di Puno e Kohala. Nel frattempo, il rapido diffondersi di un’epidemia di lebbra, indusse le autorità a segregare quanti erano colpiti dalla malattia. Nel 1866 il primo gruppo di infetti fu inviato a Kalaupapa, sull’isola di Molokai. Quivi abbandonati, senza nessuna assistenza né possibilità di cura, i poveretti sopravvivevano finché potevano in condizioni di degrado fisico e morale. Nel 1873, il Vicario apostolico dell’arcipelago lanciò un appello perché un prete si recasse sull’isola a a prestare assistenza ai lebbrosi di Molokai, tra i quali c’erano anche alcuni cattolici. Padre Damiano si offrì. Lì si ingegnò a fare di tutto: carpentiere, falegname, infermiere, e prete naturalmente. Si abituò a vivere con i lebbrosi, come loro, senza cautele o distinzioni capaci di creare barriere tra lui e la sua gente. Nel 1884, si scoprì malato di lebbra. La notizia che padre Damiano era lebbroso commosse la cerchia dei suoi estimatori: furono molti coloro che si offrirono di lavorare con lui, religiosi e religiose, altre persone che si mettevano in cammino, per fare la loro parte. Il 15 aprile 1889, dopo sedici anni d’apostolato tra i lebbrosi di Molokai, all’età di 48 anni, ormai senza più forze, Damiano si congedava dai suoi figli.

Madeleine Lagadec era una giovane francese, originaria di Guipavas, nel dipartimento di Finistère, in Bretagna. Nata nel 1962 in seno ad una numerosa famiglia, i cui genitori militavano nell’Azione Cattolica Operaia, lei stessa attivista della Gioventù Operaia Cristiana e del Soccorso popolare francese, si era recata come infermiera volontaria in un ospedale del Nicaragua. In seguito, tramite un’organizzazione umanitaria svizzera, si era trasferita in Salvador, lavorando per tre anni in un ospedale da campo del Fronte Farabundo Marti. Il 15 aprile 1989, militari salvadoregni al servizio del governo di estrema destra al potere decisero di attaccare l’ospedale da campo. Dopo un bombardamento, i paracadutisti si impadronirono dell’edificio. Pochi giorni dopo, la famiglia Lagadec fu informata attraverso i canali ufficiali che la ragazza era morta durante il bombardamento, ma in seguito fu appurato che in realtà era stata catturata viva, torturata per oltre otto ore e uccisa assieme al medico argentino Gustavo Isla Casares, e ai salvadoregni Maria Cristina Hernández, infermiera, Celia Díaz, educatrice, e un invalido di guerra, Carlos Gómez.

È tutto, per stasera. E, prendendo spunto dalla nostra memoria latinoamericana, vi proponiamo, nel congedarci, un brano del teologo salvadoregno Jon Sobrino. Tratto dal suo libro “Tracce per una nuova spiritualità” (Borla), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
In America Latina i poveri – per la loro tradizionale cultura religiosa, ma anche per il chiarimento operato dalla fede – non pongono il problema di Dio soltanto a partire dalla sua esistenza o non esistenza, bensì a partire dall’alternativa tra il vero Dio e gli idoli. Questo vedono in Gesù. Fu lui a chiarire in cosa consistesse il vero Dio, smascherando gli idoli. Questi ultimi sono autentiche divinità , che esistono con piena realtà, opprimono e danno morte ai poveri, giustificandosi in nome della divinità. Per Gesù il vero Dio è il Dio vivo che vuole la vita degli uomini, vita che dovrà essere abbondante, ma che comincia con la presenza di pane, casa, salute ed educazione. Che Dio sia davvero un Dio di vita, che la gloria di Dio sia l’uomo (o, meglio, il povero che vive, secondo la parafrasi di Ireneo, fatta da Mons. Romero), che Dio sia un Dio dell’Esodo, che scende dal cielo a liberare il suo popolo, che Dio nei profeti parteggi per coloro che chiama “mio popolo” contro i suoi oppressori, che Dio voglia avvicinarsi in un regno per i poveri, tutto questo i poveri dell’America Latina lo hanno efficacemente recepito ri-scoprendo Gesù. Quel Gesù continua ad essere oggi recepito ed amato come liberatore; continua a generare dignità tra i poveri, rendendoli capaci e spingendoli ad organizzarsi come popoli e popolo di Dio; continua a generare impegno, generosità, lotta e dedizione senza limiti per la liberazione dei popoli; continua a generare la speranza che la liberazione verrà, anche se le difficoltà sono grandi e il regno di Dio non giunge quando uno lo desidera, né con la pienezza utopica desiderata. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Aprile 2018ultima modifica: 2018-04-15T22:10:40+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo