Giorno per giorno – 31 Luglio 2017

Carissimi,
“Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo” (Mt 13, 34-35). “Cose nascoste”, da sempre. Gesù è la rivelazione di queste cose nascoste. Inimmaginabili. Incredibili. Per questo, a distanza di duemila anni, facciamo ancora così fatica a crederle. E le rivestiamo con le antiche idee di Dio e del divino, più funzionali a tutto, la disciplina, l’ordine, una determinata maniera di organizzare le cose, di concepire le relazioni. Perché, diciamocelo, questo Dio che è Gesù, piccolo, insignificante, che perde, soffre, muore e scompare, per fare spazio all’altro che siamo noi tutti, è pericoloso, lascia un margine infinito alla libertà dell’uomo, che non si sente più minacciato da Dio – e dai suoi rappresentanti a vario titolo – e tanto varrebbe essere atei, allora. La maniera di credere al Dio di Gesù è seguirne i passi, capovolgere le gerarchie, scomparire come il lievito nella farina dell’impasto, per farne un pane profumato destinato a saziare la fame altrui, divenire come il granello di senape, accettare di morire a se stessi e alle proprie pretese, per rinascere pianta in cui tutti possano trovare rifugio. “Cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”. Fossero rimaste nascoste! Noi ci si contenterebbe di vivere alla bell’e meglio, godendoci senza sensi di colpa le piccole soddisfazioni della vita. Chiusi nel nostro guscio. E invece!

Il calendario porta oggi la memoria di Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù.

Iñigo (Ignazio) Lopez de Loyola era nato ad Azpzitia, nel Paese Basco, nel 1491, ultimo di tredici figli di Beltran Ibañez de Oñaz e di Marina Sanchez de Licona. Quindicenne, orfano di padre e madre, viene inviato a corte, dove sarà educato alla vita cavalleresca. È donnaiolo, sfrontato e attaccabrighe, quanto basta e avanza. Nel 1515 finirà addirittura sotto processo per non meglio precisati “enormi delitti” commessi durante il carnevale. Intrapresa la carriera militare, durante l´assedio francese alla fortezza di Pamplona, nel 1521, un proiettile lo raggiunge alla gamba, azzoppandolo. È la sua via di Damasco. Durante la convalescenza, Ignazio ha modo di ripensare radicalmente la sua vita. Si reca nel monastero di Montserrat, dove fa la confessione generale della sua vita, decidendo, poi, di condurre una vita di penitenza, come eremita, a Manresa, in una grotta isolata di quella regione. Qui, un anno dopo, improvvisamente, scopre la vocazione all’attività apostolica. Si reca in pellegrinaggio in Terra Santa e, al ritorno, inizia una rigorosa preparazione intellettuale, studiando latino a Barcellona e filosofia e teologia nelle università di Alcalá (dove sarà inquisito per sospetta eresia), Salamanca e Parigi. In questa città comincia a riunire alcuni compagni, con cui, il 15 agosto 1534 costituisce la Compagnia di Gesù, la cui attività abbraccerà predicazione, insegnamento, missioni ecc., conoscendo presto un rapido sviluppo. Appassionato di Cristo e della Chiesa, lo stesso Ignazio esercita un’intensa attività apostolica, nella guida della Compagnia, con i suoi scritti e curando e orientando la formazione dei suoi discepoli. Di grande aiuto per quanti desiderano sinceramente consacrarsi a Dio risulteranno essere i suoi “Esercizi Spirituali”. Ignazio muore a Roma, il 31 luglio 1556.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap.32, 15-24. 30-34; Salmo 106; Vangelo di Matteo, cap.13, 31-35.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Oggi sono sette anni dalla professione solenne del nostro amico Frédéric Vermorel, monaco eremita a Sant’Ilarione, in S. Nicola di Caulonia (RC). Lo abbiamo ricordato al Signore con affetto e gratitudine.

Stasera, durante l’Eucaristia, celebrata in monastero, per la memoria di Ignazio di Loyola (che si aggiunge, per la presenza di padre Geraldo, alle figure ispiratrici di san Benedetto, di Charles de Foucauld e dei Martiri latinoamericani), abbiamo ricordato in modo particolare, il giorno dopo l’elezione della sua assemblea costituente, la difficile congiuntura del Venezuela, con la sempre più evidente intromissione degli Stati Uniti e delle multinazionali del petrolio, le difficoltà imposte alla popolazione da un’elite economica assetata di potere, gli ostacoli al dialogo, le incomprensioni di buona parte della gerarchia ecclesiastica, le continue manipolazioni della realtà da parte delle grandi agenzie dell’informazione. Che il buon Dio conceda luce sufficiente e capacità di lotta e di resistenza a quel popolo e ad ogni altro che non intenda sottomettersi ai potenti vicini, che sempre considerarono il subcontinente americano come l’orto di casa. Qui da noi siamo già quasi tornati ad esserlo.

Ed è tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, e, prendendo spunto dalla memoria di Ignazio di Loyola, vi offriamo in lettura un brano di Francesco Occhetta, collaboratore de La civiltà cattolica. Lo troviamo con il titolo “Il discernimento dei gesuiti nel blog “L’umano nella città” ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Discernere vuol dire setacciare, vagliare, distinguere le voci del cuore che ci abitano per poter fare scelte libere, responsabili e consapevoli. Ma come facciamo a capire quando ci parla il male (il nemico della nostra natura) e quando ci parla Dio? Ecco cosa scrive sant’Ignazio nella 1ª regola di discernimento: “Quando vai di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore” (Esercizi Spirituali, n. 314). Ci chiediamo: quando si fa il male, come ci parlano le voci nemiche e quelle amiche che vengono da Dio? Sant’Ignazio ci dice che nel cuore ci sono delle voci che ci stuzzicano e ci portano a vivere “piaceri e godimenti sensuali”. Aveva compreso nella sua esperienza di vita che piacere e felicità non coincidevano. Anzi: la ricerca del piacere era inversamente proporzionale al sentirsi sereni e felici. Quando infatti ti lasci dominare dagli istinti, il (tuo) nemico, quello interiore con cui bisogna coabitare, parla al nostro cuore con il linguaggio del piacere. Ma questa dinamica è apparente e cessa dopo l’azione e ti lascia più vuoto e deluso di prima. E le altre voci cosa ci dicono? In questa situazione Dio invece parla col rimorso, che è un dispiacere o disagio interiore. Se ascolti queste voci comprenderai le conseguenze di quanto ti stai procurando con le tue mani. Quando facciamo il male, il linguaggio del piacere apparente è dal nemico, quello del dispiacere da Dio: “il primo ti vuole far perdere, il secondo desidera salvarti”! Il male cerca sempre di apparire bene ma alla fine dice solo bugie e ti ipnotizza. Non mantiene ciò che promette e ti usa. Ti lascia un’insoddisfazione che cresce. È la logica della droga: per fare effetto il piacere ha sempre bisogno di una dose in più! Ma, attento, sei chiamato a non confondere il piacere con la felicità. Il piacere soddisfa i tuoi bisogni egoistici, spesso ti fa usare l’altro e non esiste la logica della gratuità e del dono in questo tipo di dinamiche, la felicità nasce invece da una relazione: si vive per gli altri, ci si apre a se stessi ed è apertura verso Dio. Quando il piacere e la tua felicità coincidono allora il piacere è autentico e lo si può vivere serenamente perché è creato da Dio. (Francesco Occhetta S.I, Il discernimento dei gesuiti).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Luglio 2017ultima modifica: 2017-07-31T23:00:01+02:00da fraternidade
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